OCCHI ROSSI PER PAOLO
Commozione nel suo stadio, oggi i funerali a Vicenza
Dicono che sia meglio non conoscere i propri miti, per non correre il rischio di sporcare i ricordi e le emozioni che ci legano a loro. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Paolo Rossi, quel rischio non l’ha mai corso: troppo sorridente, gentile, genuino, umano. Buono. Paolo era il centravanti di tutti e oggi è la gente comune, perfino più del mondo del calcio, a piangere per la sua scomparsa. Ieri Pablito è tornato a casa: intorno a mezzogiorno il feretro, partito dall’ospedale Le Scotte di Siena, è arrivato allo stadio Menti di Vicenza ed è stato posizionato sul campo, quello in cui Rossi divenne grande nella seconda metà degli anni Settanta. La bara, ricoperta di fiori e da un maglia del Vicenza con il numero 9 e il suo cognome, è rimasta fino a sera davanti al tunnel di ingresso delle squadre. Un posto simbolico: il primo verso il quale guardano i tifosi, nella fremente attesa della comparsa dei giocatori. Da laggiù purtroppo Pablito non spunterà più e d’ora in poi la partita sarà più triste per tutti. Ad accompagnare Paolo nel viaggio verso quella che aveva sempre considerato casa sua, c’era naturalmente la famiglia sconvolta dal dolore, ma sollevata dalle continue e sincere manifestazioni d’affetto. La moglie Federica, le piccole Sofia Elena e Maria Vittoria insieme al figlio più grande Alessandro hanno potuto aggrapparsi a questo prezioso conforto: era già chiaro che tutti volessero bene a quell’eterno ragazzo dal sorriso gentile, ma è stato bello accorgersi in modo così commovente di quanto amore lo circondasse. Un amore trasversale che, rimbalzando come un pallone, è partito dagli stadi ed è finito nelle case degli italiani.
Casa sua
Vicenza ha accolto Rossi con il sole e con un dolore composto, vissuto quasi intimamente. Ciascuno ha un ricordo diverso, un’immagine che porta nel cuore, un frammento di vita che Pablito ha reso più bello. A febbraio Vicenza aveva conferito a Paolo la cittadinanza onoraria e in quei giorni l’ex attaccante si era divertito a girare per il centro, a tornare nei posti che frequentava, a rivedere gli amici di sempre. A due passi dal Duomo, dove stamattina alle 10,30 si celebrerà il funerale, c’è l’osteria “Al Campanile”: un locale piccolo, pieno di bottiglie, qualche tavolo, alcune botti posizionate fuori dalla porta come punto d’appoggio per chi vuole gustare le bollicine guardando la gente che passa. A Pablito piaceva perché è l’ambiente ideale per un buon bicchiere, qualche assaggio e tante chiacchiere. «Paolo era semplice - racconta Ugo Sommacampagna, il titolare -. Quando cominciò a venire qui non sapeva molto di vino, ma poi divenne un esperto». Tra le foto del suo telefono, Ugo va a ripescare quella scattata tanti anni fa in piazza dei Signori mentre Rossi girava in bici. Al
Piccolo Bar, vicino allo stadio, il centravanti faceva colazione e giocava a carte con gli altri avventori. L’uomo del Mundial amava sentirsi a casa dappertutto. La familiarità per lui ha sempre avuto un gusto più dolce e profondo della popolarità.
Le luci più belle
La città è piena di striscioni “Rossi gol”, il Menti si anima già dal mattino, i vicentini compongono ordinatamente la lunga fila per accedere alla camera ardente. Le transenne incolonnano le persone in via dello Stadio, che molto presto cambierà nome: «Sono arrivate tante proposte per omaggiare la memoria di Rossi - racconta il sindaco Francesco Rucco -. Per adesso la cosa più semplice e rapida mi sembra l’intitolazione di questa strada al nostro campione». Le porte del Menti si aprono alle 15, la mesta sfilata durerà per quasi sei ore coinvolgendo oltre 4.000 persone. C’è chi deposita una rosa o un mazzo di fiori, chi lancia una sciarpa, chi si raccoglie in preghiera, chi manda un bacio o fa semplicemente
L’idea sul web: il titolo di capocannoniere della Serie A sarà in suo nome?
La cerimonia su Gazzetta.it streaming dalle 10.30. Tv: Rai 2 e Sky Sport 24
ciao con la mano. Ci sono famiglie intere, dai nonni ai nipotini. A metà pomeriggio è già buio, si accendono i riflettori come se ci fosse una partita di coppa, roba da Pablito. Ma le luci più belle, che illuminano e riscaldano, sono quelle dei led a bordo campo: di solito è il posto delle pubblicità, stavolta in tutti quei cartelloni che circoscrivono il terreno di gioco c’è la foto di Rossi e la scritta “Ciao Paolo”. All’improvviso la moglie e le figlie si allontanano dal feretro e si avvicinano a uno di questi led: quella luce, quel calore non abbandoneranno mai le tre donne che Paolo ha amato così tanto. Federica si concede alla curiosità e all’affetto di tutti noi con la stessa semplicità e disponibilità del marito: «Appena siamo giunti a Vicenza mi sono sentita meno sola. Qui Paolo era a casa ed è giusto che il funerale si celebri in questa città. Paolo per me era tutto: è stato bello anche condividere questo percorso di sofferenza con lui».
Le fiaccole
Arriva Cesare Prandelli che nel
2007 perse per una brutta malattia la moglie Manuela e quindi sa bene cosa significhi vivere un lutto così feroce. L’abbraccio con Federica è lungo e toccante. Prandelli era molto legato a Rossi: «Da due giorni penso solo a lui. Non chiedetemi un ricordo perché ancora non riesco ad accettare che non ci sia più». Ecco Marco Tardelli (con la compagna Myrta Merlino), altro eroe del Bernabeu, del Mundial ‘82 che tanto rese felice l’Italia. C’erano molti campioni in quella squadra, ma Rossi aveva qualcosa di speciale e unico: forse per il fisico normale o per l’espressione tranquilla o perché ogni volta doveva riconquistarsi tutto o per quell’esultanza così classica e adesso fuori moda, i gomiti ad altezza spalle, le braccia piegate, i pugni chiusi. E quell’espressione quasi stupita, come a dire “ho fatto gol ancora io?”. Sul campo sfila il Vicenza di Mimmo Di Carlo, in partenza per la sfida di Pescara, e poi alcune squadre giovanili del club. La temperatura si abbassa, comincia a fare molto freddo, ma la fila della gente in attesa di entrare non diminuisce. Così l’orario di apertura viene prolungato. Alle 21,05 il feretro lascia lo stadio. Sulla strada, tra la folla, lo stanno aspettando in particolare 64 tifosi, ciascuno con una fiaccola in mano: 64 come gli anni di Paolo. Le fiaccole si accendono in sequenza regalando l’ultima, fortissima emozione di una giornata triste, dolce, indimenticabile.
La commemorazione
Oggi in Duomo, causa Covid, entreranno solo 300 persone. La funzione sarà celebrata da un parroco amico della famiglia Rossi. Intanto la Lega Serie A ricorderà Pablito nel weekend calcistico con una serie di iniziative: il lutto al braccio, la sua immagine trasmessa sul maxischermo, un minuto di silenzio e la diffusione di un audio storico del Mundial ‘82. E se il titolo di capocannoniere della A fosse per sempre dedicato a Pablito? «Non mi permetto di prevaricare Figc e Lega, ma mi sembra un’idea straordinaria» ha detto il presidente del Coni Giovanni Malagò. Tutto questo per te, Paolo. E probabilmente è anche poco. Tu che eri così speciale da piacere a tutti e così umile da non capacitartene. E all’improvviso ci torna in mente quel giorno di due anni fa nel tuo agriturismo in Toscana, un angolo di pace e silenzio in mezzo ai colori e alle ondulazioni di una terra incantevole. Mangiammo, bevemmo, parlammo di pallone, di gol, della tua storia meravigliosa. «Ma ti rendi conto che Paolorossi, tutto attaccato come piace a te, non sarà mai dimenticato, che di te si parlerà per sempre?». Mi rispondesti con lo sguardo dolce, una smorfia modestia, l’abituale sorriso e una battuta divertita: «Me lo dicono spesso gli amici, ma non pensare che sia per i gol, il Mundial oppure il Pallone d’oro. È solo perché il mio è un nome facile da ricordare. Per sempre». Resterai con noi, Paolo. Dentro di noi. Però, maledizione: volevamo solo che quel “per sempre” non iniziasse così presto.