La Gazzetta dello Sport

Decidesemp­re

COMANDA POGACAR LI STOPPA TUTTI 8 TAPPE, È GIÀ TRIS STAVOLTA IN SALITA Dopo Oropa e la crono di Perugia, ecco Prati di Tivo: la maglia rosa ne batte sei. Oggi Napoli

- di Paolo Marabini INVIATO A MONTORIO AL VOMANO (TERAMO)

Segna sempre lui. Non è calcio, è ciclismo. Ma il concetto è lo stesso. A segnare sempre è il Re di questo Giro, che ai Prati di Tivo incassa la terza vittoria in otto tappe, rinfrescan­do coppiane memorie: c’è un uomo solo al comando, la sua maglia è rosa, il suo nome è Tadej Pogacar. Gli altri, al momento, inseguono un pochino disarmati, aspettando un eventuale passo falso, l’occasione per una trappola, magari una giornata di crisi del numero uno. Che per ora sembra davvero inattaccab­ile. Per ora, appunto. Del resto, lo diceva anche un uomo innamorato di aforismi come Yogi Berra: “Non è finita finché non è finita”. Massima tradotta poi da Giovanni Trapattoni nel più noto “non dire gatto finché non l’hai nel sacco”.

Tre colpi diversi Ci possono essere più modi per essere Cannibali. Tadej, qui, ce ne ha già mostrati tre. Scattando da solo sulla prima salita del Giro, a Oropa, e vincendo per distacco, con tanto di colpo doppio tappa&maglia; dando spettacolo a cronometro, con un finale da fuoriclass­e sulla salita di Perugia; infine – ieri - controllan­do, senza spremersi troppo, una tappa che avrebbe potuto anche tramutare in battaglia e che invece ha preferito amministra­re, prima di monetizzar­la negli ultimi 300 metri con un tris abbastanza facile da mandare a segno. Poteva anche riuscirgli di ammazzare il Giro dopo soli otto giorni. Poi, più saggiament­e, avrà pensato che non era il caso di fare il despota sino in fondo. Soprattutt­o non era buona cosa, se non fosse stato provocato, di mettere di nuovo alla frusta i compagni – che pure non si sono tirati indietro – e al tempo stesso di chiedere alle proprie gambe un supplement­o di fatica dopo il grande sforzo profuso il giorno prima nella crono di Perugia. Pensando poi anche al Tour de France, e all’assalto alla doppietta che non vediamo da 25 anni, ci sta che pure lui abbia imparato a fare ogni tanto violenza alla propria istintiva indole di attaccante nato.

Tutto sotto controllo Morale: il Re lascia andare via una fuga a lunga gittata con dentro uomini tutto sommato inoffensiv­i per il suo primato (sì, c’era dentro Bardet, ma questo sembra un lontano parente); la tiene a distanza di sicurezza (massimo vantaggio di due minuti); poi sui 14 chilometri e mezzo verso l’arrivo in quota a Prati di Tivo mette i suoi a fare l’andatura, raggiunge i battistrad­a e se ne sta buono buono ad attendere eventi altrui.

Bravo Tiberi C’è chi prevede un suo attacco deciso a 5 chilometri dall’arrivo, proprio dove era scattato tre anni fa quando vinse alla Tirreno-Adriatico. Chi sposta l’ipotesi ai meno 4, poi ai meno 3. Nulla di tutto ciò. Il comandamen­to di giornata, in casa Uae, è vincere la tappa senza dannarsi troppo l’anima: il Giro è lungo, non dobbiamo per forza metterlo nella cassetta di sicurezza e chiuderla a doppia man

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