Sulle cure precoci Sileri accusò Aifa Speranza la usava per nascondersi
L’ex sottosegretario ai magistrati: «Sui monoclonali Magrini perse quattro mesi». Il dem invece, benché rivendicasse il suo ruolo politico, ha scaricato sull’ente le responsabilità per le reazioni avverse ai vaccini
■ Il 16 ottobre 2023 la Procura di Roma sente, non da indagato bensì da persona informata dei fatti, l’ex sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Le parole da lui pronunciate emergono ora dalle carte del procedimento giudiziario finito al Tribunale dei ministri, che si è concluso con l’archiviazione di Roberto Speranza, ma i cui contenuti - svelati dalla Verità - lasciano aperti molti spazi di riflessione politica.
Veniamo allora al contenuto delle conversazioni con gli inquirenti. Con il sostituto procuratore della Capitale, Sileri si sfoga: «Io per due anni e mezzo mi sono sempre lamentato che non ero informato in ordine alla campagna vaccinale ed in generale sono stato tenuto ai margini nella gestione dell’emergenza pandemica». Precisa, inoltre, che «fino a quando Zaccardi (Goffredo, ndr) ha ricoperto l’incarico di capo di gabinetto del ministero della Salute, fino a settembre 2021, io sono sempre stato mantenuto pressoché all’oscuro delle informazioni in relazione ai vaccini e alla campagna vaccinale, attivandomi personalmente con la struttura commissariale per acquisirle».
Sono rimostranze di una certa gravità: l’uomo che, insieme con Andrea Costa di Noi moderati, al dicastero occupava una casella subordinata solo a quella di Speranza, veniva snobbato e «mantenuto pressoché all’oscuro» dell’andamento delle vaccinazioni. Un metodo che sarebbe stato adottato anche riguardo agli effetti avversi di quei farmaci: di essi, l’ex sottosegretario, ai magistrati, dichiara di aver potuto consultare «solamente i dati pubblicati da Aifa e quelli che apprendevo in letteratura», giacché «le informazioni da me richieste non mi venivano date mai in tempo reale, anche perché non venivo avvisato delle riunioni».
Sileri se la prende con l’allora direttore dell’aifa, Nicola Magrini, vicino a Speranza (e assieme a lui denunciato dal comitato Ascoltami e da altre associazioni). Il politico ammette di averne «chiesto la rimozione […] in diverse occasioni perché non era accettabile (sic) questi deficit di informazioni e perché i primi studi avevano dimostrato e ipotizzati (sic) gli anticorpi monoclonali potevano essere di aiuto, ma Aifa rimaneva inerte». Rimaneva inerte, per la precisione, «per circa quattro mesi; già in un messaggio del 2 febbraio 2021», ricorda l’ex sottosegretario, «ho segnalato a Zaccardi l’inadeguatezza di Magrini».
È un ritratto a tinte fosche sia del funzionamento del ministero, sia del lavoro svolto dall’ente regolatore italiano. Già solo le parole dell’ex sottosegretario relative all’utilizzo degli anticorpi monoclonali richiederebbero serissimi approfondimenti e, in ogni caso, bastano a dare l’idea di come sia stata gestita la partita delle cure (che, a dar retta alla grandissima parte delle autorità sanitarie e dei presunti esperti, semplicemente non esistevano).
BALBETTII E RETICENZE
Forse, Sileri veniva estromesso anche perché, come lui stesso sottolinea in Procura, «non avevo deleghe sui farmaci e credo che l’avesse mantenuta il ministro Speranza e, forse, il sottosegretario Costa». Lo correggiamo: Costa ne aveva cinque, dalla lotta al doping al monitoraggio degli investimenti nel campo dell’edilizia sanitaria, ma di sicuro non aveva quella ai farmaci. Tale competenza era un’esclusiva del principale di lungotevere Ripa.
Pare confermarlo al tribunale dei ministri, nell’interrogatorio del 3 febbraio scorso,
Speranza stesso, tra un balbettio e l’altro. Prima ammette: «[…] io come ministro l’ho voluta tenere perché era una delega in quel momento che volevo tenere. Cioè questa è una scelta politica che sta nelle relazioni politiche». Poi, quando il presidente del Collegio per i reati ministeriali gli domanda di un eventuale conferimento a Costa, inizia a perdere la memoria: «Non mi risulta, io questa delega sui farmaci non mi risulta proprio, non ho mai… Non lo so, sinceramente. Non me lo ricordo neanche […] potrebbe darsi che l’ho tenuta per me».
Per quale motivo quello che, in apparenza, è un dettaglio secondario, in realtà diventa importante? Perché contribuisce a inchiodare l’esponente progressista alle sue responsabilità politiche: da una parte, infatti, Speranza rivendica il diritto (che in effetti aveva) di avocare a sé il controllo di un settore del dicastero, nel quadro degli equilibri tra i partiti di maggioranza; ma quando le toghe lo incalzano sulla questione dei vaccini e delle reazioni avverse, d’improvviso, il ministro sgonfia il petto e si nasconde dietro le mansioni dell’aifa o del Comitato tecnico scientifico.
Che rapporti intercorrono tra ministero e agenzia, chiede ad esempio il magistrato? Aifa «autorizzava delle modalità [di somministrazione, ndr]», risponde Speranza. «E sulla base di quelle modalità si costruiva una campagna di vaccinazione. Che tra l’altro, era gestita sul piano operativo e sulla base delle indicazioni dell’agenzia regolatoria, dalla struttura commissariale. Perché [era] la struttura commissariale che aveva la gestione concreta». Come se il ministero occupato dal politico lucano non toccasse palla.
Una ricostruzione che dev’essere apparsa bizzarra al collegio, visto che la presidente insiste: «Quindi in concreto i rapporti con il ministero della Salute quali erano?». «Beh», è la versione di Speranza, «il ministero della Salute era in qualche modo il punto di connessione tra tutti questi elementi. C’erano interlocuzioni costanti». E c’erano le circolari, «che vengono sempre firmate dal direttore generale della Prevenzione», ai tempi Gianni Rezza. Connessione, interlocuzioni, circolari, purché si tenga conto che le valutazioni erano di Ema e Aifa e la «gestione concreta» delle vaccinazioni era del commissario. Speranza cos’era? Un passante?
UN PASSANTE ALLA SALUTE
Soprattutto sulla questione degli effetti avversi - La Verità lo aveva già segnalato qualche giorno fa - l’ex ministro persegue la strategia dello scaricabarile. Dapprima, prova a convincere i magistrati di essere una vittima e che la denuncia a suo carico risponde a «un approccio di natura ideologica, che è quello che i no vax, da cui io ricevo minacce un giorno sì e un giorno no, dicono che io ho sbagliato perché ho assecondato la campagna di vaccinazione». Badate bene: «assecondato», mica favorito o contribuito a portare avanti. Dopodiché, gli viene fatto notare che «quello che forse è in più in questa denuncia […] è il fatto che vi fossero evidenze […] di effetti avversi, che non sono stati, come dire, considerati». Episodi di cui Speranza era perfettamente al corrente, tanto da sapere che un quinto di essi era grave. A quel punto, l’ex ministro alza le mani: «Questi eventi avversi li valuta l’agenzia predisposta. Che è Aifa…». E se gli eventi avversi fossero stati persino «taciuti», come ipotizza il magistrato? «Ma viene pubblicato mensilmente un report da chi fa quel lavoro lì». Che è sempre l’aifa.le toghe vogliono sapere «chi aveva il potere di […] fermare […]» le somministrazioni del vaccino, oppure di «limitarlo ad alcune fasce d’età». Le risposte di Speranza si ripetono come quelle del corvo nella poesia di Edgar Allan Poe: «L’agenzia regolatoria è Aifa […]. Poi noi avevamo anche un Comitato tecnico scientifico, dentro cui sedeva il rappresentante di Aifa» e che era «sotto la presidenza del Consiglio dei ministri».
L’uomo che si è tenuto la delega ai farmaci per «scelta politica» scarica la patata bollente sull’agenzia del farmaco pure quando viene fuori il problema di miocarditi e pericarditi nei giovani: «Quali sono stati i rimedi attuati?», chiede la presidente del collegio. La verità è che non ne è stato attuato nessuno, ma il piddino comunque ribadisce: «Queste sono valutazioni di natura puramente tecnica, credo che bisognerebbe andare a controllare in quale rapporto di Aifa, in quale mese, questo tema arriva all’attenzione dell’agenzia del farmaco». Possibile che al ministro della Salute non fosse venuta la curiosità di informarsi, per valutare eventuali interventi? Insomma, un ministro di cosa dovrebbe occuparsi? La sua, dice Speranza, «è una funzione di indirizzo politico. Non è una funzione regolatoria o autorizzativa, non… sui vaccini non abbiamo avuto noi questa competenza». Ma cosa c’era di più politico di decidere sull’andamento della campagna di inoculazioni? Tutto si sarebbe ridotto, invece, a mettere timbri sui pareri tecnici.
Chi ha dato il via libera a mescolare dosi di Astrazeneca e dosi di preparati a mrna? «Valutazioni di natura tecnica», sono stati gli «enti regolatori», con la «discussione del Cts», che «comunque si confrontava con il direttore generale…». E la terza dose? «Io sono ministro politico», ma per decidere su quelle materie servono «competenze di natura tecnica, che competono ai tecnici che fanno parte delle Commissioni che decidono per le Agenzie». Commissioni di esperti che decidono per enti di esperti, competenze che competono. E un ministro in fuga che, invece, si è rivelato piuttosto incompetente.
Vale ripeterlo: Speranza è stato archiviato. Ma quel che emerge dalle carte richiama una riflessione politica sull’operato dell’ex capo della Salute e delle autorità sanitarie tutte. Una riflessione che difficilmente può risolversi con una assoluzione.
L’ex onorevole M5s: «Non venivo messo al corrente di tutto ciò che riguardava le somministrazioni E l’allora ministro aveva tenuto per sé la delega ai farmaci»
Con le toghe, l’esponente del Pd ha fatto lo gnorri su miscugli tra dosi, richiami e miocarditi «Se ne occupavano l’agenzia, il Cts e il commissario»