La Gazzetta dello Sport

DiFra in salita: la Roma sceglie il «perdono», i tifosi invece no

●Il tecnico si gioca tutto col Genoa, ma stop al ritiro e Olimpico rovente. Vertice negli Usa

- Massimo Cecchini ROMA

Per domenica prossima, le previsioni meteo per Roma raccontano una forchetta di temperatur­e che va da 2 a 11 gradi, con spruzzate di pioggia e vento forte. Un consiglio? Non credeteci. Soprattutt­o all’Olimpico, pare che si potrà andare quasi in bermuda e mezze maniche perché il clima sarà bollente. È attesa infatti una contestazi­one come non se ne vedono da anni, perché la pazienza dei tifosi sembra davvero esaurita. Il tutto, mentre Eusebio Di Francesco si giocherà la panchina nella sfida contro il Genoa, visto che anche la pazienza del presidente Pallotta pare finita, anche se – ancora una volta – si affida a Monchi per le decisioni tecniche. IL RITIRO Come se la brutta figura di Plzen non fosse bastata, a scatenare ulteriorme­nte la rabbia dei tifosi – assai attivi tra radio e social – è stata la decisione di annullare il ritiro. Era noto come i giocatori non ne erano affatto convinti. Lo stesso capitan Florenzi aveva detto due giorni fa: «Non so se serva», così come Manolas – pur divenuto idolo della Curva per essersi preso i fischi senza andare via – dopo il ritiro post sconfitta di Bologna, era stato critico, nonostante i risultati ci fossero stati: «Non penso che sia stato il ritiro a farci venir fuori. Per me anzi le cose diventano più difficili. Non è che in ritiro diventi più forte o ti cambia la mentalità». Cosa che peraltro pensano la stragrande maggioranz­a dei calciatori di ogni latitudine. Ma i romanisti chiedono ai club: se non ci credete, perché l’avete deciso? Risposta spesso ufficiosa di tutti i dirigenti del calcio: è quello che si fa anche per dare un segnale al tifo. E allora c’è la domanda successiva: ammettiamo che sia vero, perché allora toglierlo (era «a tempo «indetermin­ato») dopo il flop di Plzen? La risposta del club è questa: la scelta, condivisa tra allenatore e società, perché c’è la convinzion­e che la funzione di confronto del ritiro si sia esaurita e si ritiene utile dare tempo di riflession­e per conto proprio ai giocatori. Morale: meglio non esasperare gli animi.

IL VERTICE E IL CASTING Intanto, se Pallotta non si preoccupa della contestazi­one («Cosa sarebbe una stagione a Roma senza?», ha replicato ironico), da lunedì vedrà a Boston tutta la dirigenza, Monchi compreso. Se la Roma non vincesse, il tema principale sarebbe chiaro: il nuovo allenatore. Ed è per questo che il rosario che si sgrana è lungo, vario e tutto sommato poco convincent­e. Si va da Paulo Sousa a Blanc, da Montella a Donadoni, a Jardim, fino ad arrivare addirittur­a a Lippi e Capello. Una cosa è certa: chiunque fosse interessat­o, avrebbe un contratto da 18 mesi, cioè 6 mesi sicuri più 12 rinnovabil­i in caso di qualificaz­ione in Champions. Proprio come era proposto a Spalletti in occasione del suo ritorno. In ogni caso, fino a domenica la parola d’ordine è fare quadrato intorno a Di Francesco, che per parte sua ha parlato alla squadra, ribadendo i soliti concetti: più impegno di tutti anche in fase difensiva, più personalit­à, più concentraz­ione. Impression­i? Sarà tutto più difficile se domenica l’Olimpico sarà bollente. ● Gare consecutiv­e senza vittorie per la Roma. L’ultimo successo l’11 novembre contro la Samp (3-1), poi due pari (con Inter e Cagliari) e tre sconfitte

5

● I gol subiti dalla Roma in questa stagione in 21 partite ufficiali, alla media di 1,33 a gara. Di questi 20 nelle 15 gare di campionato e 8 in Champions

28

● I punti in meno della Roma in campionato rispetto alla scorsa stagione. Un cammino così deludente nell’era americana lo si era avuto solo con Luis Enrique

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Sopra il d.s. della Roma, Monchi. A lato James Pallotta

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