GIOIA JACOBS «IO CORRO PER SCRIVERE LA STORIA DELLO SPORT» «E il meglio deve Venire»
di
L
a festa a Casa Italia per pochi intimi, un sonno disturbato (ah, l’adrenalina), le terapie sotto le mani sante dell’inseparabile Alberto Marcellini (il polpaccio sinistro è indurito) e, nel tardo pomeriggio, la premiazione all’Athlete Roof, una piattaforma in un laghetto circondata da una collina strapiena di spettatori, all’interno del Parco olimpico. Il day after di Marcell Jacobs è scivolato via così, tra emozioni da smaltire e qualche altro allarme per le condizioni fisiche.
3Marcell, come sta?
«Abbastanza bene, ma devo risolvere il problema al polpaccio sinistro. Domani (oggi, ndr) farò altre terapie a magari un controllo più approfondito. L’obiettivo è correre la staffetta».
Intanto: lei dopo il Pietro Mennea di Praga 1978...
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«Sapete che non faccio mai paragoni. Da chi ha fatto cose grandi prendo esempio, ma non mi metto sul livello di nessuno. Ognuno ha la propria storia, le proprie gare e i propri periodi».
3Ma non è orgoglioso? «Certo, tutti i giorni lavoro per scrivere un pezzo di storia dello sport italiano».
3Ha
visto che passione ed entusiasmo il pubblico tedesco?
«Da tanto non gareggiavo in uno stadio così pieno. Anche la presentazione alla finale è stata proprio bella: luci spente, musica... Sembrava di essere tornati a Tokyo, solo che qui gli spalti erano gremiti e là, invece, vuoti».
3S’è fatto vivo il suo amico Mourinho? «No, ma è stato bello conoscerlo. Mi ha suggerito di non darmi al calcio come ha fatto Bolt».
3Dopo la finale è stato un po’ polemico...
«Per tanta gente che mi supporta, c’è chi mi dà contro: non è piacevole. Ma certi commenti negativi mi danno più carica».
3Si
«Non avevo pesi da togliermi: corro per me stesso. Sono però contento di aver fatto una discreta gara e di aver portato a casa questa medaglia. Soprattutto pensando a com’è stata la stagione, piena di problemi e infortuni. Ma i pesi ce li hanno altri e se li addossassero loro».
è tolto un peso? 3Quel è stato il momento più difficile degli ultimi mesi?
«Essere a Eugene da campione olimpico dopo aver risolto diversi acciacchi e poi infortunarsi di nuovo non è stato facile da accettare. Quella medaglia è l’unica che mi manca: l’anno prossimo avrà un’altra possibilità, lotterò per sfruttarla».
3 Cosa resta di questa stagione? «Ho capito che occorre porsi priorità. Ma gli infortuni fanno parte del gioco. Ho disputato una grande stagione indoor, la preparazione successiva era stata ottima. Quello che è successo dopo non è stato piacevole, ma ho imparato qualcosa».
3Come
«Aver poche gare nelle gambe non mi ha aiutato. Anche perché in nessuna ho potuto davvero lasciarle andare. Guardo avanti, facendo tesoro di quello che è stato».
si è sentito qui?
3Quanto lontano è il Marcell dei Giochi di Tokyo?
«Mi manca il ritmo-gara, pago
«Gareggio per me stesso: non avevo pesi da togliermi e vorrei sfidare gli americani»
la desuetudine agli avversari. Se avessi gareggiato di più, avrei una condizione migliore: per come sto ho fatto il massimo».
3Due
italiani in finale come solo nel 1966 e nel 2010: è l’effetto-Jacobs, è la sua scia?
«Mi fa piacere essere da stimolo per altri. Lo sognavo da bambino. Se è il mio “compito”, sono felice di assolverlo. Spero sia l’inizio di un lungo percorso».
3Quali sono state le sue figure di riferimento?
«Ne ho avute molte e in sport diversi: LeBron James, Lewis Hamilton, Usain Bolt. Tutta gente che per arrivare ha faticato, non s’è trovata la pappa pronta e ha fatto quello che ha fatto per necessità e non solo per divertimento».
Su Chituru Ali, peraltro, scommette da tempo...
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«Sempre detto: il fisico che ha può spingerlo nei 100 sotto i 9”90. Ha tanto tempo davanti per crescere. Un’esperienza simile aiuta a maturare. È entrato in finale col personale, dimostrando personalità. Poi ha forse pagato l’ambiente».
Prima, durante o dopo la gara ha parlato coi suoi avversari?
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«Prima erano tutti sulle loro, mi davano spallatine per mettermi ansia. Non mi hanno scalfito neanche un po’. Dopo, si sono complimentati. Hughes mi ha detto: “Ho tanto rispetto per te”. Belle parole. Fanno piacere».
3I
britannici, quindi, non sono più inaciditi con lei?
«Gli atleti non credo lo siano mai stati. Con alcuni ci scriviamo sui social. Certi giornalisti, piuttosto...».
3Chi temeva di più? «Proprio Hughes, uno che è sempre lì: è un rivale vero».
3Rispetto
al resto del mondo adesso come si sente?
«Indietro: in finale mi sarei aspettato di correre più forte, sotto i 9”90, visto cosa avevo fatto in semifinale. Ho pagato il fastidio al polpaccio, specie in partenza. Per non creare ancor più tensioni, nei primi passi ho solo “appoggiato” i piedi, senza scaricare impulsi a terra. Ma contava vincere. Piuttosto...».
3Continui...
«Avrei volentieri sfidato gli statunitensi con un paio di altre gare nelle gambe, ma Kerley ha chiuso il 2022 e a Zurigo non daranno wild-card per le finali di Diamond League (7-8 settembre, ndr). Io comunque ci sono oppure accadrà nel 2023...».
3Quanto è stata importante la presenza di Nicole?
«Molto: come ai Mondiali indoor le ho detto di arrivare il giorno stesso della gara, senza incontrarci prima. È andata di nuovo bene. Mi sa che d’ora in poi sarà sempre così».