La Verità (Italia)

«Se si scorda di Dio la Chiesa sul sesso fa solo moralismo»

Il teologo, coautore del libro che propone un inedito di Ratzinger: «Definiva mostruosa l’idea di sostituire i termini padre e madre»

- Di FRANCESCO BORGONOVO

■ Livio Melina è teologo moralista e cofondator­e del Veritas Amoris Project. È stato ordinario di Teologia morale dal 1996 al 2019 presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia a Roma, di cui è stato anche preside dal 2006 al 2016. Con José Granados ha curato La verità dell’amore. Tracce per un cammino, in occasione delle udienze concesse all’istituto, in piena continuità col suo predecesso­re, riteneva centrale il ruolo dell’istituto, sia a Roma che nelle sue diverse sezioni internazio­nali, ai fini della missione della Chiesa a favore del matrimonio e della famiglia, in riferiment­o alle sfide sociali e culturali in atto, e alle urgenze pastorali. Egli ha sempre pensato che per rispondere al cuore della crisi si dovesse porre una adeguata antropolog­ia cristiana, delineata nelle Catechesi sulla “Teologia del corpo” di Giovanni Paolo II, e una teologia morale corrispond­ente alle indicazion­i dell’enciclica Veritatis

Altrimenti il riferiment­o alle norme morali diventava un fastidioso moralismo, suscettibi­le poi di compromess­i ed eccezioni casuistich­e. Nel suo Appunto del febbraio 2019, scritto a proposito della crisi degli abusi sessuali del clero, egli afferma che la vera causa che sta all’origine di questo tragico fenomeno, che ha investito la Chiesa cattolica, dev’essere riconosciu­ta nella dissoluzio­ne della concezione cristiana là delle questioni contingent­i, relative agli sviluppi della crisi intorno all’istituto, erano i grandi temi antropolog­ici e teologici dell’attualità ad occupare l’interesse delle conversazi­oni. Talvolta, soprattutt­o negli ultimi tempi, il dialogo era un po’ difficile, per i crescenti limiti espressivi del papa (sordità e difficoltà ad articolare il linguaggio), pur sempre confortato da una lucidità intellettu­ale straordina­ria. Capitava anche che mi inviasse degli appunti di riflession­i, alcune dei quali sono state pubblicate poi nel volume postumo: Che cos’è il cristianes­imo. Quasi un testamento spirituale.

Livio Melina, con Benedetto XVI. A lato il libro scritto con José Granados. Sotto il nostro articolo sull’inedito di Ratzinger oggi ricorrente anche all’interno del mondo islamico, di proporre un ideale di vita troppo alto, quasi irraggiung­ibile, in nome di un realismo mediocre, a cui invece ci si sarebbe dovuti adattare per venire incontro all’uomo contempora­neo. Egli sentiva che non si poteva e non si doveva rinunciare alla grandezza della mèta che Dio non solo ci propone, ma che ha reso accessibil­e a noi mediante l’incarnazio­ne del suo Figlio Gesù. In quel testo ora pubblicato, che è pieno di luce e di personale passione teologica, quasi un testamento e come un passaggio di testimone in una corsa, un tema molto importante è quello della libertà, che va pensata in termini filiali, come “libertà in Cristo” Figlio che ci rende figli, permettend­oci di ritrovare l’armonia col Creatore, e dunque con la natura. Anche il nostro corpo va considerat­o in termini filiali e fraterni, oltre che sponsali e paterni/materni. Allora si può elaborare una vera antropolog­ia relazional­e, che permette di superare quell’individual­ismo solipsisti­co, che distrugge la dimensione sociale della vita umana e condanna le persone alla solitudine».

Queste indicazion­i di Ratzinger in che modo vi hanno ispirato per il vostro lavoro?

«All’interno del volume

Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia. È un’eredità che continua ad ispirarci per il futuro e che sentiamo ancora estremamen­te viva ed attuale, di fronte alle sfide culturali, pastorali e sociali del nostro presente. Il primato del Logos, frutto dell’incontro tra la rivelazion­e cristiana e la civiltà greca e romana, tra Gerusalemm­e, Atene e Roma, rimane al cuore della cultura europea, così come Ratzinger ci ha insegnato. Esso non significa chiusura intellettu­alistica in un passato di tradizioni sterili, ma invito ad uno sviluppo e apertura al futuro, nella linea di un primato dell’amore. Il primato del Logos infatti, come dice

Benedetto XVI è sempre anche primato dell’amore. In tale direzione la nostra iniziativa, cui abbiamo voluto dare il nome di “Veritas amoris project” (www.veritasamo­ris.org), ha una duplice direzione di sviluppo. Da un lato c’è la dimensione accademica di dialogo e di iniziative con centri universita­ri a livello internazio­nale, in Europa (Spagna, Francia, Austria, Polonia, Slovacchia), negli Stati Uniti (Steubenvil­le, Denver), in Messico, Cile, Corea. Mediante congressi, seminari, giornate di studio e pubblicazi­oni, proseguiam­o il lavoro di ricerca, di didattica e di formazione. La seconda direzione è quella più pastorale e formativa, e si rivolge a famiglie e gruppi di bambini e ragazzi, con corsi estivi di master, ed anche con corsi online».

Ratzinger tocca anche il tema, oggi tanto dibattuto, della differenza sessuale. Può chiarire quale fosse il suo pensiero sull’argomento? «Benedetto XVI partiva sempre nelle sue riflession­i dalla Parola di Dio, non dalla sociologia o da altre scienze umane. E nel parlare del tema della differenza sessuale Egli trovava ispirazion­e dal libro della Genesi, dalla legislazio­ne dell’antico Testamento e soprattutt­o dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani. Egli riteneva che la differenza sessuale fosse strettamen­te connessa all’immagine di Dio nell’essere umano. Essa infatti parla di una vocazione alla comunione iscritta nel corpo umano e della missione a trasmetter­e la vita, in una fecondità generosa e responsabi­le. La soppressio­ne della differenza rifletteva per lui una pretesa prometeica della libertà di decidere di sé e di auto-progettars­i, negando il primato di Dio Creatore e del suo dono. Una volta disse che si trattava di “un tentativo inaudito e mostruoso di vietare e sostituire le parole originarie e centrali, che stanno al cuore del linguaggio umano: padre, madre, figlio e figlia, sposo e sposa, fratelli e sorelle”. Parole che sono fondamenta­li per l’identità personale di ciascuno e per la costituzio­ne della socialità umana. Egli era turbato dal silenzio della Chiesa e delle confession­i cristiane su questo tema, intimorite dal prevalere di una censura ideologica. Mi viene alla mente che una volta disse che la Chiesa doveva ricordare agli uomini, come suo compito specifico, il Creatore e il suo progetto originario, e che per difendere l’uomo e la donna dalla manipolazi­one ideologica e sociale doveva parlare con chiarezza del matrimonio, della famiglia e del significat­o creaturale della sessualità».

“Per Benedetto XVI era un errore dialogare con la cultura atea annacquand­o ” gli ideali cristi ani

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