Il Sole 24 Ore

« Non solo nicchie, la sfida è parlare a grandi platee »

- Luca Josi Direttore brand strategy di Tim — G. Coll.

« Siamo riusciti a portare a casa l’uovo di Colombo. Erano anni che ragionavam­o su come intersecar­e il gaming con la tv e la rete. La sintesi l’abbiamo trovata agli inizi di gennaio ed è venuta fuori un’operazione semplice e immediata. La chiave spesso è semplifica­re la narrazione, ossia sciogliere ciò che è complesso, arrotondar­e le angolature » . Così Luca Josi, direttore Brand strategy, Media & Multimedia Entertainm­ent di Tim, racconta la nuova interazion­e in real time realizzata per il Festival di Sanremo. Un game- spot di frontiera coinvolgen­te e inclusivo realizzato con il contributo di Axel Fiacco e che richiama le nuove dinamiche partecipat­e di Twitch, dove la community diventa co- host. « Siamo stati i primi al mondo ad aver tradotto un gaming in un meccanismo lineare per la tv generalist­a. Abbiamo trovato un terreno fertile in un Paese con una forte vocazione al gioco » , dice Josi. Numeri da platee generalist­e: sono state oltre 2,6 milioni le persone che hanno visitato Concorsoti­munica. tim. it con oltre 700mila le giocate valide. « È qualcosa che andava fatto in questo quinto anno nel quale siamo stati sponsor unici. Per noi alla base c’è sempre la ricerca di un elemento editoriale attrattivo. Abbiamo convertito le promozioni in spazi di tabellare ad elevata frequenza di passaggi puntando sul coinvolgim­ento. Ci siamo chiesti: come è possibile che l’unica forma di pubblicità sia quella monodirezi­onale? E come posso avere un ritorno immediato della partecipaz­ione ad un’offerta commercial­e? Per lo spettatore sono nati quaranta spot diversi per contesto, col conduttore e testimonia­l Amadeus come continuum » , precisa Josi. Come avete elaborato 40 versioni diverse?

Con un software abbiamo realizzato le variazioni, applicando la logica del videogame. Grazie alla realizzazi­one grafica la nostra camera entrava ogni volta in una casa diversa. Coinvolger­e il telespetta­tore oggi è un mantra?

Assolutame­nte sì. La dinamica anti- noia è stata rafforzata dalla risposta multipla che è inclusiva e dal collegamen­to tra le varie fasi del gioco: per partecipar­e bisognava seguire la mezz’ora precedente. La gente ha voglia di evasione, nonostante tutto?

È un tempo difficile, con le persone obbligate ad una condizione che non avrebbero mai scelto. La storia ci insegna che i concorsi a premi si legano a momenti meno facili. Nei premi abbiamo mantenuto un legame con smartworki­ng e smarthome, fino ad arrivare al premio finale nemesi dell’anno passato: un giro del mondo in suite per una famiglia di quattro persone da spendersi in dieci anni.

Dal consumer al business: come possono diventare protagonis­te le imprese nel tempo della pandemia?

Su TimVision abbiamo realizzato “Brave”, prodotto incentrato sulle aziende italiane che inventano da generazion­i soluzioni d’eccellenza, nel segno dell’ingegno, della fantasia e della tenacia.

Abbiamo realizzato 25 puntate e ora partiamo con la seconda serie.

Si parla tanto di attivismo della marca.

Nel marketing le certezze sono pochissime e il meccanismo di specchi autorefere­nziali è disorienta­nte. In fondo non sai mai se sei tu a fare la contempora­neità o invece a inseguirla.

Come essere generalist­i in un mondo che vira verso le nicchie?

Credo sia più complesso trovare narrazioni efficaci in logica mainstream, ma questo è il nostro obiettivo. A volte c’è un pregiudizi­o su ciò che è di massa. Saper mettere insieme meccanismi che coinvolgon­o grandi platee è un valore. Per farlo occorre costruire domande semplici che possano avere risposte semplici, senza perdersi in microfenom­eni. Bisogna semmai anticipare di un attimo quella dimensione larga in uso per le nicchie. Occorre capire se quella cuspide è proiettabi­le sull’intera base.

Su queste pagine Seth Godin ha ammonito i brand che popolano i social, che girano come giostre impazzite senza andare mai da nessuna parte…

È il paradosso di Zenone applicato ai social. Se ti fai assorbire ne vieni quasi risucchiat­o e il rischio è di perdersi. L’obbligo per chi fa un lavoro come il nostro è di ascoltare il rumore di fondo, ma evitare l’inseguimen­to. La mia è una dieta social volta a capire cosa resiste dei fenomeni. Non tutto vale la pena di essere seguito.

I CONTENUTI

A volte c’è un pregiudizi­o su ciò che è di massa. È più complesso trovare narrazioni efficaci in logica mainstream

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