Penitenziari alle telefonate ai figli minori
Restrizioni illegittime per i condannati per reati ostativi
È illegittimo il regime più restrittivo sulle telefonate con i figli minori previsto per chi è recluso per reati gravi ( i cosiddetti reati ostativi), se il detenuto ha accesso ai benefici penitenziari. Il trattamento peggiorativo rispetto ai detenuti comuni, riservato a chi si trova in carcere per i reati previsti dall’articolo 4- bis, comma 1 dell’ordinamento penitenziario ( in genere reati di criminalità organizzata) è in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, che vieta trattamenti diversi in situazioni simili. La Corte costituzionale ( con la sentenza 85/ 2024) ha ritenuto fondata una questione sottoposta da un magistrato di sorveglianza di Padova, ricordando che la preclusione ai benefici si basa su una presunzione di pericolosità degli autori di gravi reati, dovuta alla mancata collaborazione con la giustizia.
Oggi il Dl 162/ 2022, ha ridise
Discriminatorio il trattamento più restrittivo rispetto ai detenuti comuni
gnato il comma 1- bis dell’articolo 4- bis, muovendosi nel solco tracciato proprio dalla Consulta ( sentenza 253/ 2019 e ordinanza 97/ 2021). La norma prevede la possibilità - anche per i condannati e gli internati per reati ostativi - di accedere ai benefici, come permessi premio o lavoro esterno, pur in assenza di collaborazione con la giustizia. Ciò in presenza di una serie di condizioni, tra cui in particolare l’esistenza di « elementi specifici » che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso. Oltre che il pericolo che i contatti siano ripresi e siano « anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione » .
Nel caso esaminato dal giudice remittente, il detenuto aveva già goduto di permessi premio, grazie ai suoi progressi nel trattamento rieducativo.
Inoltre, durante la pandemia, aveva potuto chiamare i familiari una volta al giorno come tutti gli altri detenuti, in virtù della normativa speciale.
Per la Corte costituzionale è irragionevole mantenere il giro di vite anche quando la presunzione di pericolosità è superata. Il trattamento peggiorativo sarebbe così giustificato da ragioni puramente afflittive, come risposta alla particolare gravità dei crimini. Un fine che la Corte ha più volte escluso.
Ogni misura che, a parità di pena inflitta, deroga in peggio, al regime penitenziario “ordinario” può, essere legittima - a fronte della finalità rieducativa della pena – solo se necessaria e proporzionata rispetto al contenimento di una speciale pericolosità sociale del condannato. La misura della pena che nel nostro ordinamento deve, infatti, riflettere - sottolinea la Corte - la gravità del reato, non la severità del regime penitenziario.