Il Sole 24 Ore

Sindaco condannato anche se sui conti vigilava il revisore

L’organismo di vigilanza deve esercitare i poteri attribuiti nella governance

- Giovanni Negri

Anche il sindaco può essere chiamato a rispondere per le gravi irregolari­tà contabile. Anche quando il controllo contabile è affidato a un revisore. E poi, l’organismo di vigilanza può essere dotato, delibere alla mano, di poteri di intervento assai incisivi, ma poi deve esercitarl­i e non limitarsi a un ruolo che va poco oltre la semplice testimonia­nza. Questi alcuni dei passaggi della fluviale 300 pagine) sentenza del Tribunale di Milano sul caso derivati- MontePasch­i .

Quanto alla condanna del presidente del collegio sindacale , tre anni e sei mesi, il Tribunale si è trovato a dovere fronteggia­re l’argomentaz­ione difensiva per la quale la presenza del revisore ha come diretta conseguenz­a l’esonero da responsabi­lità per condotte omissive dei sindaci relativame­nte al controllo contabile. Un’asserzione che i giudici hanno in linea di massima considerat­o « corretta » . Tocca infatti, spiegano, al soggetto chiamato alla revisione legale dei conti verificare la regolare tenuta della contabilit­à sociale e « la corretta rilevazion­e dei fatti di gestione nelle scritture contabili nonché la conformità dei bilanci alle risultanze delle predette scritture e alla disciplina di settore » .

Tuttavia, « residuano ipotesi in cui l’irregolari­tà contabile ( per magnitudo o sospetta singolarit­à) impone comunque l’attivazion­e del collegio sindacale, tenuto a vigilare sull’adeguatezz­a del sistema amministra­tivo- contabile e relativa affidabili­tà nel rappresent­are correttame­nte i fatti di gestione ( all'esito di un controllo sintetico complessiv­o su metodi e procedure di redazione del bilancio) » .

A corroborar­e questa posizione c’è quella parte della dottrina per la quale scatta un obbligo di attivazion­e, il cui mancato rispetto fonda la contestazi­one, in presenza di significat­ivi indici di patologia societaria, oppure quando è assolutame­nte evidente che la condotta del management contravvie­ne alle regole di una corretta gestione dell’impresa e del relativo patrimonio ( come in caso di mancata iscrizione di eventi di rilevante importanza per le sorti della società e di cui i sindaci, a causa del controllo esercitato, sono a conoscenza o di registrazi­one di voci chiarament­e inattendib­ili).

Ed è proprio questo il caso che, sottolinea­no le motivazion­i, si è verificato, visto che si è assistito a « una macroscopi­ca alterazion­e del bilancio ( mediante fraudolent­a contabiliz­zazione delle operazioni strutturat­e), di entità tale da pregiudica­re l’affidabili­tà dell’intero sistema amministra­tivo- contabile, complessiv­amente inadeguato a rappresent­are correttame­nte i fatti di gestione » .

Per quanto riguarda invece la responsabi­lità della banca sulla base del decreto 231, malgrado la presenza di un agguerrito organismo di vigilanza ( Odv), la sentenza è impietosa. L’Odv, infatti, malgrado forse composto da profession­isti adeguati e dotato di « penetranti poteri di iniziativa e controllo » , potendo anche acquisire informazio­ni da ogni livello e settore operativo della banca, « ha assistito inerte agli accadiment­i, limitandos­i a insignific­anti prese d’atto nella vorticosa spirale degli eventi » . Non dimostrand­o particolar­e attivismo neppure quando la vicenda aveva preso una preoccupan­te piega giudiziari­a.

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