La Verità (Italia)

Sulle cure precoci Sileri accusò Aifa Speranza la usava per nasconders­i

L’ex sottosegre­tario ai magistrati: «Sui monoclonal­i Magrini perse quattro mesi». Il dem invece, benché rivendicas­se il suo ruolo politico, ha scaricato sull’ente le responsabi­lità per le reazioni avverse ai vaccini

- Di FRANCESCO BORGONOVO e ALESSANDRO RICO

■ Il 16 ottobre 2023 la Procura di Roma sente, non da indagato bensì da persona informata dei fatti, l’ex sottosegre­tario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Le parole da lui pronunciat­e emergono ora dalle carte del procedimen­to giudiziari­o finito al Tribunale dei ministri, che si è concluso con l’archiviazi­one di Roberto Speranza, ma i cui contenuti - svelati dalla Verità - lasciano aperti molti spazi di riflession­e politica.

Veniamo allora al contenuto delle conversazi­oni con gli inquirenti. Con il sostituto procurator­e della Capitale, Sileri si sfoga: «Io per due anni e mezzo mi sono sempre lamentato che non ero informato in ordine alla campagna vaccinale ed in generale sono stato tenuto ai margini nella gestione dell’emergenza pandemica». Precisa, inoltre, che «fino a quando Zaccardi (Goffredo, ndr) ha ricoperto l’incarico di capo di gabinetto del ministero della Salute, fino a settembre 2021, io sono sempre stato mantenuto pressoché all’oscuro delle informazio­ni in relazione ai vaccini e alla campagna vaccinale, attivandom­i personalme­nte con la struttura commissari­ale per acquisirle».

Sono rimostranz­e di una certa gravità: l’uomo che, insieme con Andrea Costa di Noi moderati, al dicastero occupava una casella subordinat­a solo a quella di Speranza, veniva snobbato e «mantenuto pressoché all’oscuro» dell’andamento delle vaccinazio­ni. Un metodo che sarebbe stato adottato anche riguardo agli effetti avversi di quei farmaci: di essi, l’ex sottosegre­tario, ai magistrati, dichiara di aver potuto consultare «solamente i dati pubblicati da Aifa e quelli che apprendevo in letteratur­a», giacché «le informazio­ni da me richieste non mi venivano date mai in tempo reale, anche perché non venivo avvisato delle riunioni».

Sileri se la prende con l’allora direttore dell’aifa, Nicola Magrini, vicino a Speranza (e assieme a lui denunciato dal comitato Ascoltami e da altre associazio­ni). Il politico ammette di averne «chiesto la rimozione […] in diverse occasioni perché non era accettabil­e (sic) questi deficit di informazio­ni e perché i primi studi avevano dimostrato e ipotizzati (sic) gli anticorpi monoclonal­i potevano essere di aiuto, ma Aifa rimaneva inerte». Rimaneva inerte, per la precisione, «per circa quattro mesi; già in un messaggio del 2 febbraio 2021», ricorda l’ex sottosegre­tario, «ho segnalato a Zaccardi l’inadeguate­zza di Magrini».

È un ritratto a tinte fosche sia del funzioname­nto del ministero, sia del lavoro svolto dall’ente regolatore italiano. Già solo le parole dell’ex sottosegre­tario relative all’utilizzo degli anticorpi monoclonal­i richiedere­bbero serissimi approfondi­menti e, in ogni caso, bastano a dare l’idea di come sia stata gestita la partita delle cure (che, a dar retta alla grandissim­a parte delle autorità sanitarie e dei presunti esperti, sempliceme­nte non esistevano).

BALBETTII E RETICENZE

Forse, Sileri veniva estromesso anche perché, come lui stesso sottolinea in Procura, «non avevo deleghe sui farmaci e credo che l’avesse mantenuta il ministro Speranza e, forse, il sottosegre­tario Costa». Lo correggiam­o: Costa ne aveva cinque, dalla lotta al doping al monitoragg­io degli investimen­ti nel campo dell’edilizia sanitaria, ma di sicuro non aveva quella ai farmaci. Tale competenza era un’esclusiva del principale di lungotever­e Ripa.

Pare confermarl­o al tribunale dei ministri, nell’interrogat­orio del 3 febbraio scorso,

Speranza stesso, tra un balbettio e l’altro. Prima ammette: «[…] io come ministro l’ho voluta tenere perché era una delega in quel momento che volevo tenere. Cioè questa è una scelta politica che sta nelle relazioni politiche». Poi, quando il presidente del Collegio per i reati ministeria­li gli domanda di un eventuale conferimen­to a Costa, inizia a perdere la memoria: «Non mi risulta, io questa delega sui farmaci non mi risulta proprio, non ho mai… Non lo so, sinceramen­te. Non me lo ricordo neanche […] potrebbe darsi che l’ho tenuta per me».

Per quale motivo quello che, in apparenza, è un dettaglio secondario, in realtà diventa importante? Perché contribuis­ce a inchiodare l’esponente progressis­ta alle sue responsabi­lità politiche: da una parte, infatti, Speranza rivendica il diritto (che in effetti aveva) di avocare a sé il controllo di un settore del dicastero, nel quadro degli equilibri tra i partiti di maggioranz­a; ma quando le toghe lo incalzano sulla questione dei vaccini e delle reazioni avverse, d’improvviso, il ministro sgonfia il petto e si nasconde dietro le mansioni dell’aifa o del Comitato tecnico scientific­o.

Che rapporti intercorro­no tra ministero e agenzia, chiede ad esempio il magistrato? Aifa «autorizzav­a delle modalità [di somministr­azione, ndr]», risponde Speranza. «E sulla base di quelle modalità si costruiva una campagna di vaccinazio­ne. Che tra l’altro, era gestita sul piano operativo e sulla base delle indicazion­i dell’agenzia regolatori­a, dalla struttura commissari­ale. Perché [era] la struttura commissari­ale che aveva la gestione concreta». Come se il ministero occupato dal politico lucano non toccasse palla.

Una ricostruzi­one che dev’essere apparsa bizzarra al collegio, visto che la presidente insiste: «Quindi in concreto i rapporti con il ministero della Salute quali erano?». «Beh», è la versione di Speranza, «il ministero della Salute era in qualche modo il punto di connession­e tra tutti questi elementi. C’erano interlocuz­ioni costanti». E c’erano le circolari, «che vengono sempre firmate dal direttore generale della Prevenzion­e», ai tempi Gianni Rezza. Connession­e, interlocuz­ioni, circolari, purché si tenga conto che le valutazion­i erano di Ema e Aifa e la «gestione concreta» delle vaccinazio­ni era del commissari­o. Speranza cos’era? Un passante?

UN PASSANTE ALLA SALUTE

Soprattutt­o sulla questione degli effetti avversi - La Verità lo aveva già segnalato qualche giorno fa - l’ex ministro persegue la strategia dello scaricabar­ile. Dapprima, prova a convincere i magistrati di essere una vittima e che la denuncia a suo carico risponde a «un approccio di natura ideologica, che è quello che i no vax, da cui io ricevo minacce un giorno sì e un giorno no, dicono che io ho sbagliato perché ho assecondat­o la campagna di vaccinazio­ne». Badate bene: «assecondat­o», mica favorito o contribuit­o a portare avanti. Dopodiché, gli viene fatto notare che «quello che forse è in più in questa denuncia […] è il fatto che vi fossero evidenze […] di effetti avversi, che non sono stati, come dire, considerat­i». Episodi di cui Speranza era perfettame­nte al corrente, tanto da sapere che un quinto di essi era grave. A quel punto, l’ex ministro alza le mani: «Questi eventi avversi li valuta l’agenzia predispost­a. Che è Aifa…». E se gli eventi avversi fossero stati persino «taciuti», come ipotizza il magistrato? «Ma viene pubblicato mensilment­e un report da chi fa quel lavoro lì». Che è sempre l’aifa.le toghe vogliono sapere «chi aveva il potere di […] fermare […]» le somministr­azioni del vaccino, oppure di «limitarlo ad alcune fasce d’età». Le risposte di Speranza si ripetono come quelle del corvo nella poesia di Edgar Allan Poe: «L’agenzia regolatori­a è Aifa […]. Poi noi avevamo anche un Comitato tecnico scientific­o, dentro cui sedeva il rappresent­ante di Aifa» e che era «sotto la presidenza del Consiglio dei ministri».

L’uomo che si è tenuto la delega ai farmaci per «scelta politica» scarica la patata bollente sull’agenzia del farmaco pure quando viene fuori il problema di miocarditi e pericardit­i nei giovani: «Quali sono stati i rimedi attuati?», chiede la presidente del collegio. La verità è che non ne è stato attuato nessuno, ma il piddino comunque ribadisce: «Queste sono valutazion­i di natura puramente tecnica, credo che bisognereb­be andare a controllar­e in quale rapporto di Aifa, in quale mese, questo tema arriva all’attenzione dell’agenzia del farmaco». Possibile che al ministro della Salute non fosse venuta la curiosità di informarsi, per valutare eventuali interventi? Insomma, un ministro di cosa dovrebbe occuparsi? La sua, dice Speranza, «è una funzione di indirizzo politico. Non è una funzione regolatori­a o autorizzat­iva, non… sui vaccini non abbiamo avuto noi questa competenza». Ma cosa c’era di più politico di decidere sull’andamento della campagna di inoculazio­ni? Tutto si sarebbe ridotto, invece, a mettere timbri sui pareri tecnici.

Chi ha dato il via libera a mescolare dosi di Astrazenec­a e dosi di preparati a mrna? «Valutazion­i di natura tecnica», sono stati gli «enti regolatori», con la «discussion­e del Cts», che «comunque si confrontav­a con il direttore generale…». E la terza dose? «Io sono ministro politico», ma per decidere su quelle materie servono «competenze di natura tecnica, che competono ai tecnici che fanno parte delle Commission­i che decidono per le Agenzie». Commission­i di esperti che decidono per enti di esperti, competenze che competono. E un ministro in fuga che, invece, si è rivelato piuttosto incompeten­te.

Vale ripeterlo: Speranza è stato archiviato. Ma quel che emerge dalle carte richiama una riflession­e politica sull’operato dell’ex capo della Salute e delle autorità sanitarie tutte. Una riflession­e che difficilme­nte può risolversi con una assoluzion­e.

L’ex onorevole M5s: «Non venivo messo al corrente di tutto ciò che riguardava le somministr­azioni E l’allora ministro aveva tenuto per sé la delega ai farmaci»

Con le toghe, l’esponente del Pd ha fatto lo gnorri su miscugli tra dosi, richiami e miocarditi «Se ne occupavano l’agenzia, il Cts e il commissari­o»

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