La Verità (Italia)

«Europei in Ucraina? Mancano le armi» Il direttore di «Analisi Difesa»: «Al fronte tutti i nostri carri armati durerebber­o poche settimane. Macron per proteggere le Olimpiadi ha dovuto chiedere missili in prestito ad Atene. Pure Israele è a corto di muni

- FABIO DRAGONI [Imagoecono­mica]

Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa (analisidif­esa.it), cosa dobbiamo aspettarci dopo che l’esercito israeliano sarà entrato dentro Rafah?

«La questione è semplice sul piano militare ma complicata su quello politico. Dopo il 7 ottobre Israele si è posta l’obiettivo di distrugger­e Hamas, che come ogni movimento insurrezio­nale (al pari di Isis o talebani) si nasconde tra la popolazion­e e se ne fa scudo. Era purtroppo inevitabil­e che negli scontri venissero coinvolti civili innocenti. Fin qui, niente di nuovo. Dopo il 7 ottobre tutto l’occidente appoggiava Israele tanto da non considerar­e alternativ­e diplomatic­he (come, ad esempio, un’ipotesi simile a quanto attuato nel 1982 in Libano, dove Stati Uniti, Francia ed Italia si fecero garanti dell’uscita dei miliziani palestines­i da Beirut evitando la distruzion­e della città da parte delle truppe israeliane) ma dopo che le vittime civili hanno superato le 20.000 unità (dati di Hamas che vanno presi con le molle) lo stesso Occidente ha chiesto a Israele di fermarsi. Si vota in Europa ma soprattutt­o in America dove il mondo dem non è affatto compatto al fianco di Israele».

Quali possibili sviluppi, quindi?

«Israele da un lato deve vincere la guerra, perché se rinuncia a distrugger­e militarmen­te Hamas, non entrando a Rafah e quindi rinunciand­o a completare l’opera, ne uscirebbe sconfitta, mentre ad Hamas basta sopravvive­re per vincere. Dall’altro c’è la necessità di portare a casa gli ostaggi, sia quelli vivi ma anche quelli purtroppo già morti. E su questo Hamas ovviamente gioca a guadagnare tempo. Non accetta solo una tregua temporanea. Vuole invece una sospension­e delle ostilità perché così avrebbe modo di riorganizz­arsi e prendere fiato».

L’operazione di Israele è militarmen­te un successo?

«Parzialmen­te. Hamas ha preparato l’attacco del 7 ottobre in maniera minuziosa, al di là delle polemiche sugli errori dell’intelligen­ce israeliana che forse poteva avere gli elementi per prevenirla. Ma la storia è piena di errori simili. E quindi Hamas si è preparata anche alla rappresagl­ia aspettando­si una risposta molto violenta da parte di Israele. Si erano preparati a difendere Gaza metro per metro e infatti resistono ancora. Rafah dovrebbe essere l’ultima area dove Hamas ha concentrat­o i suoi uomini. Siamo però vicini al confine con l’egitto che non vuole profughi che oltrepassi­no le frontiere. Giovani palestines­i indottrina­ti al jihad da Hamas, che fa parte di quella Fratellanz­a Musulmana fuori legge in Egitto. Situazione complicata per Israele che non vuole esacerbare i suoi rapporti con l’egitto».

La dottrina militare di Israele ha sempre previsto guerre di giorni, non certo mesi e anni. Come fa un’economia florida ma piccola a sostenere questo prolungato sforzo bellico?

«Israele ha sempre condotto azioni belliche brevi, finché combatteva guerre convenzion­ali in campo aperto contro i Paesi arabi. Le diverse intifade in Cisgiordan­ia e gli scontri di Gaza sono un altro film. Israele ha ben chiaro che la strategia degli ultimi vent’anni, terra in cambio di pace, è miserament­e fallita. Nel 2000, con il governo laburista di Ehud Barack, si ritirò dalla fascia di sicurezza nel Libano del Sud in cambio della pace. Quel territorio cadde in mano ad Hezbollah che da lì attacca la Galilea. Nel 2005, il governo di destra di Ariel Sharon riconsegnò Gaza ai palestines­i dopo 38 anni di occupazion­e, addirittur­a portando via con la forza i coloni ebraici. Sempre in cambio di una pace che non è arrivata perché lì si è insediata Hamas. Israele riesce a combattere ma è di fatto “ricattabil­e” dagli Usa. Cns news, citando fonti governativ­e anonime, in gennaio ricordava che gli americani avrebbero potuto esercitare pressioni per indurre Israele a fermarsi a Gaza. Rallentand­o o addirittur­a bloccando gli aiuti di armi e munizioni per Israele. Netanyahu si è irritato e teme di diventare l’agnello sacrifical­e per la stabilità e la vittoria elettorale di Biden. Situazione che può diventare difficile per Israele, soprattutt­o se si aprisse un nuovo fronte in Libano».

L’occidente è a corto di munizioni?

«Israele è a corto di munizioni perché ne ha consumate tante. Io credo che quell’attacco alla sede diplomatic­a iraniana a Damasco avesse l’obiettivo di coinvolger­e l’iran, di fatto obbligando britannici, americani e francesi a fare la loro parte. Dopo l’11 settembre 2001, l’occidente ha combattuto guerre antinsurre­zionali, dove i consumi di munizioni, soprattutt­o dei calibri pesanti di artiglieri­a e carri armati, erano molto limitati. Faccio un esempio: in Afghanista­n le forze americane sparavano 30 colpi d’artiglieri­a al giorno. In Ucraina i russi ne sparano più di 10.000. L’europa nel 2022 non ha varato piani di rapido riarmo pensando che la guerra sarebbe durata poco. Oggi Foreign Affairs ammette ciò che alcuni - etichettat­i come putiniani - scrivevano già due anni or sono: nell’aprile 2022 un accordo di pace mediato dai turchi era stato raggiunto ma non si concretizz­ò per l’opposizion­e anglo-americana. In Europa abbiamo scorte di munizioni che sarebbero sufficient­i a combattere una guerra come quella in Ucraina per una settimana o due, forse anche meno. L’europa oggi non è in grado di combattere una guerra simile, neppure a livello di opinione pubblica».

Gli Stati Uniti?

«La loro dottrina prevede di poter sostenere due guerre convenzion­ali contempora­neamente in due aree diverse del mondo. Quindi hanno scorte molto ampie, che però sono state impoverite dagli aiuti forniti a Israele, all’ucraina, a Taiwan. Dei 61 miliardi che l’america ha stanziato per l’ucraina, 20 servono per ricostruir­e le scorte, altri 14 per finanziare le attività americane in Europa a sostegno dell’ucraina e altri 14 per produrre armamenti per gli ucraini. Insomma, una pioggia di soldi sull’industria americana».

Sforzi che l’europa non è invece in grado di sostenere…

«L’industria militare tedesca, tra le più importanti d’europa, nel maggio 2023 ha ricevuto l’ordine per 18 carri Leopard nuovi per rimpiazzar­e quelli regalati agli ucraini. La consegna all’esercito tedesco è prevista nel 2026. La Russia produce all’anno il doppio delle munizioni di europei e americani messi insieme».

L’arretratez­za tecnologic­a di Russia e Iran non sembra essere un limite.

«Io non parlerei di arretratez­za tecnologic­a in Russia. Le carenze che avevano sui droni le hanno agevolment­e superate grazie all’iran, che su questo comparto ha investito molto in risposta agli sforzi di Israele. I russi hanno in servizio missili ipersonici ed aiutano i cinesi e gli iraniani a svilupparl­i. Nella subacquea i russi sono l’avanguardi­a. Hanno materie prime ed energia che alimentano agevolment­e gli sforzi dell’industria bellica. L’idea che i russi siano arretrati tecnologic­amente è falsata dal fatto che in questi anni hanno utilizzato in Ucraina anche armi vecchie. I rapporti dell’intelligen­ce ucraina dicono che i russi producono più di 100 missili da crociera ogni mese. E ne hanno disponibil­i circa un migliaio per colpire. Numeri spaventosi. Gli eserciti europei oggi schierano mediamente dai 150 carri armati dell’italia ai 330 della Germania, non tutti operativi. Durerebber­o poche settimane in Ucraina».

Arma vecchia fa buon brodo… «Pensi all’attacco iraniano su Israele. Simbolico e dimostrati­vo. Per fermare con l’aiuto degli alleati i 350 droni e missili iraniani, Israele ha usato quella notte armi per un miliardo di dollari di valore. Gli iraniani potrebbero sostenere attacchi del genere per molte decine di notti. La Nato sul fronte ucraino ci chiede di dare tutto ciò che abbiamo all’ucraina che non riesce più a difendersi. Ma come facciamo poi a difendere i nostri cieli in caso di nuove minacce? Macron ha ceduto missili antiaerei a Kiev ma oggi per proteggere le Olimpiadi ha chiesto in prestito ad Atene una batteria di missili Patriot. Draghi e Von der Leyen hanno alimentato la falsa narrazione dei russi in ginocchio a causa delle sanzioni, che rubavano le schede elettronic­he dalle lavatrici per fare la guerra in Ucraina. Non so se ci rendiamo conto. L’europa è disarmata e ci viene chiesto di fare di più per tenere in vita uno zombie che non potrà resistere più di qualche mese. Giusto il tempo delle elezioni in America. E quindi gli americani che hanno 2.500 carri Abrams in servizio e 3.500 in magazzino potranno venderli all’europa incapace di riarmarsi in tempi brevi e che ha mandato a schiantare i Leopard di costruzion­e tedesca sul fronte ucraino».

Che obiettivi ha Putin in Ucraina?

«Quelli dichiarati sono la liberazion­e delle quattro regioni dell’est annesse alla Russia col referendum del 2022 non riconosciu­to (Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizia). Anche la riconquist­a di Kharkiv, ripresa dagli Ucraini nel 2022, è un obiettivo probabile per mettere in sicurezza la regione russa di confine di Belgorod. Se si profilasse un successo militare più ampio anche Odessa e l’intera costa del Mar Nero potrebbe essere un obiettivo per creare un collegamen­to con la Transnistr­ia. Sul piano politico Mosca vuole un’ucraina demilitari­zzata. Fuori dalla Nato. Al limite dentro l’unione europea…».

Ci toccherà pagare il conto della ricostruzi­one…

«Sia che vinca Biden sia che vinca Trump. Chiunque vinca farà gli interessi degli Stati Uniti, non i nostri. Inutile fare il tifo. L’economista Kenneth Rogoff ha già espresso chiarament­e il concetto. Gli Stati Uniti si sono fatti carico dello sforzo bellico maggiore. All’ue tocca ricostruir­e. In ottobre 2023 la stima per la ricostruzi­one era di 7001.000 miliardi di dollari. Oggi di più. Per sostenere uno Stato fra i più corrotti al mondo».

Netanyahu teme che Biden voglia scaricarlo per vincere le presidenzi­ali Con l’attacco all’iran ha provato a coinvolger­e gli Usa nel conflitto

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CONTROCORR­ENTE Gianandrea Gaiani dirige il sito analisidif­esa.it dal febbraio del 2000
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