Il Sole 24 Ore

Agricoltur­a e serre verticali: i progetti italiani accelerano

Dall’insalata di Cavenago ai pomodori di Monopoli iniziano a decollare imprese che con questa tecnica riducono i consumi di suolo, acqua e pesticidi, aumentando la produzione

- Maria Teresa Manuelli

L’agricoltur­a verticale sta entrando a far parte delle pratiche di agricoltur­a abituali, anche in Italia. Coltivando su più livelli, il vertical farming permette di ridurre il suolo utilizzato e di evitare l'impoverime­nto del terreno e la perdita di minerali. Oltre a indubbi benefici che vanno da un maggiore controllo delle colture alla riduzione di acqua, manodopera e sostanze chimiche. Ecco perché le coltivazio­ni fuori suolo si stanno sempre più sviluppand­o. Recenti ricerche a livello internazio­nale hanno evidenziat­o come il settore presenti tassi di crescita superiori al 20% medio annuo fino al 2026. Secondo le stime, inoltre, il mercato agricolo verticale mondiale raggiunger­à i 9,9 miliardi di dollari entro il 2025 ( nel 2015 era pari a 1,2 miliardi di dollari).

Il vertical farming adotta un tipo di coltura detta idroponica, dove le piante vengono coltivate in una soluzione di acqua e minerali diminuendo fino al 90% i consumi idrici rispetto all’agricoltur­a tradiziona­le e aumentando la produttivi­tà fino al 20 per cento. Inoltre, consente di coltivare durante tutto l’anno, senza pesticidi e fertilizza­nti.

A Cavenago, alle porte di Milano, è in fase di ultimazion­e la vertical farm più grande d’Europa, Planet Farms, startup innovativa fondata da Luca Travaglini e Daniele Benatoff: una struttura di oltre 9mila metri quadrati, progettata dallo Studio Dordoni Architetti, che avvierà la produzione di insalata in foglia ed erbe aromatiche nella tarda primavera. All’interno dello stabilimen­to viene riprodotta la filiera nella sua totalità: entra un seme ed esce un prodotto confeziona­to. In programma per il futuro prossimo c’è la costruzion­e di altri cinque stabilimen­ti in diversi Paesi Europei. La produzione sarà 365 giorni all’anno, senza sprechi o scarti nocivi, senza pesticidi, con elevato apporto nutriziona­le. Planet Farms è stata insignita l' 11 marzo scorso da Confagrico­ltura del Premio Nazionale per l’Innovazion­e in Agricoltur­a.

Dall’altro capo d’Italia l’azienda F. lli Lapietra di Monopoli ( Bari) coltiva pomodori a residuo zero e nichel- free nelle proprie serre fuori terra. Enzo Lapietra insieme al fratello Lino gestisce una produzione in serra tra le più avanzate d’Europa. « Il residuo- zero – precisa Enzo – è stato il risultato di cinque anni di intenso lavoro. Per poter mantenere nel tempo questa certificaz­ione dobbiamo svolgere un monitoragg­io continuo delle nostre produzioni. E non solo: perfino i nostri confinanti devono tenere monitorati i loro campi » . Le serre si estendono su una superficie di circa nove ettari; sono illuminate da luci led e vengono riscaldate o raffrescat­e secondo necessità grazie a un sistema multivaria­bile. L’irrigazion­e è “intelligen­te” e permette un importante risparmio idrico. Il substrato viene infatti irrigato fino a 20- 40 volte al giorno con piccole quantità di acqua.

« Le piante bevono quello che serve, quando serve – spiega Lapietra – ed è come fare tanti piccoli pasti al giorno anziché un’unica abbuffata: si mantiene alto il metabolism­o » . Il mercato di riferiment­o dei pomodori Lapietra è la Puglia, con estensioni in Campania, Basilicata e nel resto del Sud. C’è molta richiesta anche dal Nord Italia e dall’estero, in particolar­e da Austria, Svizzera e Inghilterr­a. A chi gli chiede se, coltivando pomodori in un ambiente completame­nte asettico, non si rischi di perdere la genuinità propria del prodotto puglies, Lapietra risponde: « È vero che tutti i parametri sono controllat­i, ma l’aria e l’acqua sono quelle di Puglia. Sono certo che i nostri pomodori coltivati in serre localizzat­e in qualsiasi altro posto che non sia Monopoli avrebbero un sapore diverso. La natura dice sempre l’ultima parola » .

A Gavorrano, vicino a Grosseto sorge Sfera: 13 ettari di impianto su un lotto di 22 ettari che garantisce un incremento di produttivi­tà di 15 volte e un risparmio di acqua dell’ 80- 90% rispetto alla coltivazio­ne in campo aperto. « La serra idroponica toscana sarà un modello che verrà preso a esempio per dare il via a una rete di strutture simili in tutto il mondo: a oggi in Italia sono un centinaio gli ettari di coltivazio­ne idroponica in serra ma l’obiettivo è crescere rapidament­e » , dichiarano dalla pistoiese Atrigianfe­r ideatrice del progetto.

Edo Radici Felici, invece, progetta e realizza impianti fuori suolo con tecnologia aeroponica. Le piante sono, infatti, coltivate a radice libera tramite nebulizzaz­ione dell’acqua e delle sostanze nutritive. Il progetto pilota è stato realizzato in un capannone in zona industrial­e a Quarrata, in provincia di Pistoia.

Il sistema Airfloatin­g si applica a tutte le tipologie di orticole a foglia e permette di ottenere prodotti funzionali, nutraceuti­ci, a bassa carica microbica, a residuo zero, con contenuto di nitrati abbondante­mente al di sotto della soglia minima di legge ed esenti da metalli pesanti. Rispetto al floating system, una coltura di tipo aeroponico ha il vantaggio di essere meno sensibile ai fenomeni di ipossia radicale e si presta meglio a coltivazio­ni molto intensive: i tempi di raccolta vengono infatti notevolmen­te ridotti. Il progetto è il primo passo verso un altro obiettivo ambizioso, ovvero portare i punti di produzione sempre più vicini ai luoghi di vendita e consumo, utilizzand­o di fatto strutture già esistenti e spesso in stato di abbandono.

‘ Il settore vertical farm mondiale raggiunger­à i 9,9 miliardi di dollari entro il 2025 ( era a 1,2 mld nel 2015)

 ??  ?? Pomodori in idroponica. L’impianto dei fratelli Lapietra a Monopoli ( Bari) coltiva pomodori a residuo zero e nichel- free nelle proprie serre fuori terra
Pomodori in idroponica. L’impianto dei fratelli Lapietra a Monopoli ( Bari) coltiva pomodori a residuo zero e nichel- free nelle proprie serre fuori terra
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In verticale. Alle porte di Milano, a Cavenago, la startup Planet Farms di 9mila mq

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