Il Movimento prende tempo su Raggi, il dossier Roma alla nuova leadership
La decisone finale sulla ricandidatura sarà presa dal futuro vertice Stallo nei Dem. Il Pd non sosterrà la Raggi Nozze difficili con Calenda
All’indomani dell’assoluzione di Virginia Raggi nel M5S la questione Roma viene spostata avanti nel tempo, come un sasso che scotta. «Prima di fine febbraio, inizio marzo il percorso per le comunarie non partirà», è la tempistica che filtra dai vertici. Un’informazione che va letta in filigrana, guardando non tanto all’esito del futuro voto online da parte dei pentastellati, considerato scontato, quanto al calendario: significa infatti che la ricandidatura della sindaca non sarà affare del reggente Vito Crimi, ma diventerà uno dei dossier caldissimi che la prossima leadership collegiale del Movimento si troverà a dover affrontare una volta insediata, entro gennaio. Senza dimenticare l’incognita della pandemia: oggi in pochi scommettono sul fatto che si riuscirà ad andare al voto nelle città in primavera e parlare di rinvio in autunno, come avvenuto già quest’anno per le regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari, non è più tabù.
La partita si inserirà dunque in un puzzle molto complesso, che riguarda il destino stesso del Governo e dell’alleanza con il Pd di Nicola Zingaretti. «La nuova guida Cinque Stelle avallerà la corsa bis di Raggi?», è il quesito tutto politico da sciogliere. Che la prima cittadina non abbia intenzione di desistere e che sia convinta di arrivare al ballottaggio con il candidato che sceglierà il centrodestra è assodato. Nasce anche da qui la sua reazione, sabato scorso, alla sentenza della Corte d’appello che la ha assolta dall’accusa di falso in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello dell’ex fedelissimo Raffaele, a capo del Dipartimento turismo del Campidoglio. Lo sfogo nei confronti del suo partito, che Raggi ha accusato di averle inflitto «quattro lunghi anni di solitudine politica», nasconde un sottotesto chiaro: il verdetto è stato la sua rivincita nei confronti dei nemici interni sospettati di augurarsi che venisse condannata per tagliare le gambe alla sua ricandidatura. Sospetti che tutti, da Crimi a Luigi Di Maio, si sono affrettati a fugare esprimendo pieno sostegno alla sindaca e soddisfazione per la decisione dei giudici.
Ma è altrettanto chiaro che a questo punto la trattativa con i dem sulle città al voto nella primavera 2021 parte zoppa. Perché da Largo del Nazareno escludono cedimenti: il Pd non sosterrà Raggi, come ha subito voluto precisare Zingaretti («Dalla sindaca mi dividono molte cose: visioni politiche e temi amministrativi. Ma è addirittura ovvio dire che il confronto o la battaglia politica nulla deve avere a che fare con le vicende giudiziarie»). Le nozze con l’ex ministro Carlo Calenda appaiono però altrettanto complicate. I dem non hanno certo gradito l’ironia del leader di Azione sulle parole di Zingaretti per il rilancio del Paese né apprezzano la sua ostilità alle primarie. Il tavolo di coalizione “largo” e un programma condiviso restano per loro la via maestra. Ma lo stallo è evidente, così come l’assenza di un nome di peso da contrapporre a Calenda, che ha già fatto sapere di non poter aspettare il Pd ancora a lungo.
All’impasse si aggiungono le bordate dei renziani. Davanti alle indiscrezioni sui piani di Dario Franceschini e dello stesso Zingaretti per correre insieme al M5S in caso di elezioni politiche (indiscrezioni lette nei palazzi più come avvertimento a Matteo Renzi che non come un’ipotesi concretamente percorribile) il deputato di Italia Viva Luciano Nobili ha ironizzato usando proprio la carta Roma: «Buffa l’idea di alleanza elettorale fra Pd e Cinque Stelle rilanciata oggi da Franceschini, con Conte candidato premier. Ho solo una domanda: sul sindaco di Roma, quindi, che fanno? Candidano la Raggi? Auguri, noi no».
Tutto in attesa di capire le mosse del centrodestra. Silvio Berlusconi ieri ha rilanciato la proposta di candidare l’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso e il senatore di Forza Italia Francesco Giro si è detto certo che sia «in grado di chiudere la partita fin dal primo turno». Ma Lega e Fdi restano scettici. E Raggi, alla fine, potrebbe far leva proprio sulle divisioni degli altri per puntellare la sua corsa.