CAPACITÀ PROGETTUALE DI LUNGO PERIODO CHE RILANCIA L’EUROPA
La reazione giusta. Per l’impresa in sé. Per il sistema industriale nazionale. Per l’alleanza strategica fra Italia e Francia. E per l’Europa. Che mostra – tramite la lungimiranza strategica di un gruppo dal capitale di controllo appunto francoitaliano e dalla precisa identità paneuropea – una capacità progettuale di ampio respiro. L’investimento di STMicroelectronics – significativo, due miliardi di dollari nella ricerca e nella manifattura high- tech non sono poca cosa - ha un doppio piano di lettura: rappresenta una operazione di lungo periodo, che è stata avviata nel 2018, e costituisce una risposta alle trasformazioni subite dalle catene di fornitura globali dei componenti tecnologici. I semiconduttori sono elementi comuni a tutta la fisiologia del capitalismo produttivo internazionale: sono essenziali nell’elettronica e nell’automotive, nella difesa e nella meccanica, nell’aeronautica e nei beni di consumo. Negli ultimi mesi, le grandi aree dell’economia mondiale hanno avuto reazioni di intensità differente alla grande pandemia: l’Asia ( in particolare la Cina) è ripartita di gran carriera, l’Europa ha osservato ritmi disomogenei, il Nord America è tornato a muoversi velocemente. Queste asimmetrie si sono incrociate con i mutamenti strutturali. Uno degli esiti di tutto questo è stata l’improvvisa penuria di chip. Perché, alla ripresa della domanda cinese, negli ultimi mesi le catene di fornitura internazionali hanno reagito favorendo quest’ultima rispetto alla domanda europea e alla domanda americana. Semplicemente, essendo cambiati gli equilibri geopolitici ( con una Cina sempre più aggressiva) ed essendo mutate le composizioni delle catene globali del valore ( per ragioni di logistica, in molti casi esse si sono accorciate riducendo la loro estensione prima planetaria a dimensioni geograficamente più contenute), i contratti con i clienti cinesi sono stati evasi prima, mentre quelli con i clienti occidentali sono rimasti nei cassetti a languire. Anche per questa ragione geopolitica e geoeconomica, l’investimento di Agrate Brianza appare un considerevole passo in avanti. Oggi l’autonomia negli approvvigionamenti e la sovranità tecnologica sono fondamentali per costruire una base manifatturiera continentale in grado di restituire all’Europa quella centralità senza cui, semplicemente, il Vecchio Continente rischia di inabissarsi nell’oceano della nuova globalizzazione. Un ulteriore elemento è positivo: in questo caso, ad Agrate Brianza non si dà vita ad una aggiuntiva massa critica matura e consolidata, ma – con questi wafer di silicio di ultima generazione – è costituito un nocciolo duro di nuova frontiera tecnologica non retorica e non da convegno universitario, bensì concreta e di fabbrica: come i cinquecentosettecento nuovi posti di lavoro che, fra laboratori e linee produttive, verranno creati entro il 2022. Anche questo, è tutt’altro che poca cosa.