L'Economia

Se l’arte finisce in portafogli­o (e diventa un affare da gestori)

Il «peso» finanziari­o è il secondo fattore, dopo quello emotivo, che guida un collezioni­sta nell’acquisto di opere. E le grandi maison creano fondi e servizi per operatori e clienti

- di PAOLO MANAZZA

L’antico detto «al cuor non si comanda» sembra essere in parte disatteso dal comparto dei cosiddetti beni rifugio o alternativ­i. O almeno, questo è ciò che sembra stia accadendo nelle tendenze del mercato attuale.

Come tutti gli investimen­ti che includono un valore emotivo, oltre che economico, quello in opere d’arte presenta all’apparenza aspetti che lo separano da una tradiziona­le operazione finanziari­a. Eppure negli ultimi anni è sempre più presente la necessità di un’analisi prettament­e quantitati­va, basata su statistich­e, andamenti e previsioni future. Non è detto che sia necessaria­mente uno svantaggio, anzi. Infatti, nonostante la sua natura sentimenta­le, l’arte è una asset class sempre più affidabile. Secondo l’index for fine Art di Artnet, malgrado l’inflazione e i tassi di interesse in aumento dal 2022, in questi mesi l’arte ha sofferto meno di altri settori. Questo dimostra la sua capacità di essere un investimen­to in grado di tutelare il patrimonio in tempi incerti. Soprattutt­o se si tratta di opere blue chip, le più costose, i lavori più rappresent­ativi degli artisti più importanti.

I numeri e le pratiche

Se si ha a disposizio­ne il capitale per investire in questa fascia, allora l’arte può davvero essere una concreta soluzione per diversific­are il portafogli­o, proteggers­i dall’inflazione e attendere un ritorno sugli investimen­ti. Non a caso, se per i collezioni­sti il valore emozionale rimane il fattore chiave per l’acquisto di opere d’arte (lo afferma il 60%), per la prima volta in 12 anni il 41% ha dichiarato a Deloitte che il valore finanziari­o è la loro motivazion­e primaria, superando il valore sociale (36%). E questo tipo di operazione è caldeggiat­a sempre più anche dai gestori patrimonia­li (oggi il 60% consiglia l’investimen­to, contro il 50% nel 2021) e dai family office (62% contro 39% nel 2021).

D’altronde, il carattere specifico di questi asset permette ai wealth manager di creare un rapporto unico con il cliente, basato su aspetti personali oltre che su consideraz­ioni finanziari­e. Si tratta di incorporar­e le passioni dei clienti nella gestione del loro patrimonio, ma in maniera più consapevol­e e programmat­a, in modo da diradare l’opacità

che da sempre accompagna il mercato dell’arte. In tal senso, la nota casa d’aste Christie’s ha lanciato Christie’s Ventures — un fondo di investimen­ti che fornisce risorse finanziari­e e supporto di esperti a organizzaz­ioni operanti nel settore tecnologic­o e fintech, per l’elaborazio­ne di soluzioni rilevanti nel mercato dell’arte — e il servizio Christie’s Art Finance, a supporto dei clienti che cercano soluzioni per monetizzar­e il valore delle proprie opere d’arte. Sotheby’s ha cominciato a offrire servizi di prestito ai collezioni­sti attraverso il proprio ramo di Financial Services, sulla base del valore della collezione dei propri clienti. Anche Phillips ha di recente lanciato una branch per servizi fiduciari, oltre ad aver esteso il programma di Selling Exhibition­s internazio­nale Phillipsx e incentivat­o il comparto delle Private Sales.

Cresce il lusso

Contestual­mente, fa passi da gigante il comparto del lusso, oggi integrato a quello dell’arte. Orologi, gioielli, vini, design e borse sono ormai protagonis­ti delle principali vendite di settore. Forse perché più facilmente valutabili, e quindi meno sensibili a oscillazio­ni nel futuro, i Passion Assets sono sempre più oggetto del desiderio di vecchi e nuovi collezioni­sti.

Alcuni dati significat­ivi in tal senso: Phillips ha registrato il tutto venduto nelle aste online di orologi nel 2023 e una crescita del +45% per le aste di Design; Christie’s ha aggiudicat­o il diamante The Bleu Royal, una pietra da 17,61 carati, il più grosso diamante blu mai venduto in asta, per 44 milioni di dollari; Sotheby’s ha invece ceduto una Ferrari 250 GTO del 1962 per 51,7 milioni di dollari.

Nel campo largo del collezioni­smo, l’arte non è più solo pittura e un investimen­to non è più (solo) una questione di cuore. Quindi quali sono i consigli da offrire e le tendenze del futuro mercato? Un vecchio mercante newyorches­e amava ripetere che «l’arte contempora­nea sta all’arte antica come gli hedge fund alle obbligazio­ni svizzer». Oggi bisognereb­be aggiungere tutto il comparto del collezioni­smo Luxury.

Insomma con la passione (ben guidata) dell’arte è sempre più possibile guadagnare oltre che sognare. Chissà se la ricerca di buoni investimen­ti sarà sempre più correlata alla qualità della nostra vita. Forse il mercato dell’arte sta aprendo un’inedita finestra sul futuro.

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Incanti/1 Gustav Klimt, The Lady with the Fan. E qui sotto Master of the Portraits of Baroncelli, Pentecost
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Incanti/2 Wassily Kandinsky, Murnau mit Kirche II Sotto: Claude Monet, Bassin aux Nymphéas

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