«Il cuore, il dolore Addio Olimpiade Ma non mi arrendo giocherò ancora»
Sorridente e guascone, è un simbolo del movimento Il comasco fermato ancora per anomalie cardiache Non ho mai pensato di smettere. Fin quando i medici mi daranno una chance per giocare, ci proverò. Non lascerò il mio lavoro, è la cosa che amo fare De Gior
Sempre sorridente. Un po’ guascone. Unico nell’esultanza con quell’inchino festoso a ogni muro vincente, la sua specialità. Simone Anzani da anni è il sole della pallavolo italiana. Da qualche giorno il cielo azzurro è meno limpido del solito: Anza, o Paglia come viene chiamato dai compagni di Nazionale («un’idea di Sbertoli che ha iniziato chiamandomi pagliaccio-papà e da lì è stato abbreviato in paglia»), ha lasciato il ritiro di Cavalese alla vigilia delle Olimpiadi. «Durante un allenamento, dall’apparecchio che ho sotto il petto è stato riscontrato un nuovo episodio anomalo al cuore (già l’estate scorsa il centrale dovette lasciare il ritiro prima degli Europei e subì un piccolo intervento, ndr) e purtroppo il sogno Olimpiade è sfumato.
Speravo fosse tornato il sereno dopo l’anno scorso e invece… Il destino».
► Che cosa sta provando?
«Delusione, un po’ di scoraggiamento iniziale, amarezza e dolore, perché speravo che il problema fosse ormai alle spalle e potessi prepararmi con tranquillità ai Giochi, il mio ultimo obiettivo. Ho 32 anni e non so se riuscirò a giocare un’altra Olimpiade. E poi sono dispiaciuto per i miei compagni: li ho lasciati per la seconda estate, non avendoli aiutati nei momenti di difficoltà, lo farò da lontano ma sarà diverso».
► Ecco, l’Italia. In tre anni la Nazionale ha centrato tre finali: un titolo europeo, uno mondiale e poi l’argento continentale nel 2023. Cos’ha di speciale questo gruppo?
«È nato un legame che va oltre quello lavorativo. Siamo amici. Lo sport va e viene, i rapporti rimangono e quello che si è creato tra di noi non svanirà mai».
► L’ultimo ricordo dal ritiro di Cavalese?
«Due. Il primo è legato al mio compagno di stanza, Riccardo Sbertoli. Dividiamo la camera da quattro anni. Ogni giorno condividevamo le nostre aspettative olimpiche e quando ho lasciato Cavalese ci siamo abbracciati e gli ho detto: “Ti voglio bene, il sogno di vivere insieme i Giochi si interrompe. Ora portati dietro il mio e fai in modo di custodirlo e realizzarlo”».
► Il secondo?
«De Giorgi. Definirlo ct o allenatore è riduttivo. Quando ci siamo trovati nella stanza d’albergo a Cavalese, dove mi hanno comunicato la brutta notizia, io ero in lacrime. Fefé ha fatto di tutto per provare a trovare una soluzione con i dottori ma non c’era margine. Gli sarò riconoscente per tutto quello che mi ha dato, anche come persona».
► Ha mai pensato di smettere?
«No, mai. Fin quando i medici mi concederanno una chance per giocare ci proverò, non lascerò il mio lavoro. È la cosa che amo fare. Sono un combattente e finché non mi ammazzano cercherò di rimanere in piedi».
► Mancano pochi giorni ai Giochi: cosa ci dobbiamo aspettare da questa Nazionale?
«È un gruppo focalizzato su quello che deve fare, nel tempo abbiamo imparato a gestire determinati momenti e pressioni. Una Nazionale che ha bene in mente dove vuole arrivare e come superare le difficoltà. E c’è lo zampino di De Giorgi che riesce sempre a stuzzicare la squadra per farle tirare fuori il 110%. Sono convinto che, se interpreteranno bene il torneo, potranno arrivare dove ci sogniamo tutti».
► L’Italia a Parigi presenterà qualche volto nuovo. A cominciare da Luca Porro e Alessandro Bovolenta. Che giocatori sono?
«Porro mi ha impressionato per come mette in campo certi aspetti tecnici. In campionato, da avversario (Anzani a Civitanova, Luca a Padova, ndr), non mi ero accorto di questo potenziale. Ora deve continuare a lavorare così. Bovolenta ha margini di crescita incredibili. Non dimentichiamoci che sono due 2004. Con loro il futuro dell’Italia è assicurato».
► Una volta risolti i problemi e ripresa l’idoneità agonistica, tornerà a giocare a Modena dove è stato nella stagione 20182019.
«La prima volta, per vari motivi, non è andata come mi aspettavo. Modena è la pallavolo italiana e la nuova chiamata mi ha stimolato. Il mio primo pensiero è stato: “Ho voglia di far ricredere tutti i tifosi emiliani”. Lasciare Civitanova non è stato facile: è il club che negli ultimi 10 anni ha vinto più di tutti».