Roma in pugno
MALAVITA, VIOLENZA E VOGLIA DI RISCATTO LA BOXE È DEI ROM IL MONDO DI ROBERTO SPADA: PALESTRE SEMPRE PIENE E PICCOLI CAMPIONI NELLE PERIFERIE PIÙ DEGRADATE DELLA CAPITALE
L’immagine della parola boxe, sull’insegna della palestra Femus di Roberto Spada, anche ieri ha fatto il giro dei telegiornali. Mentre l’autore dell’aggressione che ha spaccato il naso al giornalista della Rai Daniele Piervincenzi (ex rugbista che oggi su DMax condurrà regolarmente Rugby Social Club alle 14.15 prima di Italia-Figi) veniva caricato sulla macchina dei Carabinieri per un fermo quanto mai tardivo, era purtroppo difficile – come vorrebbe la federazione pugilistica non associare quel vile gesto con una disciplina che in teoria dovrebbe esaltare i valori delle regole e dell’autocontrollo. È la solita storia, l’infinita contraddizione di questo sport che «per ogni uomo che distrugge ce n’è uno che salva», ma che a volte deve allargare le braccia e arrendersi alle circostanze. A volte neanche la boxe, intesa anche come sinonimo di sport in generale, ce la fa e deve cedere alla violenza insita in certe realtà dell’emarginazione economica e sociale. Non è un caso, anzi è proprio una beffa, che proprio Roberto Spada, insieme ai pugili della Femus, lo scorso 7 ottobre si era esibito nel «porto della legalità» in un evento promosso da Coni e Regione per inaugurare la «Casa di tutti», un’area aperta sottratta alla malavita nella marina di Ostia. Così come Domenico Spada, campione italiano dei medi cugino di Roberto, a fine mese organizzerà una delle sue tante riunioni nelle palestre di Ostia con un obiettivo che stona non poco con quanto visto in tv: combattere il bullismo.
I ROM Non c’è dubbio che la boxe, sport di sacrificio e anche di disperazione, nella sua storia abbia attinto soprattutto negli ambienti più poveri, dai ghetti americani alle periferie industrializzate inglesi, dalle
banlieue francesi a tutte le fasce dell’immigrazione, soprattutto dall’Est europeo. Nella progressiva crisi di vocazioni di uno sport in cui i professionisti devono lavorare per sopravvivere e le borse sono ridotte a poche centinaia di euro, la boxe italiana ha finito per trovare terreno fertile in realtà difficili come Marcianise in Campania e nell’etnia rom della periferia romana. È soprattutto qui, fra degrado e violenza, che la durezza della vita ha creato una sorta di scuola pugilistica con ramificazioni nei clan della malavita organizzata. La boxe, come sempre succede, ne ha salvati tanti, ma qualcuno ci è ricascato e in questi clan si è creato anche il principale serbatoio per le riunioni capitoline che, a differenza del resto d’Italia, continuano a raccogliere grande pubblico, fino a 5000 persone. Un’eccezione e anche un controsenso che hanno contribuito a fare di Roma e dintorni la capitale anche della boxe in Italia.
MAPPA PUGILISTICA Difficile se non impossibile delineare i confini, anche perché le eccezioni (come dimostra il caso del gentleman De Carolis, ultimo campione mondiale italiano) sono tante: prevale una certa identità politica, a bordo ring ci sono frequenti episodi di violenza, ma c’è anche grande passione e le palestre svolgono un’attività di recupero, che è un freno all’eversione sociale, da altre parti d’Italia svolto dalle parrocchie. Di fatto la palestra di Roberto Spada fa parte di una realtà pugilistica in cui sono cresciuti ben otto pugili di etnia rom, due dei quali, Domenico Spada e Pasquale Di Silvio, sono attuali campioni d’Italia. Ad Ostia con 85.000 abitanti ci sono tre palestre e un’altra è ad Acilia, a soli tre chilometri. Variegata la collocazione geografica dei pugili rom: Di Silvio è cresciuto a Centocelle, ma si allena ad Acilia col maestro Paciucci, i Casamonica al Tuscolano, gli Spada a Ostia, ma Domenico ha aperto una palestra a Santa Maria delle Mole nel comune di Marino. Il più forte di tutti, Michele Di Rocco, che ha lanciato un appello perché non riesce a combattere in Italia, è apparentato coi rom romani, ma viene da una famiglia che ha girato l’Italia col carretto e si è fermata a Perugia.
I PUGILI Non è un caso se due Casamonica, Romolo e Sandro, membri della famiglia più potente dell’etnia Rom, hanno combattuto per il titolo europeo alla fine degli Anni 80 e 90. Poi ci sono i fratelli Antonio e Guerrino, che hanno svolto un’attività professionistica minore e l’ultima promessa Armando convocato per i Mondiali e gli Europei Youth al limite dei 18 anni. Cinque pugili della famiglia Casamonica che non hanno più problemi con la giustizia e continuano ad onorare il pugilato. Ricordiamo nell’88 la sconfitta di Romolo per l’Europeo al Palazzetto di Viale Tiziano contro il francese René Jacquot: nello spogliatoio aveva perso l’atteggiamento da duro e piangeva disperatamente: «Ho disonorato l’Italia e la mia gente, mi vergogno». A dimostrazione di quanto tenesse al successo come simbolo, prima ancora che per il valore monetario. Domenico Spada e Michele Di Rocco sui ring di tutto il mondo hanno sempre innalzato simbolicamente la bandiera dei rom: orgoglio e pregiudizio. C’è però da fare molta attenzione alle etnie perché le parentele sono complesse: a volte molto strette, altre volte diversificate. Anni fa in occasione di un arresto di un gruppo dei Casamonica, chiedemmo a Romolo e Sandro notizie in merito e fu divertente la risposta di Romolo: «Parenti? Non lo so. Probabilmente saranno dei cugini, ma mio padre ha brindato quando ha saputo che erano finiti in carcere, perché è un gruppo che ha sempre odiato».
SPADA Domenico Spada, che non ha preso le distanze dal gesto del cugino Roberto, come hanno fatto molti ostiensi intervistati dalla tv, ha avuto e ha tuttora seri problemi con la giustizia, accuse che hanno portato all’arresto subito dopo la sconfitta con Murray a Montecarlo nell’ottobre 2014. Il «Vulcano» è stato anche campione del mondo Silver e ha ricevuto il collare d’oro dal Coni. Uscito dal carcere ha festeggiato riconquistando a 37 anni il titolo italiano dei medi contro Andrea Manco a Ugento. Ed a prescindere dai guai giudiziari, seguita ad allenare, dirigere la sua palestra e organizzare. Nella riunione del 25 novembre contro il bullismo combatterà anche lui e a Ostia ci sarà probabilmente anche qualche tv che vorrà riprenderlo dopo i fatti recenti. Il più bravo al momento è Pasquale Di Silvio, nipote di Domenico Spada, che il 21 ottobre contro Invernizio è diventato campione italiano dei superleggeri per la quinta volta e nel 2014 ha combattuto contro Emiliano Marsili per l’Europeo di categoria perdendo ai punti. Per una disavventura aveva litigato col manager Buccioni, ma per fare pace è bastato un bicchiere di vino. Una cosa è sicura: negli ultimi 25 anni nelle riunioni con pugili rom non si sono mai viste le risse come quella del 2016 che ha coinvolto il pugile Mirco Ricci, poi finito in carcere come l’altro beniamino romano immigrato Oriel Kolay. Sui legami fra boxe e malavita romana non si è mai fatta completa luce, ma quando sono sul ring, gli Spada e i Casamonica, pensano solo ai pugni coi guantoni.
Gli Spada protagonisti di iniziative contro il bullismo: il 25 novembre coi guantoni pure Domenico In un quartiere di 85mila abitanti ben tre palestre e riunioni con 5000 appassionati a bordo ring