La Gazzetta dello Sport

LE SCELTE DI MESSI E IL BRUTTO CLIMA CHE C’È A PARIGI

- Di ALESSANDRO VOCALELLI

Chissà se anche lui, anche Lionel Messi, quando ha deciso di andarsene dal Barcellona per approdare al Psg ha pensato - magari per un istante - di raccontare che fosse una scelta di vita.

Già, perché questa è una storia che abbiamo sentito già mille volte. Davanti a ogni distacco, anche il più romantico e il più doloroso, ci si rifugia nel più antico e abusato degli slogan del calcio. Certo è che lasciare la Spagna, la sua casa, il suo caldo marsupio, non si è rivelato un grande affare per uno dei più grandi calciatori della storia. Così grande da aver confermato quattro mesi fa, nel Mondiale in Qatar, di essere ancora un protagonis­ta assoluto, capace di vincere il titolo e di far innamorare anche i tifosi neutrali. Ma una cosa è l’Argentina, la sua nazionale, e un’altra evidenteme­nte il Paris, calamita di tutti i fuoriclass­e più celebrati.

Un paradiso, dal punto di vista dei soldi e non solo. Forse una straordina­ria illusione: di poter essere ancora se stessi nel più splendente album di figurine, che però evidenteme­nte nasconde il pericolo di non legarti dal punto di vista degli affetti, dell’appartenen­za e della riconoscen­za. Già, non ci può essere riconoscen­za da parte di chi - dal suo punto di vista - ti chiede soltanto la partecipaz­ione estrema e assoluta dal punto di vista profession­ale. Senza piegarsi all’idea che ci possa essere qualcosa di più. Magari il diritto a non rinnovare il contratto che, stando ai si dice, sarebbe la vera causa della furente reazione alla mancata autorizzaz­ione del viaggio in Arabia. Sì, perché non può bastare un allenament­o saltato - secondo Messi e il suo clan addirittur­a con autorizzaz­ione - a produrre un pandemonio del genere. Fatto sta che lui - il Grande Calciatore, il Campione del Mondo - ha finito per trovarsi improvvisa­mente ai margini della “sua” squadra. Sì, di quella squadra che - con lui - si era convinta di aver completato la sua galleria degli Artisti. Una chiusura un po’ malinconic­a per un fenomeno che non ha ancora l’età per la pensione - a 36 anni (da compiere a giugno) ci sono tanti colleghi che si divertono ad essere primattori - e che avrebbe meritato e meriterebb­e qualcosa, anzi molto, di più. Ancora qualche stagione da protagonis­ta, a cui - va detto e ripetuto - Messi ha dimostrato di poter ambire appena pochi mesi fa. Quando ha preso per mano la sua Argentina e, dopo

Leo ha dimostrato di poter giocare ancora da protagonis­ta. Non merita questo finale

un avvio delicato, l’ha portata al gradino più alto del podio. Ora però la situazione è cambiata radicalmen­te e i suoi nuovi tifosi sono arrivati a trasformar­e in un anno e mezzo le urla di gioia in quelle di contestazi­one. Qualcosa, per Messi, di sconosciut­o.

È per questo che - pure a questi livelli assoluti - bisognereb­be sempre pensarci due volte. Perché anche un campione - che nella sua carriera ha giocato mille partite, ha conquistat­o 42 trofei, per sette volte si è aggiudicat­o il Pallone d’oro - si trova nella vita a dover fare una scelta. E non sempre, per raccontarl­a addirittur­a a se stessi, ci si può nascondere - invertendo i termini - in quello slogan che si è trasformat­o in un ritornello. Una scelta di vita.

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Leo Messi, 35 anni, al Psg dal 2021 dopo una vita al Barcellona
Numero 1 Leo Messi, 35 anni, al Psg dal 2021 dopo una vita al Barcellona
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