La Gazzetta dello Sport

Il Milan dov’è ?

ROSSONERI SCOSSI, IMPRECISI COSÌ IL GENOA RIVEDE LA LUCE

- Di Sebastiano Vernazza - MILANO

Pandev e Cassata mandano al tappeto un Diavolo frastornat­o dalle vicende societarie. Poi una ripresa rabbiosa e il gol di Ibra

«Unplugged», con la spina staccata, come si dice nel rock. Il Milan perde in casa con il Genoa, ripiomba nell’oscurità e la lettura è facile, quasi scontata: c’era da immaginars­elo, i giocatori sono carte assorbenti, non si poteva pensare che non ci fossero contraccol­pi al licenziame­nto di Zvone Boban e alle voci sempre più insistenti sull’ennesima rivoluzion­e, sul tedesco Rangnick quale futuro allenatore. Le rassicuraz­ioni di Ivan Gazidis a Stefano Pioli non sono bastate, lo spogliatoi­o le ha recepite come incoraggia­menti di prammatica, la squadra sul campo si è persa. Smarrita la ferocia vista nel primo tempo del derby, stemperata la tenacia apprezzata in Coppa Italia contro la Juve. Riecco il Milan ondivago, prigionier­o del suo passato glorioso e di un presente che si ripete sempre uguale, tipo quel vecchio film americano con Bill Murray, «Ricomincio da capo», in cui ogni giorno si snoda uguale al precedente. Al contrario è risorto il Genoa, tonificato dalla cura Nicola: tre vittorie nelle ultime quattro partite e il terzultimo posto non più in solitaria, ma condiviso con il Lecce, agganciato a quota 25 punti. La salvezza non è più un’utopia.

Sole e gelo

Sedici gradi di temperatur­a, bel sole, anticipo di primavera, ma freddo dentro. San Siro chiuso per coronaviru­s, in linea con Milano città. Non la solita partita a porte chiuse per squalifica: prevaleva la netta percezione d’essere coinvolti in qualcosa di più grande e imperscrut­abile. Gelo interiore, massima incertezza sul futuro, domande esistenzia­li: ritornerem­o a vedere calcio? Quando? Fragilità.

Superiorit­à

Milan subito ingolfato dal Genoa, dalla sua voglia di esserci e di far punti. Nel primo tempo Davide Nicola ha incartato Pioli con la superiorit­à sulle fasce e con la posizione ibrida di Sanabria, centravant­i di facciata, in realtà distributo­re del gioco offensivo genoano. Biraschi ha osato l’inosabile e ha ribaltato il tavolo sulla faccia di Theo Hernandez, il propulsore mancino del Milan,che a lungo, prima dell’arrivo di Ibra, si era imposto come unica certezza del povero Diavolo contempora­neo. Ieri Hernandez è stato incenerito, non è casuale che i due gol genoani siano arrivati dalla destra, la sinistra di Theo, con iniziative di Sanabria (0-1 di Pandev) e di Biraschi (0-2 di Cassata). Stessa solfa dall’altra parte, centro-sinistra in cui Criscito e Cassata hanno imperversa­to e seminato insicurezz­e dalle parti di Conti e di Gabbia. Andavano spediti e faticavano a prenderli. Il Milan ha battuto due colpi importanti, Calhanoglu ha imboccato Ibra davanti a Perin e poi Ibra ha restituito il favore al turco-tedesco, ma il portiere è stato vigile, li ha quasi convinti a tirargli addosso. Due sprechi monumental­i, il segno che sarebbe stato un pomeriggio difficile. Il Genoa non è stato padrone nel possesso, ha lasciato al Milan il predominio del pallone per tutta la partita, ma ha ingarbugli­ato le linee di passaggio dei rossoneri, ha costretto i milanisti ad affrettare le giocate oppure a tessere prevedibil­i fili.

Reazione

Diverso copione nella ripresa, quando il Milan è uscito dal torpore, dai retro-pensieri su quel che sarà, e ha forzato lo svolgiment­o, con pressioni irose e con l’occupazion­e militare degli spazi. Le fasce hanno ripreso a funzionare, anche la sinistra di Hernandez, ma la salita era ripida, difficile accorciare il distacco. Serviva un gol subito, però la rete della speranza è arrivata poco oltre la mezz’ora. Un gol abbastanza casuale, più rabbioso che altro. Tiro di Bonaventur­a, respinta di Soumaoro e la palla che è rimasta lì, a uso e consumo di Ibra. A seguire un finale di assalti dettati da una collera sorda. I tifosi non c’erano, ma sembrava di sentirli: perché ci siamo ridotti così, noi che avevamo Gullit e Van Basten? L’eterno ritorno del grande passato rossonero, ma un eventuale 2-2 non avrebbe spostato di un centimetro la riflession­e amara sul Milan che non esce dal purgatorio. È quasi meglio che sia finita così, con la sconfitta. Se catarsi purificatr­ice deve essere, che lo sia fino in fondo, senza sconti. In molti hanno tentato di rianimare il Milan. Che ci provi Rangnick: uno in più uno in meno poco cambia.

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