EUROPA LEAGUE MANITA NAPOLI SARRI RESPIRA LAZIO, PARI BEFFA
Avanti con Milinkovic-Savic, Pioli manca il raddoppio in due occasioni Poi una distrazione collettiva nel recupero spiana il pari di Seleznyov
Gli azzurri schiantano il Bruges Resta a secco solamente Higuain La squadra di Pioli raggiunta al 94’
Una distrazione, una sola, per tirare fuori dalla tasca una vittoria e buttarla via. Una quindicina di secondi dopo l’ultimo minuto di recupero, facendo male tutto quello che era stato fatto bene fino a quel momento: un pallone lasciato lavorare ad Anderson Pico sulla linea di fondo, un metro di libertà a Matos per crossare, un mondo di libertà a Seleznyov, fino a quel momento prigioniero delle sicurezze di Hoedt, per schiacciare di testa il pallone dell’1-1 e confermarsi una nostra maledizione (4 dei suoi 8 gol in Europa League contro squadre italiane). La vittoria della Lazio è svaporata così, nel silenzio di uno stadio a porte chiuse, al minuto 94: non sarebbe bastata a rimarginare la ferita Bayer Leverkusen, ma poteva essere una vittoria molto pesante per condizionare subito il girone e vedere l’erba di questa torneo ancora più verde.
SOLIDA Ma al di là del mezzo suicidio, e dei limiti di un Dnipro piuttosto deludente rispetto alla squadra finalista della passata edizione, e che per di più gioca in campionato da metà luglio, la Lazio non è dispiaciuta: solida, sicura, consapevole. Più compatta che pericolosa, e comunque studiata bene da Pioli al di là del suo turnover ragionato: il Napoli da affrontare domenica è un pensiero, ma l’Europa League non è una punizione per espiare il peccato dell’eliminazione nel playoff di Champions. Il tecnico ha disegnato una squadra che ha chiuso il Dnipro dove di solito Markevych punta a farlo straripare, lo ha inaridito alla sorgente del suo gioco. Il centro di gravità ucraino è Rotan, le cui scelte determinano i movimenti del resto della squadra: il capitano fa l’elastico che accorcia o allunga la squadra, detta le incursioni di Matos e soprattutto Matheus che scivola presto a sinistra, ne favorisce i tagli avvicinandosi a Seleznyov, che senza più l’ombra di Kalinic è il riferimento offensivo indiscus- so, ma vive una serata di difficoltà, chiuso nel bunker HoedtGentiletti.
OK MILINKOVIC È proprio sulle fasce, dove di solito schizza velenoso, che il Dnipro fatica a trovare sbocchi: perché Fedetskiy non è la solita freccia, ma soprattutto perché Pioli ha da Felipe Anderson e anche da Kishna l’aiuto necessario per evitare affanni a Konko e Radu. A costo di perdere qualcosa in fase offensiva, almeno finché Milinkovic non trova la sua dimensione, che non è quella del trequartista ma del centrocampista (centrale o interno) che ha fisico, ma anche tecnica, per colpire per vie centrali. La sua tendenza ad arretrare è istintiva, e così trasforma il 4-2-3-1 in un 4-3-3, ma la porta resta sempre una tentazione, come si vede al 34’, quando su punizione il serbo sbuca dietro Douglas per andare a colpire di testa una punizione rasoiata da Kishna e interrompere l’imbattibilità interna del Dnipro, che durava da 553’. LA DISTRAZIONE La Lazio aveva già sfiorato il gol con Matri (16’, paratona sul primo palo di Boyko), e con Felipe Anderson avrebbe sprecato poco dopo il contropiede del 2-0. Rimpianti che sarebbero diventati rimorsi solo molto dopo, a partita che sembrava già tramontata. Perché anche il secondo tempo era parso scivolare via tranquillo, nonostante la trazione anteriore scelta da Markevych: Danilo nuovo trequartista con Rotan arretrato, Ruiz nuovo esterno offensivo con Matos sulla linea difensiva. L’unico brivido al 36’ con una doppia parata di Marchetti su Pico Anderson e Edmar. Ma quella distrazione era in agguato, e aver fermato l’emorragia di tre sconfitte su tre lontano dall’Olimpico (Shanghai, Leverkusen, Verona) e la corsa del Dnipro (cinque vittorie nelle ultime cinque gare europee in casa, senza prendere un solo gol) resta una consolazione a metà: sì, per alcune cose è una Lazio ancora imperfetta.
I laziali giocano bene e sono compatti, pur con il turnover ragionato in vista del Napoli Matri e Felipe Anderson potevano chiudere la sfida, ma comunque la squadra è piaciuta