La Bortone ancora contro la Rai: «Il richiamo? Valuto con l’avvocato»
Il caso divide pure ad e presidente. Minacce ai giornalisti che non hanno scioperato
Se il pericolo «fascismo» è rimandato alla prossima puntata, l’isteria intorno alla Rai, invece, è tutt’altro che passata, con il caso Bortone-scurati che continua a occupare le cronache nazionali. E a dividere i vertici della stessa televisione pubblica, visto che ieri il presidente Marinella Soldi ha preso posizione contro l’ad Roberto Sergio, mentre Serena Bortone, dal salone del libro, ha fatto sapere di stare «valutando con l’avvocato e con il sindacato come affrontare il provvedimento».
Antefatto: nei giorni scorsi è stata inviata alla Bortone, conduttrice di Che sarà, una lettera di contestazione disciplinare in merito al post pubblicato sui social in cui denunciava l’annullamento del contratto con Antonio Scurati. Il gesto è stato considerato una violazione della normativa interna che vieta di rilasciare dichiarazioni pubbliche su attività, notizie o fatti aziendali, come ha spiegato lo stesso Roberto Sergio, il quale in commissione di Vigilanza Rai aveva descritto l’azione come un «atto dovuto». Ma siccome tutto è buono per alimentare la narrazione della tv pubblica occupata - perfino uno sciopero fallito perché in molti si sono rifiutati di aderire - subito sono arrivate le proteste da Usigrai e dai parlamentari Pd in Vigilanza.
Ieri, però, al coro dell’opposizione si è aggiunta anche una voce di peso come quella del presidente Marinella Soldi, nominata nel 2021 dal governo di Mario Draghi, la quale non è nuova a prendere posizione contro i colleghi sulle decisioni aziendali (lo aveva già fatto con il caso Saviano). «Non credo che il procedimento disciplinare contro Serena Bortone faccia giustizia della vicenda, né tantomeno faccia bene alla Rai», ha dichiarato il presidente. «Quanto riferito dall’ad in commissione di Vigilanza», ha proseguito, «racconta in modo parziale quanto accaduto, non citando aspetti di rilievo. Ferme restando le policy aziendali, il cosiddetto caso Scurati è ancora oggetto di verifiche da parte della direzione internal audit aziendale, per la quale la presidente ha le deleghe. Le risultanze in bozza di tale audit sono state visionate sia da me sia dall’ad ed evidenziano una situazione molto più complessa di quella descritta dall’ad, che richiede un approccio più completo».
Non si è fatta attendere la risposta di Sergio, il quale già in commissione aveva negato la presenza di censure e aveva parlato di «danno reputazione» causato all’azienda da questa vicenda. «Alla giornalista Serena Bortone», ha spiegato, «è stata inviata da parte dell’azienda una contestazione, così come avvenuto in altri analoghi casi, per il post pubblicato sui suoi profili social alle 8.30 del sabato 20 aprile in violazione della normativa che vieta a ogni lavoratore Rai subordinato o autonomo di rilasciare dichiarazioni pubbliche o comunque rese in contesti pubblici quali i social network su attività, notizie e fatti aziendali». E ribadisce: «In attesa delle controdeduzioni, si precisa che si tratta di un atto dovuto, puramente gestionale e di esclusiva competenza dell’ad». «Non sono dei provvedimenti», ha confermato il dg Giampaolo Rossi. «Sono delle lettere che vengono fatte di prassi a tutti i dipendenti, quindi è una prassi aziendale che viene applicata, tutto qua».
Nel frattempo, il presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, ha fatto sapere di aver convocato per il 15 maggio l’ufficio di presidenza, in cui «si prenderà una decisione sulla calendarizzazione delle audizioni di Serena Bortone, come richiesto dai gruppi di opposizione, e dei rappresentanti dei sindacati dei giornalisti Rai». Il tutto mentre Roberto Sergio ha reso noto che alcune giornaliste che non hanno partecipato allo sciopero del 7 maggio di Usigrai, tra cui Laura Chimenti, «sono state oggetto di aggressioni violentissime e di minacce di morte perfino sui social». In nome del pluralismo, naturalmente.