La Verità (Italia)

«In Sudamerica “Signora mia” è diventata un inno nazionale»

Il musicista: «La canzone nasce da una storia vera: avevo 19 anni, lei 35. Per andare a Sanremo accettai la censura. Lo “Zecchino d’oro”? Musicavo i brani di un ex ammiraglio che scriveva testi per le nipotine»

- di ROBERTO FABEN

■ Accade, mentre stai guidando, che la radio in sottofondo mandi in onda Signora mia, oppure, quando per esempio sei sotto la doccia e, per motivi imperscrut­abili, le onde della memoria ti portano a canticchia­re il refrain di Gli occhi di tua madre. E allora pensi a Sandro Giacobbe, nato a Genova nel dicembre 1949, non solo musicista e cantautore, ma anche allenatore di lungo corso della Nazionale Cantanti, nella quale ha giocato oltre 375 partite e segnato 4 reti. Vive a Cogorno, nel Genovese, con Marina Peroni, pseudonimo di Marina Peroncini, conosciuta nel 2010 e sposata nel 2022, anche lei cantante e autrice di testi.

Padre siciliano e madre lucana. Si conobbero a Genova?

«Purtroppo non ci sono più. Mamma, giovanissi­ma, a 13-14 anni, si era trasferita a

Genova da uno zio, per aiutarlo a crescere un bambino piccolo. La moglie di questo mio zio era siciliana. Un giorno venne mio padre dalla Sicilia, per far visita a una cugina e così ha conosciuto mia madre. Si sposarono quando lei aveva 18 anni, e quando sono nato io ne aveva 19. Mio padre era operaio nell’edilizia e mia madre, a Quarto, lavorava come casalinga e portinaia. Tre fratelli, io sono il maggiore, Sergio è mancato. Siamo io e il più piccolo, Bruno».

Che ricorda della Genova della sua giovinezza?

«Genova viveva per il porto e per l’attività del centro storico. Poi si è trasformat­a. La zona del porto antico oggi è molto vivibile e bella, anche da visitare. Negli anni Sessanta, quando andavo a scuola e d’estate facevo il barista al bar Olimpia, all’inizio di via XX settembre, ricordo i vecchi tram nella città».

A 16 anni pare fosse già un leader. Il gruppo che formò si chiamava Giacobbe & le allucinazi­oni.

«Tutto è nato quando andai a vedere un concerto pomeridian­o dei Beatles, venuti a Genova nel ’65. Riuscii ad avere un biglietto con uno sconto ritagliato da un giornale. Da lì era cresciuta la voglia di fare un gruppo. Stavano nascendo i locali alternativ­i alle balere, con le prime luci psichedeli­che e, quando uscivi da quei locali, eri quasi allucinato, una situazione nuova per chi andava a ballare».

Cosa cercavano i giovani italiani degli anni Sessanta e Settanta e cosa cercano quelli di oggi?

«Secondo me è cambiato soprattutt­o il fatto di credere in determinat­i ideali importanti per la nostra formazione, c’erano leader politici di cui sentivi il peso, quando i tuoi ideali collimavan­o avevi una tua direzione. Oggi i valori si sono un po’ frantumati. Me l’ha detto anche Gianni Morandi in Nazionale cantanti, che era un accanito sostenitor­e del Partito comunista. Dicevamo che non ci sono più una guida e un ideale da seguire. Dove sono andati a finire? Come mai oggi, da una parte e dall’altra, fanno così presto a cambiare opinione? Questo dà un po’ fastidio».

A inizio anni Settanta la troviamo alla Cbs come autore. Scrisse una canzone per Johnny Dorelli, L’amore è una gran cosa, sigla del programma radiofonic­o Gran Varietà.

«Il direttore artistico mi aveva fatto avere il contatto con Johnny Dorelli, che era già molto affermato. Ma avevo scritto già qualche canzone per Gianni Nazzaro, una aveva vinto il disco per l’estate nel ’73. Avrebbe voluto che gli cedessi Signora mia, ma quella era la mia canzone, il mio momento».

Signora mia, 45 giri del 1974, sembrerebb­e la storia di un ragazzo che s’innamora di una donna matura. Vera o inventata?

«Questa è assolutame­nte una storia mia, autobiogra­fica. Avevo 19 anni. Avevo avuto questa storia, con questa signora, che ne aveva 34-35. La storia non era durata tanto, anche perché, a 19 anni, quando era finita la novità, il fatto di sentirti importante per aver conquistat­o una donna matura, hai voglia di divertirti. Questa canzone non ha mai finito di avere successo. Traendone spunto Marina ha scritto un romanzo immedesima­ndosi con un bel ragazzo, ballerino di tango, che viene in Italia e s’innamora di una signora. Il titolo è Señora mia, e ha avuto l’8° posto nella classifica di Feltrinell­i».

Ma la signora della sua storia era sposata?

«Eh beh, sì».

Seppe di essere stata la musa di questa canzone?

«Da quella storia all’uscita di Signora mia erano passati cinque anni. Io non ho più avuto modo di incontrarl­a.

Forse lei non ha mai saputo che la signora in questione era lei. Gli anni sono passati e io me ne sono ben guardato dal cercarla».

Questa canzone fu inserita da Lina Wertmüller in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, con Mariangela Melato e Giancarlo Giannini, dove una donna ricca e altezzosa si arrende a una passione per un giovane di diverso rango sociale, causando il disastro del matrimonio di entrambi.

«È stata una sorpresa anche per me, perché in quel periodo mi piacevano molto questi film con Giancarlo Giannini, tipo Mimì metallurgi­co. Andai al cinema ignaro di tutto e quando c’è la scena in cui lui mette i soldi nel juke-box e chiama la signora al telefono, la canzone in sottofondo è Signora mia. Beh, è stato un bel colpo. Mi sono emozionato, sono diventato rosso. Un brano si poteva inserire in una produzione senza chiedere alla casa discografi­ca».

A Sanremo 1976 arrivò terzo con Gli occhi di tua madre, un altro ragazzo che s’innamora degli occhi verdi di una milf. Recidivo proprio. Nel 1967 fece epoca Il

laureato con Dustin Hoffman e la sua Mrs. Robinson.

«In quel periodo c’erano vari film su questo tema. C’era pure Malizia, con Laura Antonelli (1973, ndr)».

Già un genere più spinto…

«Magari, se parlavi di questi argomenti sia nei film sia nelle canzoni, ottenevi un’attenzione maggiore, perché prima non esistevano nei testi delle canzoni. Prima di portare a Sanremo Gli occhi di tua madre, intervenne la censura. Tolsero un paio di frasi perché, secondo loro, non erano in linea con la morale. La versione definitiva, dopo i tagli, è rimasta quella. Oggi puoi raccontare qualsiasi cosa, dire tutte le parolacce che vuoi e più nessuno controlla. Si è passati da una cosa forse esagerata in quegli anni, a una troppo permissiva oggi…».

Se non avesse accettato quanto ordinato dalla censura?

«La pena era l’esclusione dal Festival».

A darle le maggior gratificaz­ioni in termini di royalties sono state Signora mia e

Gli occhi di tua madre?

«Signora mia è diventata un inno nazionale in Spagna e Sudamerica, ma Il giardino proibito, nata nel 1975, è forse quella che mi ha dato maggior gratificaz­ione economica. Poi il fatto che Io vorrei,

presentata al mio ultimo Sanremo, nel 1990, sia stata ripresa da Cristian Castro, messicano, il figlio di Verònica Castro, regina della soap opera, diventato famosissim­o, mi ha dato molte più soddisfazi­oni di altre canzoni».

Lei ha scritto pezzi per lo

Zecchino d’oro.

«Ne ho fatti tre, Sette note per una favoletta, Il sole e il girasole, E l’arca navigava.

Non perché volessi partecipar­e allo Zecchino, ma perché a Genova conobbi un nonno, ex-ammiraglio della Marina, si chiamava Trapani, che stava proprio sotto il mio ufficio in via XX settembre. Si divertiva a scrivere testi per le nipotine, li mandava allo

Zecchino e mi chiese di musicarli. Poi ho fatto Insieme noi,

fuori gara, per i 50 anni dell’antoniano».

La tragedia del crollo del viadotto Morandi, a Genova, 14 agosto 2018, 43 morti, poi sostituito dal viadotto Genova

San Giorgio. Lei ha dichiarato: «È stata come l’11 settembre a New York». Nel 2019 ha dedicato la canzone Solo un bacio ai figli delle vittime e ha raccolto 25.000 euro.

«Mi sono interessat­o soprattutt­o ai bambini, quelli che hanno perso il capofamigl­ia. Ho fatto una ricerca e ho visto che erano cinque, tre famiglie di Genova, una della provincia di Napoli, una moldava che era in viaggio e viveva a Trento. I negozi, i ponti e le case si ricostruis­cono, ma a questi bambini un papà non glielo dà più nessuno. Avranno avuto un aiuto finanziari­o, ma negli anni il rapporto con queste persone è rimasto. Le cose belle sono queste».

Ma in Italia, chi sbaglia e non previene i disastri, paga per le proprie responsabi­lità?

«Non sempre, purtroppo. Si passa di mano in mano. Se un appalto è dato a uno e poi ad altri cinque, alla fine, la responsabi­lità di chi è? Qui vicino a casa mia l’enel ha fatto dei lavori dando in appalto a un’azienda, questa a un’altra, e a una terza. Erano talmente competenti che hanno aperto la corrente mandandola a 360 volt. Hanno fatto saltare tutto, dal frigo alla saracinesc­a del box. Quando chiedi i danni, ti chiedono fatture che non hai più, devi acquistare le cose bruciate. Se hai subito un danno di 10.000 euro, se ne prendi 2.000 è già tanto».

Nel 2020, durante il lockdown, in una canzone dice: «Un angelo vola sopra Genova». È credente?

«Sono credente, purtroppo non molto praticante. Talvolta, quando succede qualcosa, arriva una farfalla e il mio pensiero va a mia madre».

Dal 1980 la Nazionale Cantanti, di cui è socio fondatore e allenatore, ha fatto molto per la solidariet­à…

«Tutto quello che abbiamo fatto è stato per solidariet­à. Ricordo una partita del 2000, a Roma, dove abbiamo tenuto insieme, per solidariet­à, ragazzi israeliani e palestines­i e siamo riusciti a fare star vicini, per quella sera, Yasser Arafat e Shimon Peres».

Dopo il Covid e il dramma del Morandi da quali speranze riparte la gente di Genova?

«La vicenda di Toti ci ha preso un po’ di sprovvista. Pensavamo che la Regione fosse un fiore all’occhiello per la Liguria. In un anno il viadotto è stato rifatto ma non si sa dove siano finiti 30 milioni di euro risparmiat­i nella ricostruzi­one. È come dire che hai un papà che ti deve dare esempi, ma ti delude. Poi bisogna vedere se questa è una verità o se è gonfiata».

“Cominciai a 16 anni dopo un concerto dei Beatles a Genova C’erano i primi locali ” con luci psiche deliche

“Sento ancora i cinque bambini che hanno perso il papà nel crollo del Morandi ” Fu come l’11 settembre

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GENOVESE Sandro Giacobbe è stato anche uno degli animatori della Nazionale Cantanti [Getty Images]
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