La crisi riapre i giochi sulla prescrizione
Italia Viva intende riproporre lo stop alla riforma Bonafede
Sepolta sotto la cenere di una gracile coesione di maggioranza, ora che la maggioranza non c’è più la vecchia tensione sulla prescrizione rischia tra pochi giorni di tornare di stretta attualità. Perché Italia Viva annuncia l’intenzione di riproporre, con un emendamento al disegno di legge sul processo penale, quel blocco della riforma voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e in vigore da un anno, che già si era profilato nell’inverno scorso e che poi era rientrato per effetto soprattutto dell’insorgere dell’emergenza sanitaria.
Ora, svincolata da qualsiasi residuo legame con le altre forze di governo, Italia Viva intende riproporre attraverso un emendamento firmato da Lucia Annibali quello stop alla riforma Bonafede che di fatto farebbe risorgere la meno estrema versione Orlando, mai in realtà testata alla prova dei fatti. Una mossa che va in realtà al di là della semplice provocazione, visto che potrebbe, al voto, raccogliere un consenso tanto ampio da potere rendere necessario l’intervento del presidente della commissione stessa, il grillino Mario Perantoni, per affossare di un soffio la proposta.
E sul disegno di legge per la riforma del processo penale, nel quale è inserito il lodo voluto dal presidente del consiglio Giuseppe Conte per ammorbidire almeno un po’ e per le sentenze di assoluzione in particolare il troppo rigido blocco dei termini di prescrizione con la pronuncia di primo grado, i giochi in realtà sono ancora tutti da fare. La certezza però è che il testo uscirà dalla commissione Giustizia profondamente cambiato. Lo conferma il relatore e vicepresidente della commissione Franco Vazio (Pd) che se da una parte annuncia di non volere presentare emendamenti e di volere invece valutare nel merito tutti quelli che saranno depositati, dall’altra, tirando le fila delle audizioni che si sono svolte in questi mesi, ricorda che «al disegno di legge del Governo sono state sollevate critiche motivate su vari aspetti che io mi sento di condivider».
Per Vazio, centrale è, e deve rimanere, la scelta fatta anni fa per un processo penale improntato al rito accusatorio «una grande conquista sulla quale non possiamo tornare indietro. La formazione della prova davanti al giudice, la parità tra accusa e difesa, la garanzia del controllo collegiale in appello, costituiscono la spina dorsale di quel rito».
In questo senso allora Vazio apre a un’attenta attività di correzione del testo. Anche perché il dubbio, neppure troppo nascosto, facilmente condiviso dalla maggioranza dei deputati della commissione, è che il disegno di legge del Governo sacrifichi troppo sul fronte delle garanzie nel nome di un’asserita volontà di ridurre i tempi di decisione. Con il che si sterilizzerebbe forse l’impatto della nuova cadenza dei termini di prescrizione, ma non si darebbe risposta adeguata alle sollecitazioni per un processo che oltre che breve sia anche giusto.
Più nel concreto allora è molto probabile che passaggi importanti del testo come la trasformazione dei collegi in appello in giudici monocratici e le nuove “udienze filtro” per il giudizio monocratico in primo grado saranno in prima fila tra i punti da aggiustare, per ammissione dello stesso Vazio che se ne dice assai poco convinto.