La Gazzetta dello Sport

HINDLEY CHE TRIONFO! È IL PRIMO AUSTRALIAN­O A DIVENTARE RE DEL GIRO Rosa dell’altro m

Passarella a crono per Jai, poi la festa nell’Arena di Verona: «Fantastico, c’è il mio nome accanto a quello dei campioni Non vedevo mamma e papà dal 2020, li ho riabbracci­ati qui»

- Di Ciro Scognamigl­io INVIATO A VERONA

Quando sei venuto dall’altra parte del mondo e hai appena finito di scrivere la storia con la forza delle tue pedalate, può anche capitare di non trovare le parole. E infatti a Jai Hindley è successo proprio così. All’ombra della magnificen­za dell’Arena di Verona interrompe il discorso una, due, tre volte, non sa se ridere o piangere, e quando pesca dal vocabolari­o escono solo superlativ­i. «La corsa preferita, la maglia che più desideravo, il Trofeo più bello». Mister Jai Hindley, from Perth, Australia: il Giro d’Italia è tuo, primo aussie vestito dalla rosa finale in 113 anni e 105 edizioni. «Sto leggendo i nomi che ci sono scritti su questa meraviglia. Sono iconici, sono campioni. E ora ci sono pure io…».

Romanzo L’aveva vinto sabato sulla Marmolada, il Giro, e prima ancora conquistan­do a braccia alzate il Blockhaus. Ma è stato l’altro ieri che Carapaz si è arreso, e la cronometro finale di Verona sul circuito già iridato delle Torricelle è servita all’ecuadorian­o per recuperare appena 7” del minuto e 25” con cui si era presentato alla partenza, mentre come previsto è stato Landa a completare il podio con Nibali quarto e Pozzovivo ottavo. Ma stavolta niente poteva fermare Jai. «No, non poteva andare come nel 2020, quando cominciai l’ultima tappa in rosa e poi persi da Tao. Uno shock brutale, devastante. Pazzesco che mi sia ritrovato nella stessa situazione. Stavolta avevo molta più fiducia, con la Bora-Hansgrohe abbiamo lavorato tantissimo sulla crono e il percorso mi si addiceva di più». Forse sarà stato per questo che al mattino, quando ha fatto la ricognizio­ne, a differenza di tutti gli altri ha voluto mettere testa e bici dentro l’Arena, dove appena qualche ora dopo avrebbe vissuto la sua apoteosi in rosa.

Mappamondo La geografia del Giro si sta allargando in maniera imponente, e la cosa si può collegare al fatto che l’Italia per la prima volta non ha preso la rosa finale per sei edizioni: dal 2012 ad oggi hanno vinto sei Nazioni “nuove”, dal Canada (Hesjedal) alla Colombia (Quintana, Bernal), dall’Olanda (Dumoulin) alla Gran Bretagna (Froome, Tao), dall’Ecuador (Carapaz) all’Australia di Hindley, sbarcato in Italia alla vigilia della stagione 2015. Per la precisione in Abruzzo, a casa del tecnico della Aran Cucine Umberto Di Giuseppe. «L’Australia è lontana — sottolinea Hindley, che forse rientrerà in gara a San Sebastian (per lui niente Tour) e dovrebbe puntare su Vuelta e Mondiale (nella sua Australia) —. Se vuoi diventare un corridore devi avere una testa forte, molto forte. Quando ti trasferisc­i in Europa, non è che tu possa prendere un aereo nel fine settimana per tornare a casa magari con una low cost. E pensate che a causa delle restrizion­i per la pandemia, nonostante a Perth non ci siano stati molti casi Covid, non ho più visto i miei genitori per due anni e mezzo. Ero stato a casa per meno di 24 ore dopo l’Herald Sun Tour del 2020, mai avrei immaginato cosa sarebbe successo. Ho prenotato tre volte dei voli che poi sono stati cancellati. E così ho rivisto i miei genitori qui, mamma Robyn e papà Gordon, per il finale del Giro, per la prima volta. Mi avevano avvisato due giorni prima che partissero…».

Inizia adesso una nuova carriera. E spero di essere un’ispirazion­e Jai Hindley Sulla vittoria del Giro 2022

Storia Da Budapest a Verona, Hindley — ora residente ad Andorra — tutto sommato è apparso sempre in controllo «tranne forse, paradossal­mente, il giorno di Treviso. Sì, proprio in pianura, quando ho forato e all’inizio non ero sicuro che fosse avvenuto dentro i 3 chilometri, ma prima, e così temevo di perdere tanto. Poi per fortuna non è stato così». Cresciuto nel mito del velocista Robbie McEwen e poi dell’amico Robert Power, Jai si è sentito tranquillo «all’intertempo della cro

no, quando ho sentito che in pratica avevo lo stesso tempo di Carapaz. Da quel momento ho solo pensato a continuare senza prendere troppi rischi». Il 2021 dei tanti problemi fisici è alle spalle: «Questo è un punto di partenza per una nuova carriera. E sì, spero di essere una ispirazion­e per tanti». La vita in rosa deve essere stupenda.

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