«LE AGEVOLAZIONI PER INDUSTRIA 4.0 SIANO PERMANENTI SENZA DIGITALE NESSUNO SVILUPPO PER IL MADE IN ITALY»
Quando parli con Barbara Colombo tutto sembra facile. La nuova presidente di Ucimu, l’associazione delle imprese produttrici di macchine utensili, ti racconta del suo lavoro in azienda — incontri con i sindacati, gestione delle filiali estere, consegne da gestire nonostante il Covid — con la stessa naturalezza e semplicità con cui snocciola i suoi impegni di moglie e mamma di due figli maschi di 14 e 17 anni. Non bisogna lasciarsi ingannare. Nel vocabolario «industria» e «fabbrica» sono sostantivi femminili, ma i cliché dentro ai reparti sono ancora tutti maschili. Arrivare fin qui non deve essere stata una passeggiata. «Il fatto è che per me la fabbrica è un ambiente familiare — spiega Colombo —. Ricordo quando da bambina mio padre mi portava nello stabilimento di sabato o di domenica, perché c’era un controllo da fare, qualcosa da preparare per fare iniziare bene la settimana.
Per questo in fabbrica mi sento a casa».
La signora è impaziente di raccontare la sua visione rispetto al futuro dell’associazione, le istanze da presentare al governo... Ma andiamo con ordine. E le chiediamo prima di mostrarci la sua carta d’identità professionale.
Casa Stabilimento
Cinquant’anni, Colombo a 21 aveva già finito gli esami in Bocconi. Per alcuni anni ha lavorato nel mondo della finanza occupandosi di gestioni di patrimoni. A 25 anni è entrata nell’azienda di famiglia, attraversando un po’ tutti i settori. Dall’anno scorso è amministratrice delegata, assieme al fratello Christian. Il gruppo si trova a cinque chilometri da Varese, ha di recente tagliato il traguardo dei 150 milioni di fatturato e dà lavoro a 500 dipendenti. Il papà, Ezio, ha mantenuto il ruolo di presidente. In azienda ci sono anche lo zio Claudio, il cugino Luca e un altro fratello, Nicholas. Ficep è il settimo gruppo per dimensioni nel settore delle macchine utensili. È stato fondato dal nonno e dalla bisnonna (evidentemente le donne nella famiglia Colombo hanno sempre avuto un ruolo) nel 1930 per produrre cesoie e punzonatrici: Ficep sta appunto per «Fabbrica italiana cesoie e punzonatrici». Tre generazioni si sono già avvicendate nei reparti. «Quando l’azienda si è allargata ha inglobato la casa dove mio padre è nato. Nel dopoguerra abbiamo progressivamente ampliato la gamma dei prodotti. Oggi produciamo macchine e impianti per lavorare profili e travi d’acciaio, angolari, piastre. I nostri clienti sono i grandi carpentieri. Abbiamo lavorato per esempio anche per la ricostruzione del ponte di Genova. In pratica una trave entra nelle nostre macchine ed esce punzonata, marcata, lavorata. Pronta per essere utilizzata per costruire stadi, tralicci, cavalcavia... Poi abbiamo una divisione che produce macchine e impianti per stampaggio a caldo. Si parte dalle billette d’acciaio per ottenere pezzi dagli utilizzi più diversi: parti di una valvola, protesi in titanio, flange, persino i fondelli delle pentole». In realtà Ficep non è l’unica azienda di famiglia. «Mio nonno da parte di madre era un aviatore inglese, dopo la Seconda guerra mondiale si trasferì a Varese, e qui cominciò a produrre acqua di colonia con il marchio Rose & Co. Manchester». Venne venduta negli anni 90. Ficep invece proprio in quel periodo ha accelerato. «Oggi abbiamo 17 filiali nel mondo, dagli Usa al Medio Oriente, ed esportiamo il 90% del prodotto». Ma la motivazione alla fine è rimasta la stessa. Sintetizza Colombo: «Niente da più soddisfazione che vedere le materia prima trasformarsi in un pezzo lavorato».
Stato di salute
Le aziende associate Ucimu sono 240. Hanno in media 60-70 dipendenti contro i 300 di quelle tedesche. Negli ultimi anni hanno fatto buoni fatturati grazie
L’impresa di famiglia, Ficep, e l’attività di rappresentanza: chi è la nuova presidente di Ucimu, la Confindustria della meccanica strumentale. «Orizzonte lungo per gli incentivi alla trasformazione delle aziende. Per programmare gli investimenti»
Quando l’azienda della provincia di Varese è cresciuta ha inglobato la casa paterna È necessario puntare sulla scuola e su settori chiave come automotive e infrastrutture
all’export, ma con la pandemia quello che era un vantaggio è diventato un freno. «Il servizio per la messa in opera delle macchine è importantissimo — spiega la presidente —. Il problema è che ora andare in un altro continente a seguire un’installazione è difficile, talvolta impossibile».
Lo stato di salute del settore macchine utensili rispecchia quello dell’industria: quando le imprese rinnovano il parco macchine tutto il sistema è più competitivo. «Ora l’emergenza Covid ha rivoluzionato i nostri programmi e si naviga a vista — dice Colombo —. Ma ci sono alcuni punti da cui partire». Il primo? «Gli incentivi alla digitalizzazione con il piano Transizione 4.0 devono diventare strutturali o, almeno, avere un orizzonte di cinque anni per permettere alle aziende di pianificare gli investimenti. Bene il meccanismo del credito d’imposta che può essere utilizzato anche dalle imprese che non sono in attivo scontando l’agevolazione sui versamenti dei contributi dei dipendenti. Ma avrebbe senso lasciare aperta anche la strada del super e iperammortamento. Bisogna inoltre potenziare gli incentivi alla formazione 4.0». Per la verità il Mise ha fatto notare che le agevolazioni ci sono già ma non sono state sfruttate... «Il problema è che oggi esistono compensazioni per il tempo che i dipendenti dedicano alla formazione ma non sconti sulla spesa viva per pagare i formatori. Si tratta di parcelle particolarmente onerose per i bilanci delle piccole imprese», lamenta Colombo. Che aggiunge: «Per le piccole-realtà sono fondamentali anche i sostegni all’export. Molto stiamo facendo con Simest, che ci ha aiutato a portare avanti progetti importanti. Bisogna andare avanti su questa strada».
Basta così? «Per la verità ci sarebbe ancora un altro capitolo — conclude la presidente —. Forse il più importante, e non solo per Ucimu: è necessario un piano di investimenti nei settori che fanno da volano alla crescita, infrastrutture e automotive in primis. Oltre che sulla scuola, a partire dagli Its. Solo così potremo davvero far ripartire il motore inceppato dello sviluppo».