editoriale
Il primo avviso ai naviganti della rete è di andar prudenti. Provate a cercare “pappa al pomodoro”. Numerosi siti ne danno la ricetta, poi, tentati dal blasone, la attribuiscono all’Artusi. Non lasciatevi irretire. Se si sfoglia l’indice de La scienza in cucina e lÕarte di mangiar bene e si spulciano tutte le ricette che potrebbero riferirsi a una minestra simile, non se ne viene a capo. Della pappa al pomodoro non c’è traccia. Eppure, il banchiere gastronomo, anche se era romagnolo, abitava a Firenze, e figuriamoci se non conosceva questa tipicissima zuppa. No, l’ha scartata a bella posta, con tanti altri piatti per lui troppo poveri. Quei pochi che include si sente in dovere di giustificarli. Lo fa, per esempio, per la “Zuppa toscana di magro alla contadina” dicendosi persuaso che “sarà gradita a tutti, anche dai signori, se fatta con dovuta attenzione”… e non la chiama nemmeno col suo vero nome (sarebbe la base della celebre ribollita). Insomma, come notava con intelligente spirito critico Angelo Paracucchi, grande innovatore della nostra cucina e primo cuoco italiano che aprì un grande ristorante a Parigi negli anni Ottanta, all’Artusi mancano tante cose. A noi invece la cucina popolare piace moltissimo. Bada alla bontà della sostanza, va dritta al cuore, e spesso non si cura della forma. E qui interviene Davide Oldani, che a pag. 44 divide sapori e consistenze, e con il pomodoro crudo da una parte e il pane dall’altra in forma di gnocchetti, ricrea il piatto e lo fa nobile, più fresco, più ricco con lamelle di seppia. Tradizionale e nuova, la pappa al pomodoro è la nostra bandiera dell’estate. Si mangia anche fredda, è saporita e sana (merito delle tante virtù del pomodoro, che il nostro nutrizionista racconta a pag. 116). Il suo più grande sostenitore fu un ragazzino irresistibile, contemporaneo e concittadino dell’Artusi: Gian Burrasca, protagonista dell’esilarante Giornalino di Vamba. Gli arriva a mensa in collegio, rossa e profumata, un inno alla libertà dopo giorni e giorni di minestra di riso e perfide brodaglie. Al grido di “Viva la pappa col pomodoro”, preparatevi ai giorni più caldi, e con divertimento e leggerezza cercate nelle prossime pagine le idee più fresche e invitanti: insalate di cereali, carpacci di terra e di mare, mangiaebevi di verdura e frutta, per finire col cetriolo. In cucina è spesso bistrattato e in passato fu perfino additato a simbolo della perdizione, forse perché è acquoso e di poca sostanza, e veloce nel riprodursi. Gli si riserva a mala pena qualche insalata ogni tanto. Ma col caldo è benefico: lo abbiamo perdonato e gli dedichiamo il dissetante servizio a pag. 46. Nei bei giorni di vacanza, all’ombra di un albero o sotto l’ombrellone, riprendete in mano Il giornalino di Gian Burrasca. Il miglior contorno per la più simpatica delle zuppe italiane.