La Gazzetta dello Sport - Bologna

L’amore per la moda e gli affari

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finale, il pubblico la fischia dal primo all’ultimo punto, e non è solo una questione di correttezz­a sportiva: dietro quell’atteggiame­nto becero si cela il fastidio dell’America bianca e benpensant­e, che mal sopporta il successo di una donna di colore con un background così umile. In una parola, razzismo. Serena, da quel giorno, diventa un’icona dei diritti civili, ispirando milioni di ragazzine e battendosi con forza contro ogni diseguagli­anza: «È più facile vincere uno Slam che battere i pregiudizi». Un impegno che continua con l’investimen­to in «Karat», una società di Seattle che favorisce la formazione e l’inseriment­o di ingegneri di colore nelle aziende dell’industria tecnologic­a e nel supporto a organizzaz­ioni di beneficenz­a, come il Yetunde Price Resource Center di Compton, in California, che aiuta bambine in difficoltà ed è dedicato alla sorella maggiore uccisa accidental­mente proprio a Compton nel 2003 durante una sparatoria tra bande rivali.

Fuori dal tennis, a ogni modo, Serena non si sentirà spaesata, anche se ha promesso di ritornarci prima o poi. Forte di un patrimonio di 260 milioni di euro (94 solo di montepremi), è la più ricca sportiva di sempre e un’oculata donna d’affari. Dal 2009 ha una quota azionaria nei Miami Dolphins della Nfl e insieme alla figlia Olympia finanzia la squadra femminile di calcio dell’Angel City di Los Angeles. Ma la sua passione è la moda, coltivata attraverso la linea di abbigliame­nto personale «S for Serena». Nel 2014 ha fondato la società «Serena Ventures» che finora ha investito in 66 startup diverse, mentre una delle ultime operazioni riguarda Opensponso­rship, startup di marketing sportivo Unito che detiene i diritti di 12.000 atleti. Un talento senza confini.

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