Lavezzi, quello striscione galeotto e gli strani legami con un ex boss
Lo ha svelato il pm della Dda all’Antimafia Bindi: «Vogliamo difendere i tifosi dai clan»
Gli strani contatti di Lavezzi con un boss della camorra, le infiltrazioni nelle curve del Napoli con la spartizione dei settori decisa a tavolino, la presenza fissa di un capo clan sul prato del San Paolo grazie al pass da giardiniere. La nuova audizione della Commissione Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, ha riportato alla luce passaggi inquietanti risalenti al 2010, mentre resta attuale il pericolo del calcio come facile preda degli appetiti di vari clan. Sono state le parole di Enrica Parascandolo, sostituto procuratore della Dda di Napoli, a far scattare l’ennesimo allarme. «Se qualcuno - ha sottolineato la Bindi - pensa che si vogliano giudicare il tifo o le curve sta sbagliando, è proprio perché si vogliono difen- derle che si fa una indagine simile. Considero sorprendente questa sottovalutazione».
LO STRISCIONE PILOTATO La storia più inquietante emersa è il profondo legame instaurato da Lavezzi (ora gioca in Cina) col boss pentito Antonio Lo Russo. Secondo il pm il giocatore chiese e ottenne un intervento in suo favore. « Ci ha raccontato ( il boss, ndr) che i tifosi delle due curve dovevano esporre uno striscione tipo “Lavezzi non si tocca”. E nonostante le rivalità tra i clan la scritta fu esposta in entrambi i settori. In cambio il giocatore avrebbe fatto una promessa: non si sarebbe trasferito in Italia, ma solo all’estero come poi accaduto (finì al Psg, ndr)». Nell’audizione è stato anche spiegato che la presenza di Lo Russo (immortalato in una foto durante la gara col Parma quando ancora non era latitante) a bordo campo non era «occasionale», ma continua grazie al pass da giardiniere. Le indagini hanno dimostrato che il Napoli era all’oscuro di tutto e in seguito si è attivato per recidere ogni possibile zona grigia, compresi i contatti coi capi ultrà sulla questione biglietti. «Abbiamo riscontra- to la massima collaborazione del Napoli durante l’inchiesta - ha spiegato la Parascandolo -. Risultano frequentazioni del vertice del club con i clan per acquietare la curva? No, ci sono state indagini in questa direzione».
LA SCHEDA Altro passaggio delicato su Lavezzi: era in possesso di una scheda telefonica fornita dal boss. Così il pm: «Lo Russo ci ha riferito che serviva a evitare il rischio che partendo dalle chiamate di Lavezzi si arrivasse a identificare la sua utenza». Un passaggio che ha lasciato perplessa la Bindi: «Non vorrei che i colloqui da non intercettare fossero proprio quelli». Il discorso sulla camorra potrebbe ampliarsi con l’audizione del procuratore capo di Napoli. Il 3 maggio toccherà al capo della polizia Gabrielli riferire all’Antimafia.