Covid, scontro al Cts ma rimane la linea del rigore Verso la zona rossa
Nel comitato qualcuno avrebbe voluto indicazioni più nette, oggi confronto tra esecutivo e regioni. Il Parlamento approva la risoluzione per gli spostamenti fra piccoli comuni
Ancora nulla di fatto sul lockdown di Natale. Ieri il Cts ha chiesto di inasprire le misure e aumentare i controlli. Ma oltre non è andato, condizionato dallo scontro aspro tra gli scienziati. Il ministro Speranza contava su indicazioni più drastiche per sostenere la linea del rigore. La decisione, tutta politica, potrebbe arrivare oggi e potrebbe essere per il primo Natale in zona rossa.
Il Cts non si sbilancia. Servono misure più restrittive, sostengono gli scienziati. Con i numeri attuali il rischio di un’impennata durante le festività natalizie è quasi una certezza. Ma dal Comitato non arrivano indicazioni su zone rosse o arancio. I tecnici si sono divisi e alla fine hanno preferito passare la palla al Governo. La nuova stretta però è scontata. Giuseppe Conte parla già apertamente di «piano per le festività natalizie» di un «ritocchino» che porterà a «qualche misura ulteriore». Oggi Francesco Boccia e Roberto Speranza si confronteranno con le Regioni. Poi la partita si sposterà all’interno del Governo dove si discuterà del nuovo Dpcm che presumibilmente arriverà entro questa settimana.
Il ministro per gli Affari Regionali e quello della Salute sono i principali esponenti del partito del rigore. «Ci aspettano tre mesi invernali difficilissimi - ha avvertito Boccia - questo significa autodisciplinarci e credo che l’Italia risponderà:prima la salute e poi il business, perché senza la vita non c’è alcun business». Il partito del rigore ritiene che l’unico modo per evitare una terza ondata peggiore forse della prima è il lockdown, in altre parole: fare tutta l’Italia zona rossa. Una scelta che faciliterebbe (fanno notare dal Viminale) anche i controlli per eventuali violazioni. Ma per il premier e con lui i Cinquestelle è «improponibile» imporre l’obbligo di non uscire di casa e puntano all’arancione. Si continua a parlare di un possibile compromesso, un «arancione rafforzato», con misure più stringenti nei giorni festivi e prefestivi. Il che renderebbe ancora più paradossale il voto oggi al Senato sulle risoluzioni per consentire lo spostamento tra piccoli comuni nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno. La maggioranza non è riuscita a presentare neppure una mozione unitaria. C’è infatti quella dei dem per chiedere la mobilità fra i piccoli comuni nei giorni di festa, e l’altra di Italia Viva per impegnare il governo a disporre aperture o chiusure in base ai dati scientifici. Oltre naturalmente a quella dell’opposizione. Si sta tentando di arrivare a una testo comune. Ma il paradosso è che la mozione potrebbe essere poi spazzata via dalle nuove restrizioni: in caso zona rossa non ci può muovere neppure all’interno del proprio comune, altro che trasferirsi di 10 o 20 chilometri.
Ma anche nelle Regioni diverse sono le sensibilità. «La situazione è pesante: è come se quasi sette ospedali grandi di provincia fossero orientati per i pazienti Covid», ha detto ieri Luca Zaia commentando il triste primato del Veneto. Anche il Governatore dell’Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, è sulla stessa lunghezza d’onda: «Siamo pronti a ulteriori restrizioni». I numeri restano allarmanti sia sul fronte contagi che sui ricoveri. Se dopo Natale la curva dovesse nuovamente impennarsi, il sistema potrebbe non reggere perché sia i reparti ordinari che di terapia intensiva hanno superato la soglia di guardia. Di qui la necessità di contenere gli “scambi” d’auguri nel chiuso delle case, senza mascherine e distanziamento. Anche la prospettiva di una riapertura delle scuole in presenza il 7 gennaio pare già tramontata.
La partita si sposterà all’interno del Governo dove si discuterà del nuovo Dpcm che presumibilmente arriverà entro questa settimana