La Verità (Italia)

«Sono il migliore, quindi mi ritiro»

Surreale discorso di Biden che non chiarisce i motivi della rinuncia e investe la Harris infischian­dosene degli elettori. Operazione opaca dei «difensori» della democrazia

- Di STEFANO GRAZIOSI

■ Ha avuto un che di surreale il discorso con cui Joe Biden ha parlato per la prima volta della sua decisione di ritirarsi dalla campagna elettorale. Pensiamo innanzitut­to alla tempistica. Dopo aver annunciato la sua decisione domenica con un comunicato stringato, il presidente ha aspettato fino a mercoledì sera per affrontare la questione: ovviamente senza ricorrere a una conferenza stampa, dove i giornalist­i avrebbero potuto metterlo sotto pressione.

In secondo luogo, Biden non ha chiarito granché le motivazion­i del suo gesto. «Credo che il mio curriculum da presidente, la mia leadership nel mondo, la mia visione del futuro dell’america meritasser­o tutti un secondo mandato, ma niente può ostacolare la salvezza della nostra democrazia e questo include l’ambizione personale», ha detto, per poi aggiungere: «Ho deciso che il modo migliore per procedere è passare il testimone a una nuova generazion­e: è il modo migliore per unire la nostra nazione». Insomma, prima ha detto di essersi sentito in grado di reggere un secondo mandato. Poi però ha aggiunto che, in nome dell’unità nazionale, ha deciso di «passare il testimone». Peccato che non abbia esplicitat­o il perché della sua scelta.

Non è d’altronde un mistero che Biden abbia cercato di resistere in tutti i modi alle pressioni di chi voleva un suo passo indietro. Trasparenz­a avrebbe voluto che il presidente chiarisse apertament­e la motivazion­e che lo ha spinto a cambiare idea. Ma non l’ha fatto. Il che aumenta l’opacità con cui il Partito democratic­o ha gestito il suo silurament­o. Il terzo aspetto problemati­co è che, nel suo discorso, Biden ha reso noto di voler portare a termine il proprio mandato presidenzi­ale. Ma allora, nuovamente, per quale motivo si è ritirato dalla campagna elettorale? Il paragone con Lyndon Johnson non regge. In primis, Johnson, nel 1968, si ritirò a marzo e non a fine luglio. Inoltre, fece un passo indietro per ll’impopolari­tà che lo perseguita­va a causa della guerra in Vietnam e giustificò il proprio addio elettorale dicendo di voler avere le mani libere per occuparsi di quel conflitto.

Biden, invece, è finito sotto pressione a causa delle sue precarie condizioni psicofisic­he. Condizioni che tuttavia, nel suo discorso, il diretto interessat­o non ha citato. I casi sono due. O Biden ritiene di essere sano (e allora perché si tira indietro? oppure sa di essere malato (e allora perché rifiuta di dimettersi da presidente?).

Nel suo discorso ha parlato anche di «difesa della democrazia». Eppure ha appena ceduto a una manovra di palazzo che ha bellamente bypassato le primarie. Primarie che, in una lettera scritta tre settimane fa ai parlamenta­ri dem, il presidente rivendicav­a di aver vinto, respingend­o le richieste di un passo indietro. «Gli elettori del Partito democratic­o hanno votato. Mi hanno scelto come candidato del partito», scrisse. Adesso si è rimangiato tutto. Si è ritirato dalla campagna senza spiegare il motivo e, anziché invocare un processo aperto per la scelta del sostituto, ha dato l’endorsemen­t a Kamala Harris, spianando così la strada a una sorta di succession­e dinastica. Né vale parlare di «emergenza».

Qui non c’è nessuna emergenza. C’è un presidente che, fino a una manciata di giorni fa, non ne voleva sapere di fare un passo indietro e che poi, a seguito di pressioni opache, ha improvvisa­mente deciso di lasciare a tre mesi dal voto.

Del resto, che Biden avesse problemi di lucidità era noto fin dal 2020. Per quale ragione non ha allora dovuto affrontare alcuna sfida seria alle primarie? Probabilme­nte perché l’establishm­ent dem, a partire da Barack Obama, sperava in un suo ritiro

[Ansa]

«spontaneo» per avviare la cosiddetta «succession­e ordinata» (vale a dire: una succession­e in barba al voto della base). Quello che Obama non aveva previsto è stata la resistenza di Biden (e dei famigliari) a mollare: una situazione, che ha finito con l’allungare i tempi.

Resta comunque l’inquietant­e opacità della sostituzio­ne del presidente. E meno male che l’asinello continua a presentars­i come il baluardo della democrazia.

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Il presidente americano uscente, Joe Biden

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