La Gazzetta dello Sport

Parte la Bundesliga, parla il mito «Il Bayern è ancora invincibil­e»

●L’ex capitano dei bavaresi e della Germania vota per i campioni in carica: «Giovani talenti e zero follie economiche, vinceranno di nuovo. Però un po’ di suspence in più ci farebbe bene...»

- Gianluca Spessot

Ha smesso di giocare da poco più di un anno ma è ancora in perfetta forma. Viene naturale chiedersi se Philipp Lahm, 34 anni, sia davvero un ex giocatore. «L’apparenza inganna, ma curo la mia alimentazi­one e gioco spesso a calcio con mio figlio in giardino e un po’ meno con gli amici di sempre».

La Bundesliga riparte ma sembra tutto scontato.

«Il Bayern è il favorito numero uno e vincerà ancora, ma alla Bundesliga farebbe bene un po’ di suspence con qualche squadra in grado di poter lottare per il titolo durante l’intera stagione. Spero che il Borussia Dortmund torni ai livelli di un tempo. Lo Schalke ha buoni giocatori e la firma del tecnico Tedesco si è vista. Resterà nelle zone alte ma, anche a causa della Champions, sarà difficile confermare il secondo posto. Vedo bene l’Hoffenheim».

Il Bayern vuole vincere senza spendere.

«Si sa che per vincere la Champions servono i fuoriclass­e ma non credo che tireranno fuori 200 milioni, al massimo 60-80. Il Bayern ha una sua filosofia che non prevede pazzie. Preferisce puntare su giovani talenti, possibilme­nte tedeschi».

In Champions tocca alla Juve di Ronaldo?

«La Juve tatticamen­te è sempre al top, ha dimostrato di appartener­e al ristretto gruppo di squadre in grado di vincere la Champions. Ronaldo è uno che non puoi marcare perché calcia perfettame­nte con i due piedi, è forte di testa e, per arrivare alla conclusion­e, basta che gli lasci un centimetro. La sua vera forza è che quando tira è quasi sempre gol».

È vero che con Ancelotti ci si allena poco?

«Quando siamo stati eliminati in Champions non è stato per un problema di forma. Ancelotti ha vinto tutto, è un grande tecnico. Sono felice di averlo avuto come allenatore, anche se qualcosa non ha funzionato».

È vero che Maldini è stato uno dei suoi idoli?

«Negli ultimi anni delle giovanili Maldini è stato un mio punto di riferiment­o. E apprezzo moltissimo il fatto che il Milan si affidi a giocatori che conoscono bene il club e sappiano cosa voglia dire giocare al top. È rimasto sempre legato a una maglia, un grande profession­ista anche fuori dal campo».

Italia e Germania, due nazionali da ricostruir­e.

«Un momento di crisi può essere utile. Mettere tutto in discussion­e può essere il primo passo per ripartire, ma in Germania abbiamo la fortuna che non mancano talenti e penso che non siano necessarie rivoluzion­i ma che basti recuperare il terreno perso. In Italia ho l’impression­e che il rinnovamen­to dovrà essere più profondo e Mancini, con la sua esperienza e le sue grandi qualità, mi sembra essere l’uomo giusto».

Possibile che il caso Özil abbia potuto decidere il Mondiale della Germania?

«Quando la Germania arriva ultima in un gruppo con Messico, Svezia e Sud Corea non ci può essere un solo motivo. Da fuori si è visto che è mancato lo spirito di squadra, non c’era unità. Però Löw ha fatto bene a rimanere. Ha grandi meriti e gli deve essere data la chance di correggere gli errori».

Italia-Germania: pesa più il k.o. del 2006 o quello del 2012?

«Quella del 2006. Giocavamo a Dortmund, c’era grandissim­a euforia. Perdere in semifinale ai supplement­ari fu davvero difficile. Dopo l’1-0 lo stadio ammutolì. Sapevamo che quel Mondiale fantastico era finito in quell’istante. Provai grande amarezza, e una sensazione di vuoto. La semifinale dell’Europeo 2012 è stata una sconfitta che è servita anche a noi giocatori. Se nel 2014 siamo diventati campioni del Mondo dobbiamo dire grazie alla sconfitta di Varsavia contro l’Italia. Resta il fatto che quella semifinale l’avrei vinta volentieri!»

ALLO SCHALKE SI VEDE LA MANO DI TEDESCO. MA LA CHAMPIONS PESA BUNDESLIGA SULLE RIVALI DEL BAYERN

L’Italia però non è solo calcio.

«Quasi ogni anno faccio le vacanze in Italia. Sono stato a Radicofani e mia moglie conosce molto bene Riccione. Due settimane fa ero sul Garda, con i bambini e con i nonni. Ci vado da quando ero un ragazzo».

Lei è imprendito­re e non allenatore. E anche ambasciato­re per Euro 2024. Perché?

«Al momento non posso immaginare la mia vita scandita da allenament­i giornalier­i. Prima di finire la carriera ho pensato al futuro e volevo imparare qualcosa di nuovo, nel mio mondo, e così nel 2015 ho deciso di entrare nella Sixtus, è il marchio sulle valigette dei medici di quasi tutta la Serie A. Quando la Federazion­e mi ha proposto di fare l’ambasciato­re ho accettato subito. Ho vissuto in prima persona l’entusiasmo dei Mondiali del 2006. Allora si è visto come grandi eventi possano servire per creare uno spirito di aggregazio­ne che prima non c’era. Il nostro è un Paese in grado di organizzar­e un grande evento capace di attirare tifosi da tutta Europa. Ha stadi ed infrastrut­ture di prim’ordine ed ha voglia di dimostrare ancora una volta la sua ospitalità. Se otteniamo l’assegnazio­ne, diventerò il capo del Comitato organizzat­ore».

RONALDO NON PUOI MARCARLO. QUANDO TIRA È QUASI SEMPRE GOL CHAMPIONS SUL COLPO BIANCONERO

MALDINI È STATO UN RIFERIMENT­O SCELTA GIUSTA AFFIDARSI A LUI SERIE A SUL MILAN

Faceva il tifo per qualche squadra italiana da bambino?

«No, però nel 1997 feci il raccattapa­lle nella finale di Champions fra Juve e Borussia Dortmund. Fu emozionant­e vedere da vicino i campioni bianconeri ma, da tedesco, tifai per il Borussia. Però solo in quella partita, la mia squadra del cuore è sempre stata il Bayern. Sono troppo legato alla mia città e volevo vincere tutto con il mio club. E per fortuna l’ho fatto».

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● 1 Philipp Lahm, 34, con la Champions 2013● 2 Capitano della nazionale mondiale 2014 ●3 Ambasciato­re dell’Europeo 2024, con la Cancellier­a Merkel e il presidente federale Grindel GETTY, AFP EPA 2
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