NAPOLI IN CRISI DE LAURENTIIS AVREBBE DOVUTO CAPIRE IN ANTICIPO E PURE SPALLETTI...
C’è dubbio che sia il caso di questo campionato . Il Napoli che si laurea campione d’Italia, sbaragliando la concorrenza in un torneo senza storia, mettendo insieme risultati e calcio spettacolo, e dopo pochi mesi si ritrova nono in classifica a 20 punti dal vertice. Una caduta libera che, ciclicamente, ha suggerito precise responsabilità. Non c’è dubbio, e ha finito per ammetterlo onestamente anche lui, che De Laurentiis abbia sbagliato molto. Così com’era stato giusto elogiarlo per la creazione di una squadra fantastica, così è giusto - e appunto lo ha fatto anche lui - sottolineare una serie di sbagli, di gestione e strategici. Aver pensato, ad esempio, di essere in grado di poter mettere mano personalmente - e quasi in solitudine - al rinnovamento tecnico del gruppo. Così il presidente si è assunto in prima persona l’onore e l’onere di alcune scelte che si sono rivelate clamorosamente sfocate. Non aver sostituito adeguatamente un perno fondamentale come Kim, non aver rigenerato la squadra dal punto di vista anche psicologico, aver scelto un tecnico entrato presto in rotta con i giocatori e non solo. Certo, Garcia - che pure è un bravo allenatore - ha commesso i suoi errori evidenti, mettendo addirittura in discussione la centralità di alcuni big come Kvara. È sembrata, anche solo per un secondo, la mossa migliore per ricominciare? E neppure la sua sostituzione ha dato finora gli effetti sperati. Anzi. Mazzarri, professionista esemplare e uomo di grande esperienza, è rimasto però in mezzo al guado, tra la richiesta di tornare all’antico e forse la voglia di dare una sterzata personale. Ma di sicuro non era
facile, tutto il contrario, prendere in corsa una situazione che si era deteriorata in maniera fin troppo evidente. Poi, e non c’è dubbio, dopo le colpe di De Laurentiis e dei piloti, ci sono quelle - altrettanto evidenti - dei giocatori. Che hanno perso lo spirito della passata stagione, in cui avevano tutto da dimostrare. La sensazione è che, in qualche caso, abbiano finito per prevalere le visioni personali su quelle d’assieme. E la vecchia regola del calcio è quella di ragionare sempre e comunque con il noi e non con la voglia - a volte addirittura apprezzabile - personale. Le partite non si vincono mai con una giocata, con la voglia di fare la differenza, ma sempre con la coralità degli sforzi. Detto di De Laurentiis, degli allenatori e dei giocatori, in questo crollo verticale ci sono anche - ed è naturalmente un paradosso - le colpe di Luciano Spalletti. Di Spalletti? Sì, certo, perché è un caso unico per un allenatore, dopo una stagione come quella che ha vissuto grazie a lui il Napoli, trovare la forza per dire basta. Rinunciare a un campionato con lo scudetto sul petto, all’amore di un pubblico fantastico, alla voglia di riprovarci anche in Champions. Chi lo avrebbe mai fatto? Spalletti, rinunciando a un contratto, quando avrebbe invece potuto chiedere di vederlo raddoppiato nella durata e nei compensi, ha dimostrato invece di aver intuito i rischi - i rischi? anzi, le certezze - a cui sarebbe andato incontro il Napoli. Se lui per primo non aveva più fiducia nel futuro, inevitabilmente ha anche finito per trasmettere questo suo legittimo - e alla luce dei fatti perfetto - pensiero