Signori, sono 50 «Ricordo ogni gol Io, radiato, ma...»
●«Il Barça mi chiese di insegnare a Neymar a tirare i rigori. Scommesse? Non sono il capo dei capi»
Beppe Signori oggi compie 50 anni. L’attaccante ha attraversato gli Anni 90 da protagonista segnando 188 gol in 344 gare in A ed entusiasmando gli amanti del calcio. Poi la macchia del calcio scommesse, col processo penale che pende, ma una radiazione sportiva che è definitiva e lo inchioda a responsabilità precise.
Se la palla entrava il gol era suo, sempre. Al punto che per anni i tifosi cantavano «segna sempre lui». Effettivamente di reti, in Serie A, Giuseppe Signori ne ha realizzate 188 ed è nella top ten di tutti i tempi. In lui la voglia di gonfiare la rete era talmente forte che ricorda ogni singolo gol. Il bomber d’altronde è così. Nel giorno del suo 50° compleanno ripercorre tutto. A partire dalla rete realizzata a 10 anni in un provino con l’Inter: «Fu il portiere a rinviarmi in faccia – scherza –. Penso che mi presero quasi più perché inteneriti
che per altro. E infatti a 15 anni mi scartarono perché ero troppo piccolo fisicamente».
Ricorda il primo contratto da professionista?
«Lavoravo ancora part-time come elettricista. Poi, raggiunte le 16 presenze stagionali con il Leffe, scattò il contratto da 800mila lire».
Arriviamo a Zeman e al Foggia.
«Zeman fu fondamentale per me. La prima volta che mi vide mi accolse a braccia aperte. “Ciao bomber”, mi disse. Io risposi che si era sbagliato. Avevo segnato appena 5 gol in B. Lui però replicò: “Vedrai...”. Aveva ragione».
Le prime emozioni in A?
«Esordimmo a San Siro contro l’Inter. La notte prima dormimmo in un albergo che affacciava sullo stadio. Non riuscii a chiudere occhio. Ero in stanza con Rambaudi. Guardavamo il soffitto e sognavamo: “A te domani ti marcherà Bergomi”. “E a te Brehme...”».
Il passaggio alla Lazio?
«Un amore fortissimo. Scesero in 5.000 in piazza per evitare la mia cessione al Parma. E pensare che inizialmente avevo paura. Arrivai al posto di Ruben Sosa che aveva fatto 40 gol in quattro anni. Il mio obiettivo era fare come lui, invece segnai 49 reti nelle prime due stagioni. A Roma capii di non essere un attaccante ma un bomber. Come aveva detto Zeman».
Perché andò via?
«In una partita di Coppa Uefa a Vienna, nel 1997, Eriksson mi fece scaldare per 45 minuti senza mandarmi in campo. Ero il capitano, avevo segnato 127 gol, sognavo di raggiungere il record di Piola, non potevo accettare di essere trattato così. Quella notte girai in macchina la città fino alle 6 del mattino, con le lacrime agli occhi».
Subito dopo il suo addio la Lazio cominciò a vincere...
«Sono capocannoniere della Coppa Italia 1997-98, quel trofeo lo considero mio. Dopo lo scudetto del 2000 Cragnotti organizzò un’amichevole col Bologna per coinvolgermi. Non me ne sono mai andato».
Gli anni di Bologna?
«Mazzone era l’uomo giusto per ripartire dopo il trauma Lazio e i mesi negativi alla Sampdoria. Segnai il primo gol, dopo una lunga astinenza, proprio alla sua Roma. “Mortacci tua, mi hai fatto esultare al gol di un laziale contro la Roma”».
Anche lì è re...
«Piazza meravigliosa, non è un caso se in molti a Bologna si rilanciano. Si vive sereni, con tanta passione attorno. Ho il rimpianto della semifinale di Coppa Uefa del 1999. Uscimmo dopo due pari con il gol di Blanc nel finale della partita di ritorno. Avremmo vinto quella coppa, ne sono convinto».
Perché tirava i rigori da fermo?
«Mi venne l’idea vedendo un torneo di freccette. Lì nessuno prende rincorsa. La forza è nemica della precisione. Un anno fa mi ha chiamato il Barcellona per dare consigli a Neymar che da quel momento ha segnato tutti i rigori».
Cosa successe al Mondiale del 1994 con Sacchi?
«Ero capocannoniere, non accettavo di giocare esterno. Ho sbagliato, l’ho capito dopo. Oggi la finale del Mondiale la giocherei pure in porta».
Spera di rientrare nel calcio?
«Sono radiato dal 2011 per lo scandalo scommesse. Ho preso l’ergastolo sportivo. Dopo 7 anni il processo penale ancora non è cominciato. La mia paura è che vada tutto in prescrizione, così non potrei far valere le mie ragioni. Invece mi auguro di riuscire a risultare innocente per poi sperare in un diverso giudizio sportivo. Credo di poter dare qualcosa ancora al calcio, specie ai giovani».
Ma lei è innocente?
«Spero che i gradi di giudizio possano dire ciò. Sicuramente non sono il capo dei capi».