Verso il capolinea NADAL SI CONFESSA «SE NOLE MI BATTE È L’ULTIMO MATCH CHE GIOCO A PARIGI»
Rafa prima dei quarti di domani contro Djokovic parla di ritiro a fine anno. Ormai è usurato da un guaio cronico al piede sinistro: «Un miracolo se sono qui»
Parole che pesano come un macigno: «Quella con Djokovic nei quarti potrebbe essere la mia ultima partita al Roland Garros». Rafael Nadal, per la prima volta senza usare sfumature linguistiche, ammette che il capolinea è vicino, potrebbe materializzarsi alla fine di quest’anno e lo fa in un luogo e in una giornata speciali: intanto perché Parigi è il suo giardino dell’Eden, la città che gli ha regalato 13 dei 21 Slam in carriera ingigantendone la leggenda senza fine; e poi perché arriva dopo una vittoria davvero particolare e da brividi, cinque set e 4 ore e 21 minuti di battaglia contro il canadese Auger-Aliassime, il nuovo allievo dello zio Toni, l’uomo che lo ha plasmato fin da bambino trasmettendogli i valori e le conoscenze per cui il nipote è diventato uno dei più grandi sportivi di sempre; infine, perché l’annuncio che milioni di tifosi in tutto il mondo non avrebbero mai voluto sentire viene comunicato alla vigilia di una nuova sfida con Djokovic, la 59a di una saga infinita che numericamente è la più corposa della storia del tennis e ha portato lo sport delle racchette in una dimensione ultraterrena. I due, tra l’altro, non si affrontano proprio dalla semifinale sullo Chatrier di un anno fa vinta da Nolle, che così si lanciò verso il secondo trionfo al Bois de Boulogne dopo quello del 2016.
Campione infinito A questo punto, il match più atteso di tutto il torneo fin dal giorno in cui il computer malandrino mise il numero uno e il numero 5 del mondo dalla stessa parte del tabellone, potrebbe ammantarsi di una portata storica che supererebbe di gran lunga la bellezza e il fascino dei 58 incroci precedenti: «C’è poco da dire quando affronti Djokovic, che è il numero uno del mondo e il giocatore contro il quale mi sono trovato a disputare sfide straordinarie. Cercherò di arrivarci preparato anche dopo le fatiche di questi giorni, onorato una volta di più di poter essere protagonista di uno spettacolo del genere, ma io ormai affronto ogni partita come se potesse essere l’ultima, perché questa è la mia condizione attuale e lo sapete. Ma se penso a dove
fossi due settimane e mezzo fa, quando mi sono ritirato a Roma, posso quasi considerarlo un miracolo». Ebbene sì: dopo quasi vent’anni di tenzoni ferocissime, con il fisico martoriato da una ventina di infortuni, anche un guerriero come Nadal è arrivato al limite della sopportazione, a quel punto in cui senti la fatica soprattutto mentale di non poterti affidare una volta di più al un altro miracolo. Appunto. Lo si vede dal linguaggio del corpo, dalle smorfie di dolore che gli trasfigurano il volto quando i match si allungano o alla fine di scambi estenuanti, lo si capisce dai cali di tensione agonistica che ogni tanto lo attanagliano e che un tempo avrebbe scacciato in un amen. La sindrome di Mueller Weiss, del resto, non perdonerebbe un normale essere umano: nei manuali di medici questa infiammazione dello scafoide del piede (per lui, il sinistro) viene definita menomante fino a rendere
difficile la deambulazione e addirittura impossibile l’attività agonistica: Rafa ne soffre dal 2006 e questo dà la misura ulteriore della sua grandezza. Se poi ci aggiungiamo gli terni guai alla cartilagine dele ginocchia, gli scricchiolii del polso, la recente frattura di una costola, proviamo quasi un senso si liberazione per lui, anche se certi campioni infiniti e senza tempo, per l’immaginario collettivo degli appassionati, non dovrebbero ritirarsi mai e rimanere eterni ed immortali.
Il sogno D’altronde, basterebbe riguardarsi il quinto set della partita contro Auger-Aliassime per comprendere pienamente cosa perderà il tennis una volta che Nadal avrà deciso di dedicarsi solo alla sua accademia di Manacor e, nel tempo libero, all’amata pesca d’altura: spalle al muro, sicuramente più stanco di un avversario con 14 anni di meno, ha frullato dal suo talento mezz’ora di tennis sublime, senza sbagliare una scelta tattica, aggredendo e non aspettando, giocando almeno tre passanti che si vedono solo in paradiso e correndo come se davvero non ci fosse un domani. E non appena ha pronunciato le fatidiche parole che lo avvicinano al ritiro, i social sono impazziti: Rafa a settembre, alla Laver Cup, giocherà il doppio insieme a Federer. E se alla fine di quel match annunciassero insieme l’addio? Ad accoglierli a quel punto ci sarebbe solo il mito.