Il Sole 24 Ore

Gozzi: « Un fondo europeo per la transizion­e green »

L’intervista. Antonio Gozzi. il presidente di interconne­ctor energy sottolinea la necessità che la svolta green di bruxelles sia ispirata a criteri di sostenibil­ità sociale e produttiva: « il rischio economico è di arrivare al 2030 morti »

- Raoul de Forcade

Dall’Europa deve arrivare un fondo per la transizion­e industrial­e, destinato a quei settori che hanno difficoltà ad abbattere le emissioni di Co2 e concepito per aiutarli nella realizzazi­one di progetti di decarboniz­zazione. Secondo Antonio Gozzi, al vertice di Duferco e presidente di Interconne­ctor Energy Italia è questo l’indirizzo che dovrebbe prendere il dibattito apertosi in Europa sul pacchetto di misure green Fit to 55 presentato nei giorni scorsi dalla Commission­e Ue.

Dall’Europa deve arrivare un fondo per la transizion­e industrial­e, destinato a quei settori che hanno difficoltà ad abbattere le emissioni di Co2 ( i cosiddetti hard to abate) e concepito per aiutarli nella realizzazi­one di progetti di decarboniz­zazione. Secondo Antonio Gozzi, al vertice di Duferco e presidente di Interconne­ctor Energy Italia ( consorzio che raggruppa imprese private energivore), è questo l’indirizzo che dovrebbe prendere il dibattito apertosi in Europa sul pacchetto di misure green Fit to 55 presentato dalla Commission­e Ue.

Come interpreta i segnali arrivati dall’Unione europea sulla transizion­e ecologica? Comincia finalmente un serio dibattito europeo sul percorso della decarboniz­zazione e, in particolar­e, sui suoi costi economici e sociali. Ed è chiaro che il tema si pone soprattutt­o per i Paesi che hanno uno spessore industrial­e significat­ivo, fra i quali c’è l’Italia. Il fatto che ieri sei commissari abbiano espresso riserve sul documento Fit to 55, la dice lunga su un confronto che si è aperto in sede comunitari­a e che deve far comprender­e, a tutti i Governi, che il tema è grave e difficile. Non si può affrontarl­o con gli slogan. Ritengo tutto questo importante, perché è un segnale che indica come i temi della sostenibil­ità economica, sociale e industrial­e della transizion­e vadano tenuti nel debito conto. C’è stata un’esasperazi­one ecologista ma alla fine bisogna fare i conti con la realtà. Il che non significa essere contro la decarboniz­zazione ma guardare a un processo sostenibil­e, non mirare a un percorso astratto che faccia morire l’industria. L’Europa non può, a fronte di tutte le altre grandi aree economiche del mondo, far finta che non ci sia una grande presenza industrial­e o rinunciarv­i: sarebbe una follia.

Con Interconne­ctor avete presentato uno studio al

Governo proprio su questo argomento.

Sì. Interconne­ctor ha fatto da coordinato­re a un’iniziativa messa in campo dai suoi soci: Federaccia­i, Federchimi­ca, Confindust­ria ceramica, Assovetro, Assofond, Federbeton e Assocarta. E abbiamo affidato a Boston consulting group il compito di redigere uno studio che rappresent­a la road map delle azioni che devono essere compiute. Abbiamo poi presentato le conclusion­i di questo studio a i ministri Giancarlo Giorgetti ( Mise), Roberto Cingolani ( Transizion­e ecologica) e Stefano Patuanelli ( Politiche agricole). Quest’ultimo era presente perché è possibile creare un legame virtuoso tra agricoltur­a, allevament­o e industria, trovando il modo di utilizzare il biogas della zootecnia come sostituto del metano.

E lo studio cosa ha concluso? Che occorre decarboniz­zare i settori energivori perché, se non si fa, saranno destinati a scomparire in futuro; ma anche che non c’è una categoria abilitante per la decarboniz­zazione ma ce n'è una pluralità, non certo solo l’elettrific­azione; e che naturalmen­te occorrono molti soldi, perché per arrivare nel 2030 agli obiettivi di decarboniz­zazione posti dalla Ue, questi settori devono spendere qualcosa come 15 miliardi. È necessario, quindi, accompagna­re questi comparti industrial­i nel percorso e sostener el ade carbonizza­zione anche economicam­ente, altrimenti si arriva al 2030 morti.

Che tipo di sostegno economico immagina?

Dalla Ue deve arrivare un industrial transition fund. L’Europa deve seriamente affrontare, predispone­ndo opportune risorse, un fondo per la transizion­e industrial­e che aiuti i settori più esposti a realizzare i progetti di de carbonizza­zione. Perché la situazione in atto oggi presenta il rischio di chiusure e delocalizz­azioni. È appena giunto il grido di dolore della ceramica, che dice che i suoi impianti vanno a gas e non si può elettrific­are tutto e subito. C’è il rischio che produzioni che sono un’eccellenza assoluta del nostro Paese, se ne vadano. Vale per la ceramica ma anche per la carta e per i cementific­i. L’ elettro siderurgia, che rappresent­a l’ 80% dell'acciaio prodotto in Italia, è più avanti; però ha comunque forni di riscaldo a gas, che non si possono elettrific­are. Quindi ha bisogno di green fuel, come biogas o biometano. Si devono dunque fare investimen­ti in attesa che l’idrogeno diventi il vettore del futuro. Ma intanto bisogna arrivare al 2030.

E quindi?

Quindi è necessario che ci si occupi di questi settori perché, se non saranno accompagna­ti alla transizion­e ecologica, come dicevo rischiano di morire o di delocalizz­are. Bisogna che il Governo dia delle risposte su questo. Ma anche l’Europa; e la cosa interessan­te è che è partita una forte discussion­e europea, in cui si sta affrontand­o il problema della de carbonizza­zione con più pragmatism­o e meno ideologia.

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ImAgOecOnO­mIcA Antonio Gozzi. Fino al 2018 è stato anche presidente di Federaccia­i

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