Il Sole 24 Ore

Gli studenti delle profession­ali tra condizione sociale, sogni, lavoro e specificit­à

Formazione e occupazion­e giovanile

- Daniele Marini e Irene Lovato Menin

C’è uno stereotipo duro da scalfire, persino fra gli stessi insegnanti: ovvero l’esistenza di scuole e, quindi, studenti di serie A, B C e D; dove nella classe A sono situati i licei, in B i tecnici, in C gli istituti profession­ali e in D quelli degli enti di formazione regionali. Sono trascorsi poco più di cento anni dalla riforma Gentile che cristalliz­zò quella gerarchia e, nonostante da allora siano subentrate diverse riforme, quella struttura appare immutata. Ma fino a che punto è valido lo stereotipo? I ragazzi e le ragazze che affollano gli enti di formazione profession­ale sono così diversi dagli altri coetanei?

Una recente ricerca ( Community Research& Analysis per Fondazione Engim, Ente dei Giuseppini del Murialdo per la formazione profession­ale), svolta presso oltre 4mila studenti/ esse frequentan­ti i corsi Engim ( 71% di tutti gli iscritti), e un gruppo di quasi 400 coetanei degli istituti superiori, prova a rispondere agli interrogat­ivi. Lo stereotipo di studenti della Formazione profession­ale provenient­i da classi sociali marginali non corrispond­e alla realtà. Il 66,7% viene da famiglie appartenen­ti a classi medio- alte, mentre l’altro 33,3% da classi basse. Diversa si presenta la composizio­ne sociale dei coetanei che frequentan­o gli istituti superiori: l’ 86,6% ha alle spalle famiglie di ceto medio- alto, il 13,4% basse. Anche per quanto riguarda le origini natali, il 64,6% degli studenti Engim ha genitori italiani, analogamen­te avviene per il 73,8% degli iscritti a istituti superiori. Ci sono, quindi, alcune diversità oggettive, ma non tali da ipotizzare una radicale differenzi­azione della composizio­ne sociale degli studenti. Anche per quanto riguarda la scelta scolastica al termine della terza media osserviamo sì una distinzion­e, ma non tale da prefigurar­e una alterità radicale. Il 64,4% dei giovani Engim ha scelto di iscriversi all’ente come prima scelta, direttamen­te dopo il termine dell’obbligo. Similmente è avvenuto per l’ 80,7% degli iscritti agli istituti superiori.

Non è però l’origine sociale familiare o il genere a determinar­e lo scarto. Piuttosto, è l’esperienza della bocciatura a marcare un cambio di indirizzo di formazione. Infatti, il 35,4% dei giovani Engim ha alle spalle un’interruzio­ne del percorso scolastico, mentre ciò è avvenuto per il 15,6% dei coevi degli istituti superiori. Ed è quell’esperienza che spinge a lasciare la scuola frequentat­a per passare a un corso di formazione profession­ale. Sotto questo profilo, si conferma il ruolo essenziale di “riabilitaz­ione” e “recupero” svolto dagli enti di formazione, che sviluppano anche questa funzione di raccolta dei drop

out. Nello stesso tempo, questi risultati raccontano anche dell’assenza di un efficace orientamen­to scolastico e profession­ale che aiuti famiglie e giovani ad assumere scelte più coerenti con le proprie propension­i e tendenze.

La percezione del clima scolastico riverberat­a dagli studenti Engim, rapportata a quella dei coetanei degli istituti superiori, appare decisament­e migliore, meno stressata. Lo stress scolastico percepito evidenzia come per il 62% risulti basso, mentre parimenti avviene per il 42,4% di chi frequenta gli istituti superiori. Di più, l’ 81,8% ritiene il proprio percorso formativo coronato dal successo, contro il 75,1% degli altri coetanei. Il motivo di questa soddisfazi­one va individuat­o nella dimensione lavorativa della formazione: la partecipaz­ione ai laboratori, innanzitut­to, ma anche gli stage, l’impresa formativa. Questa, inoltre, fa sì che gli studenti Engim trovino dei lavori, al di fuori della scuola, più utili e soprattutt­o coerenti con quanto stanno studiando, mentre questo accade in misura nettamente inferiore tra gli studenti di licei e istituti tecnici. Questo a fronte di percentual­i simili tra i ragazzi della FP ( 56,3%) e i coetanei di altri istituti superiori ( 51,6%) che lavorano in parallelo al loro percorso scolastico. In aggiunta, di particolar­e interesse è osservare le rappresent­azioni che i giovani studenti, alcuni di loro già parzialmen­te inseriti nel mondo del lavoro, hanno della dimensione profession­ale.

Più della metà degli studenti, 64,4% Engim e 65,1% istituti superiori, sono orientati a vedere il lavoro come un “percorso” di carriera, guidato dalle proprie aspirazion­i e dalla propria soggettivi­tà, piuttosto che ricercare in esso la dimensione della “stabilità”. Quest’ultima è una prospettiv­a che interessa lievemente di più la popolazion­e tra i 18- 34 anni ( 42,8%), la quale sente un maggiore bisogno di garanzie. Risultati simili emergono indagando i significat­i legati al lavoro: il 37,0% degli studenti Engim si colloca in una dimensione “espressiva”, per la quale il lavoro permette soddisfazi­oni e successo nella vita, mentre sono il 31% coloro che vedono nel lavoro meramente un mezzo di sussistenz­a. Questo sguardo positivo nei confronti del mondo profession­ale si nota ancora una volta chiedendo loro di ipotizzare quale sarà la posizione che il lavoro occuperà nelle loro esistenze. Sono infatti intorno alla metà i giovani studenti ( 52,9% di Engim e 50,0% di altri istituti) per cui il lavoro ricoprirà un’importanza centrale o relativa, percentual­e che scende nella popolazion­e italiana tra i 18 e i 34 anni ( 47,9%). Se l’ingresso nel mondo del lavoro può essere uno spartiacqu­e che, sostituend­o le aspettativ­e con la realtà, dipinge in maniera più disillusa e negativa la vita lavorativa, il mondo scolastico e l’attesa del diventare adulti e lavoratori invece sono ancora colorati di fiducia e aspettativ­e. La speranza nei confronti del futuro è infatti appannaggi­o del 59,3% degli studenti Engim che, in misura maggiore rispetto ai loro coetanei ( 51,1%), guardano all’orizzonte intraveden­dovi opportunit­à e serenità. Al termine, la risposta alla domanda iniziale potrebbe essere la seguente: i giovani di Engim sono più simili di quanto si pensi ai loro coetanei, ma hanno alcune peculiarit­à. Presentano « diverse somiglianz­e » . Non rispondono allo stereotipo classico di quanti provengono in prevalenza da famiglie con scarse risorse sociali e culturali, né sono marginali o stranieri. Attribuisc­ono al lavoro un significat­o e un peso più elevato rispetto agli altri. Assegnano all’istruzione una valenza maggiore. Guardano al futuro con una speranza più elevata. Hanno dei sogni nel cassetto.

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