La normalizzazione bloccata dalle sanzioni
L’inizio è stato promettente: a pochi giorni dall’insediamento, Joe Biden ha parlato al telefono con Vladimir Putin, e insieme hanno deciso di prolungare il trattato New Start, che fissa un tetto alle testate nucleari di
Russia e Stati Uniti e che sarebbe scaduto il 5 febbraio.
Pochi giorni dopo, Aleksej Navalny è stato condannato da un tribunale di Mosca. E se il disarmo nucleare, per la sua importanza, può viaggiare lungo un proprio binario, la repressione delle proteste e gli arresti dei sostenitori del grande accusatore del Cremlino rischiano di chiudere qui l’agenda comune di Putin e Biden.
Un’agenda a cui in teoria non mancano i temi di comune interesse: lotta al cambiamento climatico, transizione energetica, stabilizzazione della Libia e di altri scenari internazionali, diffusione dei vaccini.
Tutto questo è bloccato dalle crisi irrisolte, a partire da quella dimenticata dell’Ucraina orientale fino al caso Navalny che ormai si intreccia con l’offensiva lanciata dall’amministrazione Trump contro Nord Stream 2 e l’export di gas russo in Europa.
Su questo fronte la strada che Biden intende percorrere si intreccia al legame che il presidente americano vuole rilanciare con la Ue. Se attenuerà l’offensiva delle sanzioni contro Mosca, sarà per non urtare gli alleati europei, non per compiacere Putin.