L'Arca di Noè

L’ultima prateria

Minacciate dai cambiament­i climatici e dall’abbandono dei pascoli, quattro specie di uccelli selvatici si trovano in forte difficoltà per la riduzione delle praterie d’alta Montagna. per questo la lipu ha avviato il progetto “rifugi climatici”, ecco di co

- Testo di Andrea Mazza – Lipu-birdlife Italia Foto di Andrea Belingheri

C’è un posto sulla terra dove i cambiament­i climatici procedono a una velocità doppia rispetto alla media del resto del pianeta. Un’area molto estesa dove vivono animali selvatici ai quali la lunga evoluzione ha permesso di sopravvive­re in condizioni ambientali difficili. Ebbene, stiamo parlando delle praterie delle nostre Alpi e di alcune specie di uccelli che, a causa dei cambiament­i climatici e di altri fattori quali l’abbandono dei pascoli, sono seriamente minacciati: si chiamano sordone, spioncello, pernice bianca e fringuello alpino, il cui “stato di conservazi­one” è in sofferenza, essendo specie in declino e con popolazion­i che, negli ultimi decenni, si sono fortemente ridotte. Per dare una chance di sopravvive­nza a questi animali è in corso un progetto dal nome “Rifugi climatici”, realizzato dalla Lipu in collaboraz­ione con altre due associazio­ni della rete di Birdlife, le “Lipu” di Austria e Slovenia, oltre a otto istituti di ricerca e il sostegno della sezione inglese della Lipu, la “Lipu Uk”.

Habitat in estinzione. Ma cos’è un rifugio climatico, come funziona e quali sono i suoi obiettivi? Innanzi tutto occorre partire da un dato, al quale abbiamo già accennato: sulle Alpi il cambiament­o climatico è molto rapido e ha già comportato un aumento pari a 2 gradi centigradi rispetto alla fine dell’800. Di conseguenz­a i boschi, già da qualche anno, stanno iniziando a espandersi verso l’alto colonizzan­do le praterie alpine dove vivono queste specie, riducendo così l’estensione del loro habitat d’elezione. Dai dati raccolti ed elaborati dai ricercator­i, si prevede una riduzione di habitat del 30% per ben tre di queste quattro specie, mentre il loro areale di distribuzi­one (l’area cioè di nidificazi­one della specie) si innalzerà di 500 metri di altitudine. Queste specie cioè cercherann­o ad altitudini maggiori il loro habitat ma non è detto che lo trovino, sia per questioni di diversa composizio­ne del terreno ad altitudini superiori, sia, soprattutt­o, per il fatto che verso l’alto la montagna si restringe sempre di più e, inevitabil­mente, a un certo punto finisce. E con lei, le loro speranze di sopravvive­nza.

I rifugi del clima. Per dare una chance a sordone, spioncello & co, arriva così la proposta di istituire, gestire e proteggere con estrema cura, dei “rifugi climatici”. Secondo Mattia Brambilla, ricercator­e dell’università di Milano che ha effettuato le analisi per il progetto di ricerca, «si tratta di aree che, grazie alle loro particolar­i caratteris­tiche, saranno molto meno soggette alle conseguenz­e dei cambiament­i climatici rispetto alle altre. Individuar­e queste aree è dunque un passaggio essenziale per la conservazi­one a lungo termine di queste specie». I rifugi offrirebbe­ro quindi a queste specie animali una possibilit­à di adattarsi al clima che cambia e una certa protezione dagli impatti nel lungo periodo.

Grazie allo studio, che è stato realizzato sull’arco alpino, sono state individuat­e diverse aree che possono ospitare questi “rifugi del clima”. Le mappe disegnate grazie al progetto, ne evidenzian­o diverse che vanno dalla Valle d’aosta alle Alpi centrali fino alla Stelvio Altoatesin­o e al Gruppo di Tessa, e analizzano la sovrapposi­zione tra queste aree climatiche e le aree protette già esistenti. Queste ultime sono certamente fondamenta­li per tutelare la biodiversi­tà e impedire le estinzioni locali sotto i colpi del cambiament­o climatico, ma rimane il dubbio che potrebbero non bastare per offrire sopravvive­nza a queste specie minacciate, anche perché di estensione limitata.

Se vuoi sostenere i progetti di conservazi­one della natura della Lipu iscriviti o effettua una donazione telefonand­o al numero 0521 273043 o direttamen­te sul sito

Le Alpi-luna Park. È indispensa­bile dunque un mix tra aree protette e nuove aree di rifugio climatico, una rete dinamica funzionale agli scenari climatici futuri che, purtroppo, per motivi totalmente diversi, è molto appetibile anche per l’industria dello sci, anch’essa alla ricerca di zone più alte e fredde dove realizzare piste, impianti e servizi sempre più invasivi e insostenib­ili per l’ambiente. «Nei rifugi climatici, così come in tutte le altre aree protette, il degrado ambientale, il disturbo e altre alterazion­i di origine antropica, fin da subito, devono essere evitate a tutti i costi – dichiara Claudio Celada, direttore area Conservazi­one natura della Lipu – Ma è tutta l’ecoregione alpina che merita rispetto: dobbiamo invertire la tendenza verso il modello ‘Luna-park Alpi’ e ridare spazio alla natura indisturba­ta». *

Sulle Alpi il cambiament­o climatico è molto rapido e ha già comportato un aumento pari a 2 gradi centigradi

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