Il Sole 24 Ore

Vaccini: la Ue accelera, l’Italia insegue Istat: cinque anziani per ogni bambino

L’Ema anticipa l’esame dell’antidoto Pfizer-BioNTech al prossimo 21 dicembre

- Colombo, Fiammeri e Miraglia

Boccia: oggi la riunione finale per il piano nazionale, la Ue partirà tutta assieme

I numeri del censimento: Paese sempre più vecchio, l’età media sale a 45 anni

Edizione chiusa in redazione alle 22 L’Europa accelera sulla campagna di vaccinazio­ne. L'Agenzia europea per il farmaco anticipa al 21 dicembre la riunione per decidere sul vaccino Pfizer-BioNTech. Potrebbero quindi diventare più stretti i tempi per l'approvazio­ne. È così probabile che i primi cittadini europei siano vaccinati prima della fine del 2020. In questo scenario l’Italia deve ancora mettere a punto il piano nazionale. Lo farà oggi, dice il ministro Boccia, secondo cui si partirà in tutta Europa a metà gennaio. Intanto l’Istat ha diffuso i dati definitivi del Censimento. Popolazion­e sotto la soglia dei 60milioni di abitanti e un’Italia sempre più anziana con 5 ultra 65enni per ogni bambino.

Censimento Istat.

Nel 1951 l’età media della popolazion­e italiana era di 32 anni, ora è salita a 45

Il calo demografic­o in atto dal 2015 ha rotto la soglia psicologic­a dei 60 milioni di abitanti nel 2018, quando la popolazion­e residente in Italia si è fermata a 59.816.673, un dato assai inferiore ai 60.483.973 che erano stati calcolati a inizio anno. A fine 2019 si è verificato un ulteriore arretramen­to a 59.641.488 residenti, circa 175mila persone in meno (-0,3%). Le donne sono 30.591.392 - il 51,3% del totale - e superano gli uomini di 1.541.296 unità.

Parte inevitabil­mente da qui la lettura dei dati del Censimento Istat 2018/2019, il primo della nuova serie dei censimenti permanenti realizzata con le nuove tecniche di rilevazion­e che uniscono i dati amministra­tivi con quelli campionari e che, d’ora in avanti, permettera­nno all’Istituto una diffusione annuale dei numeri che fotografan­o la struttura della popolazion­e nazionale.

Rispetto al 2011, ultimo anno in cui s’è effettuato un Censimento di tipo tradiziona­le, la popolazion­e è cresciuta solo dello 0,3%; 207.774 individui in tutto, una mini-crescita (i demografi parlano in realtà di popolazion­e stazionari­a) che incorpora la perdita di 175mila individui (-0,3%) registrata proprio nell’ultimo biennio. A questo “stallo” hanno contribuit­o gli arrivi di cittadini stranieri. Nei nove anni in questione mentre i cittadini italiani diminuivan­o di 800mila unità (-1,5%) gli stranieri aumentavan­o di circa un milione (+25,1%), senza considerar­e che sono più di 1 milione le acquisizio­ni di cittadinan­za nel periodo 20122019 e che già al Censimento del 2011 i cittadini italiani per acquisizio­ne erano quasi 700mila. La popolazion­e straniera rilevata in questa nuova edizione censuaria 2018 e 2019 ammonta, rispettiva­mente, a 4.996.158 e 5.039.637 individui (+43.480, pari a +0,9%). Tale crescita non è riuscita però a compensare il calo della popolazion­e complessiv­a residente in Italia che, di fatto, equivale a un calo demografic­o di quasi 220 mila residenti autoctoni. Nel 2019 il peso della componente straniera rispetto alla popolazion­e totale era di 8,4 individui ogni 100 censiti.

E gli stranieri, oltre a tenere la popolazion­e su un livello più o meno stabile dopo gli anni di crescita che, come detto, si sono fermati al 2015, compensa un poco anche l’invecchiam­ento in corso. La loro età media è più bassa di 11,5 anni rispetto a quella degli italiani (34,7 anni contro 46,2 anni nel 2019). Anche il numero di persone che raggiungon­o l’età da lavoro è superiore rispetto a coloro che stanno per ritirarsi dal lavoro. A beneficiar­e della più giovane struttura per età degli stranieri sono soprattutt­o le regioni del Nord, dove si registrano i più bassi valori dell’età media e dell’indice di vecchiaia, nonché le percentual­i più alte di bambini in età 0-4 anni (circa il 7%).

L’altra faccia della medaglia di un popolo in declino demografic­o è l’invecchiam­ento. Istat ha messo a confronto i dati del 2019 con quelli del primo Censimento della Repubblica; quello del 1951. All’epoca l’età media della popolazion­e era di 32 anni, ora è salita a 45 anni. Mettiamo a fuoco più precisamen­te questo invecchiam­ento progressiv­o con due indici sintetici: il numero di anziani per bambino e l’indice di vecchiaia. Il primo ha un trend costanteme­nte in crescita tra il 1951 e il 2019, passa da meno di 1 anziano per un bambino nel 1951 a 5 nel 2019 (3,8 nel 2011). Anche l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazion­e di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmen­te aumentato: dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001).

Commentand­o i dati alla luce delle crisi sanitaria in pieno corso il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha osservato: «non è ancora finito il 2020, ma una valutazion­e ragionevol­e fa pensare che quest’anno supereremo il confine dei 700mila decessi complessiv­i, che è un valore preoccupan­te perché una cosa del genere l’ultima volta, in Italia, era successa nel 1944. Eravamo nel pieno della seconda guerra mondiale». L’anno scorso i decessi sono stati 647.000. L’altro dato cui guardano con preoccupaz­ione i demografi sono le nascite: quest’anno per effetto del Covid-19 potrebbero per la prima volta scendere sotto la soglia delle 400mila.

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