Gli studenti delle professionali tra condizione sociale, sogni, lavoro e specificità
Formazione e occupazione giovanile
C’è uno stereotipo duro da scalfire, persino fra gli stessi insegnanti: ovvero l’esistenza di scuole e, quindi, studenti di serie A, B C e D; dove nella classe A sono situati i licei, in B i tecnici, in C gli istituti professionali e in D quelli degli enti di formazione regionali. Sono trascorsi poco più di cento anni dalla riforma Gentile che cristallizzò quella gerarchia e, nonostante da allora siano subentrate diverse riforme, quella struttura appare immutata. Ma fino a che punto è valido lo stereotipo? I ragazzi e le ragazze che affollano gli enti di formazione professionale sono così diversi dagli altri coetanei?
Una recente ricerca ( Community Research& Analysis per Fondazione Engim, Ente dei Giuseppini del Murialdo per la formazione professionale), svolta presso oltre 4mila studenti/ esse frequentanti i corsi Engim ( 71% di tutti gli iscritti), e un gruppo di quasi 400 coetanei degli istituti superiori, prova a rispondere agli interrogativi. Lo stereotipo di studenti della Formazione professionale provenienti da classi sociali marginali non corrisponde alla realtà. Il 66,7% viene da famiglie appartenenti a classi medio- alte, mentre l’altro 33,3% da classi basse. Diversa si presenta la composizione sociale dei coetanei che frequentano gli istituti superiori: l’ 86,6% ha alle spalle famiglie di ceto medio- alto, il 13,4% basse. Anche per quanto riguarda le origini natali, il 64,6% degli studenti Engim ha genitori italiani, analogamente avviene per il 73,8% degli iscritti a istituti superiori. Ci sono, quindi, alcune diversità oggettive, ma non tali da ipotizzare una radicale differenziazione della composizione sociale degli studenti. Anche per quanto riguarda la scelta scolastica al termine della terza media osserviamo sì una distinzione, ma non tale da prefigurare una alterità radicale. Il 64,4% dei giovani Engim ha scelto di iscriversi all’ente come prima scelta, direttamente dopo il termine dell’obbligo. Similmente è avvenuto per l’ 80,7% degli iscritti agli istituti superiori.
Non è però l’origine sociale familiare o il genere a determinare lo scarto. Piuttosto, è l’esperienza della bocciatura a marcare un cambio di indirizzo di formazione. Infatti, il 35,4% dei giovani Engim ha alle spalle un’interruzione del percorso scolastico, mentre ciò è avvenuto per il 15,6% dei coevi degli istituti superiori. Ed è quell’esperienza che spinge a lasciare la scuola frequentata per passare a un corso di formazione professionale. Sotto questo profilo, si conferma il ruolo essenziale di “riabilitazione” e “recupero” svolto dagli enti di formazione, che sviluppano anche questa funzione di raccolta dei drop
out. Nello stesso tempo, questi risultati raccontano anche dell’assenza di un efficace orientamento scolastico e professionale che aiuti famiglie e giovani ad assumere scelte più coerenti con le proprie propensioni e tendenze.
La percezione del clima scolastico riverberata dagli studenti Engim, rapportata a quella dei coetanei degli istituti superiori, appare decisamente migliore, meno stressata. Lo stress scolastico percepito evidenzia come per il 62% risulti basso, mentre parimenti avviene per il 42,4% di chi frequenta gli istituti superiori. Di più, l’ 81,8% ritiene il proprio percorso formativo coronato dal successo, contro il 75,1% degli altri coetanei. Il motivo di questa soddisfazione va individuato nella dimensione lavorativa della formazione: la partecipazione ai laboratori, innanzitutto, ma anche gli stage, l’impresa formativa. Questa, inoltre, fa sì che gli studenti Engim trovino dei lavori, al di fuori della scuola, più utili e soprattutto coerenti con quanto stanno studiando, mentre questo accade in misura nettamente inferiore tra gli studenti di licei e istituti tecnici. Questo a fronte di percentuali simili tra i ragazzi della FP ( 56,3%) e i coetanei di altri istituti superiori ( 51,6%) che lavorano in parallelo al loro percorso scolastico. In aggiunta, di particolare interesse è osservare le rappresentazioni che i giovani studenti, alcuni di loro già parzialmente inseriti nel mondo del lavoro, hanno della dimensione professionale.
Più della metà degli studenti, 64,4% Engim e 65,1% istituti superiori, sono orientati a vedere il lavoro come un “percorso” di carriera, guidato dalle proprie aspirazioni e dalla propria soggettività, piuttosto che ricercare in esso la dimensione della “stabilità”. Quest’ultima è una prospettiva che interessa lievemente di più la popolazione tra i 18- 34 anni ( 42,8%), la quale sente un maggiore bisogno di garanzie. Risultati simili emergono indagando i significati legati al lavoro: il 37,0% degli studenti Engim si colloca in una dimensione “espressiva”, per la quale il lavoro permette soddisfazioni e successo nella vita, mentre sono il 31% coloro che vedono nel lavoro meramente un mezzo di sussistenza. Questo sguardo positivo nei confronti del mondo professionale si nota ancora una volta chiedendo loro di ipotizzare quale sarà la posizione che il lavoro occuperà nelle loro esistenze. Sono infatti intorno alla metà i giovani studenti ( 52,9% di Engim e 50,0% di altri istituti) per cui il lavoro ricoprirà un’importanza centrale o relativa, percentuale che scende nella popolazione italiana tra i 18 e i 34 anni ( 47,9%). Se l’ingresso nel mondo del lavoro può essere uno spartiacque che, sostituendo le aspettative con la realtà, dipinge in maniera più disillusa e negativa la vita lavorativa, il mondo scolastico e l’attesa del diventare adulti e lavoratori invece sono ancora colorati di fiducia e aspettative. La speranza nei confronti del futuro è infatti appannaggio del 59,3% degli studenti Engim che, in misura maggiore rispetto ai loro coetanei ( 51,1%), guardano all’orizzonte intravedendovi opportunità e serenità. Al termine, la risposta alla domanda iniziale potrebbe essere la seguente: i giovani di Engim sono più simili di quanto si pensi ai loro coetanei, ma hanno alcune peculiarità. Presentano « diverse somiglianze » . Non rispondono allo stereotipo classico di quanti provengono in prevalenza da famiglie con scarse risorse sociali e culturali, né sono marginali o stranieri. Attribuiscono al lavoro un significato e un peso più elevato rispetto agli altri. Assegnano all’istruzione una valenza maggiore. Guardano al futuro con una speranza più elevata. Hanno dei sogni nel cassetto.