Wall Street, trimestre da record ma con una scivolata finale (-2,4%)
Da inizio aprile l’S&P ha guadagnato più del 17% Non accadeva dal 1975 Il rimbalzo dopo lo shock di marzo è stato corale: Piazza Affari segna +12%
Edizione chiusa in redazione alle 22
Bisogna risalire al 1975 per trovare una trimestre borsistico come quello appena trascorso. È da allora, infatti, che l’S&P non guadagnava più del 17% in soli tre mesi. E anche il Nasdaq, che ha guadagnato il 28%, non correva così dall’ultimo trimestre del 1999, in piena bolla New Economy. Nonostante la frenata delle ultime sedute (ieri l’S&P ha perso il 2,4%) si è trattato di un rimbalzo corale che ha coinvolt anche Piazza Affari: +12%.
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Investitori sostenuti dalle banche centrali, ma alcuni settori, come il credito, hanno solo frenato la caduta
Per trovare un trimestre borsistico come quello appena messo alle spalle bisogna salire sulla macchina del tempo e tornare indietro al 1975. È da allora che l’S&P 500 della Borsa di Wall Street non guadagnava più del 17% in appena un quarto d’anno. Quanto al Nasdaq era dai tempi dell’esplosione della new economy, esattamente dall’ultimo trimestre del 1999, che non metteva a segno una performance del 28%. Le ultime sedute (incluso il rallentamento di oltre due punti percentuali di ieri) hanno un po’ adombrato uno scatto che in ogni caso vede l’indice tecnologico addirittura in territorio positivo da inizio anno (+10%) mentre mancano 6 punti percentuali al fratello maggiore che include le 500 società più grandi quotate gli negli Usa per azzerare le perdite del 2020. Quasi come se il coronavirus – con tanto di curva contagi negli Usa ancora in aumento a tal punto da spingere il Texas a chiudere nuovamente i bar – non fosse mai esistito. Il rimbalzo delle Borse è stato però corale. Nel periodo aprile-giugno Tokyo ha guadagnato il 19%, Shanghai (a cui mancano due punti percentuali per riportare le quotazioni in parità da inizio anno) dell'8%. Ha recuperato in parte anche Piazza Affari (+12%), certo meno del +21,5% messo a segno nel frattempo dal Dax 30 di Francoforte.
Se il trimestre appena concluso è stato davvero da leoni per il mercato azionario, il recupero innescato dai minimi toccati intorno alla terza settimana di marzo, è stato ancora più impressionante. È proprio il caso di scomodare, per l’occasione, la metafora borsistica del Toro. Perché dai minimi di marzo il recupero è talmente forte che sembra trattarsi quasi di un investimento a leva: Francoforte è salita del 43%, perfino un punto in più del Nasdaq 100 dei record oltre quota 10mila. L’indice S&P 500 è balzato del 35%, le Borse europee sono salite in media (indice Eurostoxx 50) del 33%, Piazza Affari del 28%. Di fronte a questi numeri le statistiche del passato non trovano confronti.
A conti fatti molti indici azionari hanno disegnato un recupero a V. Dopo un forte crollo iniziale – che ha colpito tutti i settori indistintamente tranne i pochi titoli impegnati nella corsa al vaccino – le Borse hanno rialzato la testa. Questo non perché nel frattempo l'economia abbia evidenziato un recupero altrettanto spumeggiante ma soprattutto perché la liquidità stanziata dalle banche centrali e dai governi per far fronte all’emergenza pandemica non ha precedenti. Gli investitori – la cui paura più grande è l’incertezza – sono stati sostenuti da un ammontare di liquidità che ha superato (base monetaria M2) quota 85mila miliardi di dollari, sfondando il valore stesso del Pil globale.
Non bisogna però credere che gli operatori finanziari siano impazziti. Se nella prima parte le vendite hanno colpito tutti, nella “fase 2” delle Borse (quella dei riacquisti) il mercato è stato molto selettivo. La prova arriva dal Nadaq100, l’unico indice in nero nel 2020. Delle 100 società che lo compongono 39 sono invece in perdita e quindi non hanno preso parte al rimbalzo a V sfoggiato graficamente dall’indice. Lo stesso dicasi per il settore bancario europeo, il cui grafico assomiglia più a una L.
A mente calda gli operatori hanno venduto a mani basse ragionando per classe di investimento (le azioni). A mente fredda (dopo aver metabolizzato gli effetti del lockdown) si è passati allo stock picking, alla selezione dei cavalli vincenti. Quelle società che hanno subito meno danni dalla pandemia o addirittura – per l'effetto acceleratore che il virus ha innescato su alcuni modelli di business, tecnologico in primis – ne sono uscite rafforzate. Non è quindi un caso che tra le prime del Ftse Mib ci siano società come Nexi (specializzata nei pagamenti digitali, +75% dai minimi) o Fineco (+71%, attiva nel trading online e nel risparmio gestito). Mentre al Nadsaq la prima della classe è Zoom (+270%). Prima della pandemia in pochi conoscevano questa piattaforma per le video-chiamate, oggi è sulla bocca di tutti. Che dire poi del caso della tedesca HelloFresh, attiva nella consegna a domicilio di cibi freschi: dai minimi di marzo è rimbalzata del 150% ottenendo la palma di migliore società dello Stoxx 600 Europe. Insomma, recupero da Toro sì ma non per tutti. Del resto, lo stesso governatore della Bce Christine Lagarde ieri ha avvertito che per alcuni settori dell'economia la crisi porterà a trasformazioni definitive, alcune società emergeranno più forti e altre saranno travolte.