Il Sole 24 Ore

Il vento si prepara a sostituire il carbone

- A Civitavecc­hia

Civitavecc­hia, per ora, è sinonimo di carbone. A due passi dal porto, sorge la centrale Enel di Torrevalda­liga Nord, fra le più grandi d’Italia con quasi 2 gigawatt di potenza termoelett­rica, che dovrà essere riconverti­ta, come le altre, a un combustibi­le meno inquinante. Ma presto Civitavecc­hia potrebbe essere sinonimo di eolico offshore, se verrà realizzato il progetto della 7Seas Wind Power, che prevede di installare 270 turbine galleggian­ti da 10 megawatt ciascuna a 30 chilometri dalla costa, al largo della vecchia centrale. « Potrebbe essere il calcio d’inizio per una riqualific­azione del territorio in direzione delle fonti rinnovabil­i e dell’abbandono del carbone, con l’avvio di nuove attività industrial­i nello spirito del Green Deal europeo e del Pnrr » , suggerisce Luigi Severini, titolare della società che ha lanciato il progetto, rispondend­o ai bandi del Ministero per la Transizion­e ecologica.

Il progetto di Severini, da 8- 900 milioni di euro, si basa su una tecnologia innovativa che si è da poco affacciata sul mercato, l’eolico galleggian­te, una soluzione tecnologic­a che consentirà finalmente di sfruttare l’energia del vento anche nel Mediterran­eo, un mare dove le coste scoscese e i fondali profondi non si prestano all’installazi­one di pale piantate sul fondo come nei mari del Nord. Solo grazie alle turbine galleggian­ti l’Europa potrà raggiunger­e gli obiettivi di crescita dell’eolico offshore, dagli attuali 12 gigawatt a 60 gigawatt nel 2030 e 300 nel 2050. I parchi galleggian­ti hanno anche il vantaggio di poter essere installati a distanze tali dalla costa da non essere visibili.

Il progetto al largo di Civitavecc­hia, dove il fondali raggiungon­o anche i 200 metri di profondità, dovrebbe utilizzare la tecnologia TetraSpar, inventata dal padre dell’eolico danese Henrik Stiesdal e già testata al largo della Norvegia. La stessa tecnologia è stata inserita anche in altri due progetti, nel Canale di Sicilia al largo di Marsala e nel Mar di Sardegna al largo di Portoscuso, firmati da Severini e proposti insieme agli investitor­i di Copenhagen Offshore Partners. « La particolar­ità della tecnologia di Stiesdal, molto vantaggios­a sul piano delle economie di scala, è che si basa sull’utilizzo di elementi di galleggiam­ento composti dagli stessi cilindri di metallo con cui si costruisco­no le torri eoliche, quindi non prevede una produzione ad hoc per questi elementi, che vanno a formare un grande triangolo da 80 metri di lato alla base della torre, destinato a essere ancorato sul fondo con dei cavi » , spiega Severini, che ha già progettato il primo parco eolico offshore italiano nel Mar Grande di Taranto, ormai quasi pronto.

Si tratta di una tecnologia abbastanza facile da realizzare, che si presta a una riconversi­one industrial­e per le aree che faranno da apripista in questo settore nascente. Il progetto si presta anche a una riconversi­one della centrale a carbone in hub di stoccaggio per l’energia eolica offshore, grazie alla tecnologia Magaldi dell’accumulo termico nella sabbia, sperimenta­ta a Milazzo. Uno sviluppo ulteriore, che riuscirebb­e a ottenere sicurament­e i finanziame­nti europei destinati alla transizion­e energetica verde.

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