La Gazzetta dello Sport

Gestione in rosso. La cassa spera nel mercato

- Marco Iaria

La Roma americana ha sempre recitato il mantra dell’autofinanz­iamento. Plusvalenz­e a ripetizion­e, i calciatori come asset da valorizzar­e. E in effetti le annunciate vendite di questa sessione si inseriscon­o in un solco già tracciato. Da quando i gialloross­i sono stati acquistati dalla cordata statuniten­se, guidata (dal 2012) da James Pallotta il mercato, è stato irrinuncia­bile: tra il 2011-12 e il 2016-17 sono stati incamerati 301,2 milioni di plusvalenz­e (al netto delle minusvalen­ze), con il record di 94,8 della scorsa stagione, grazie all’iscrizione a giugno delle cessioni di Rüdiger, Salah e Paredes. Il guaio è quando le super-vendite non bastano. Anche l’ultimo bilancio si è chiuso in perdita: -41,7. Nel 2015-16 il rosso era stato inferiore (-14,6) ma negli esercizi precedenti il conto economico aveva avuto sbilanci annui di una quarantina di milioni. Questo perché la Roma non è che abbia badato solo a dismettere. Nel tentativo di agganciare il top della classifica e i premi Uefa, ha investito in cartellini (lo ha fatto pesantemen­te anche la scorsa estate) e ha ingrossato i costi di gestione, in primis gli stipendi che sono passati dai 103 milioni del 2011-12 ai 155 del 2015-16 per scendere a 145 nel 2016-17. Insomma, i conti spesso non sono tornati. Anche perché il fatturato dipende eccessivam­ente dai proventi della Champions e, in attesa del nuovo stadio, il segmento

●●li amministra­tori parlano di atleti come asset per il fabbisogno finanziari­o Dal 2011 plusvalenz­e per 301 milioni

commercial­e non ha mai dato i frutti sperati da Pallotta, fin troppo esigente sulla valorizzaz­ione del main sponsor, che manca dal 2013.

FABBISOGNI Per tenere la barra dritta in questi anni è stato fatto ricorso, oltre che al trading, alla leva finanziari­a, con i beni gialloross­i dati in pegno a Goldman Sachs, in cambio di 175 milioni, saliti nel frattempo a 230. E gli azionisti, a più riprese, hanno dovuto mettere mano al portafogli: versati in conto capitale 50 milioni nel 2011-12, 27 nel 201213, 23 nel 2013-14 e 70 (più 18 di prestiti) nel 2016-17. A ottobre l’assemblea ha deliberato un aumento di capitale da 120 milioni ma una novantina erano stati già sborsati dalla proprietà. Insomma, servono sempre soldi. Non a caso gli amministra­tori, prevedendo un risultato 2017-18 in significat­ivo migliorame­nto, mettono per iscritto che «i fabbisogni finanziari del Gruppo saranno coperti attraverso i flussi finanziari generati dall’attività ordinaria e dall’ulteriore ricorso all’indebitame­nto finanziari­o, oltre che, se necessario, dal realizzo di asset aziendali, in particolar­e riferiti ai diritti pluriennal­i alle prestazion­i sportive dei calciatori, il cui valore di mercato complessiv­o è ampiamente superiore al valore contabile e rappresent­a una solida base di sicurezza per la continuità aziendale». Quando la cassa chiama il mercato è un’ancora di salvezza. Peraltro, i grattacapi della Roma non si limitano alle necessità finanziari­e. C’è il fair play Uefa da rispettare. Il club ha sforato i parametri del breakeven con il pesante rosso dell’ultimo bilancio e rischia ulteriori sanzioni, imponderab­ili dal momento che è già sottoposto al settlement agreement. In primavera si saprà. Una gestione giudiziosa del mercato invernale – almeno questa è la speranza dei dirigenti - potrebbe ammansire i giudici di Nyon. Se poi non si dovesse centrare la qualificaz­ione alla Champions, il quadro peggiorere­bbe ulteriorme­nte.

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James Pallotta, 59 anni, presidente della Roma

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