La Gazzetta dello Sport

Hamilton, che Pantera Nera «Due giri super senza scia»

Pole record: «Una delle qualifiche più pulite mai disputate» Wolff graffia: «A Maranello qualcuno ha sbagliato le priorità»

- di Mario Salvini

Ha riportato la sua auto in parco chiuso. E come gli era capitato già altre 92 volte l’ha parcheggia­ta in corrispond­enza del numero 1. Di quella pole che per lui ormai è routine. E poi sulla sua Mercedes numero 44 ci si è messo in piedi, le braccia incrociate, entrambe le mani chiuse a pugno sul petto. In quel momento Lewis Hamilton era Black Panther. Se dentro il casco, solo per sé, abbia urlato “Wakanda Forever” lo può sapere solamente lui. Ci piace pensare di sì. E’ bello credere che abbia fatto quel grido di battaglia e dichiarazi­one di appartenen­za. Un tributo a Chadwick Boseman che del principe T’Challa, Black Panther, è stato l’interprete. Un amico, per Hamilton. L’attore che in quel ruolo di supereroe nero ha trovato la fama planetaria. Con quella scena, quell’urlo di guerra a braccia incrociate, “Wakanda Forever”, diventato icona. E destinato a restare per sempre nella memoria di tutti quelli che l’hanno amato. Perché Chadwick Boseman nella notte tra venerdì e sabato è morto, a soli 43 anni, abbattuto da un tumore al colon con cui combatteva dal 2016. Ed è a lui che Lewis ha dedicato la sua pole numero 93. E’ a lui che pensato subito dopo averla ottenuta: «E’ un risultato importante, per me — ha detto —perché stamattina mi sono svegliato con questa notizia. Un’altra tristezza in quest’annata già tanto pesante. Mi ha colpito molto, ed è stato difficile trovare la concentraz­ione con questo peso sul cuore. Ma ho cercato la perfezione per quello che lui ha fatto per la nostra gente. Chadwick è stato una luce brillante che non dimentiche­remo mai».

Strategia differente

Come e quanto l’abbia poi trovata, la concentraz­ione, è stampato in quel 1’41”252 che è il record di Spa, dove parte davanti per la sesta volta. Un tempo strepitoso staccato senza ricorrere alle scie, come invece hanno fatto quasi tutti gli altri. «Io e

Valtteri nelle varie gare ci alterniamo in uscita dai box. Stavolta è stata una mia scelta rinunciare a questo vantaggio, Mi sono assicurato di avere la pista libera, e credo sia andata bene». In pratica Lewis ha puntato tutto sul secondo settore, quello più guidato: «Forse non ero il più forte nel primo e nel terzo settore, ma ho scelto un assetto per esserlo in quello centrale e non volevo nessuno davanti. E’ stata una delle qualifiche più pulite che abbia mai avuto, ogni giro è stato migliore del precedente». Solo che sarà l’ultima con il party mode, la mappatura da qualifica che da Monza sarà vietata: «Di certo non averla più avrà conseguenz­e», ha ammesso il suo team principal, Toto Wolff, «ma credo però che sarà così per tutti».

Il messaggio di Toto

Lo stesso Wolff ha anche corretto parzialmen­te il tiro sulle dichiarazi­oni post-Spagna di Hamilton («La gente non vuole vedere gare basate solo sulla gestione delle gomme»). «Lewis, da pilota, sogna pneumatici infiniti, il che è fisicament­e impossibil­e». Ma soprattutt­o il numero uno Mercedes ha parlato della Ferrari. Nel modo in cui solo lui sa fare, con un stiletto nascosto nel miele. «La Ferrari – ha detto – è un marchio iconico che dovrebbe correre sempre per le prime posizioni. La situazione non è buona per la Formula 1. Sono vicino ai tifosi e alla squadra per questa mancanza di prestazion­i che non meritano. Ma alla fine credo che in Ferrari debbano mettere in discussion­e le priorità decise negli ultimi anni da alcuni membri del team...».

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La Mercedes 44 di Lewis Hamilton, 35 anni, nella piazzola della pole
GETTY IMAGES Numero 1 La Mercedes 44 di Lewis Hamilton, 35 anni, nella piazzola della pole

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