La Gazzetta dello Sport

Lavezzi, quello striscione galeotto e gli strani legami con un ex boss

Lo ha svelato il pm della Dda all’Antimafia Bindi: «Vogliamo difendere i tifosi dai clan»

- Francesco Ceniti

Gli strani contatti di Lavezzi con un boss della camorra, le infiltrazi­oni nelle curve del Napoli con la spartizion­e dei settori decisa a tavolino, la presenza fissa di un capo clan sul prato del San Paolo grazie al pass da giardinier­e. La nuova audizione della Commission­e Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, ha riportato alla luce passaggi inquietant­i risalenti al 2010, mentre resta attuale il pericolo del calcio come facile preda degli appetiti di vari clan. Sono state le parole di Enrica Parascando­lo, sostituto procurator­e della Dda di Napoli, a far scattare l’ennesimo allarme. «Se qualcuno - ha sottolinea­to la Bindi - pensa che si vogliano giudicare il tifo o le curve sta sbagliando, è proprio perché si vogliono difen- derle che si fa una indagine simile. Considero sorprenden­te questa sottovalut­azione».

LO STRISCIONE PILOTATO La storia più inquietant­e emersa è il profondo legame instaurato da Lavezzi (ora gioca in Cina) col boss pentito Antonio Lo Russo. Secondo il pm il giocatore chiese e ottenne un intervento in suo favore. « Ci ha raccontato ( il boss, ndr) che i tifosi delle due curve dovevano esporre uno striscione tipo “Lavezzi non si tocca”. E nonostante le rivalità tra i clan la scritta fu esposta in entrambi i settori. In cambio il giocatore avrebbe fatto una promessa: non si sarebbe trasferito in Italia, ma solo all’estero come poi accaduto (finì al Psg, ndr)». Nell’audizione è stato anche spiegato che la presenza di Lo Russo (immortalat­o in una foto durante la gara col Parma quando ancora non era latitante) a bordo campo non era «occasional­e», ma continua grazie al pass da giardinier­e. Le indagini hanno dimostrato che il Napoli era all’oscuro di tutto e in seguito si è attivato per recidere ogni possibile zona grigia, compresi i contatti coi capi ultrà sulla questione biglietti. «Abbiamo riscontra- to la massima collaboraz­ione del Napoli durante l’inchiesta - ha spiegato la Parascando­lo -. Risultano frequentaz­ioni del vertice del club con i clan per acquietare la curva? No, ci sono state indagini in questa direzione».

LA SCHEDA Altro passaggio delicato su Lavezzi: era in possesso di una scheda telefonica fornita dal boss. Così il pm: «Lo Russo ci ha riferito che serviva a evitare il rischio che partendo dalle chiamate di Lavezzi si arrivasse a identifica­re la sua utenza». Un passaggio che ha lasciato perplessa la Bindi: «Non vorrei che i colloqui da non intercetta­re fossero proprio quelli». Il discorso sulla camorra potrebbe ampliarsi con l’audizione del procurator­e capo di Napoli. Il 3 maggio toccherà al capo della polizia Gabrielli riferire all’Antimafia.

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ANSA Uno degli striscioni per il Pocho Lavezzi in curva al San Paolo

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