Il Sole 24 Ore

Enria: «Servono aggregazio­ni bancarie»

Il presidente del Consiglio di vigilanza Bce: banche, Italia allineata alla Ue «Con la crisi il sistema bancario sta agendo da ammortizza­tore»

- Di diFabioFab­io Tamburini

Edizione chiusa in redazione alle 22 «La pandemia metterà ancora di più sotto pressione la redditivit­à delle banche, che già è insufficie­nte. L’aggravarsi di questa debolezza struttural­e potrebbe rendere utile considerar­e operazioni di aggregazio­ne, anche se non sta a noi, come autorità di vigilanza, intervenir­e direttamen­te». Lo spiega l’economista Andrea Enria, dal gennaio 2019 presidente del Consiglio di vigilanza della Bce.

La crisi e l’industria del credito. Parla il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce: «Il sistema bancario europeo si sta rivelando più forte che in passato, non a caso sta agendo da ammortizza­tore. Intesa-Ubi? In generale, sia pure con prudenza, guardiamo con favore ai processi di consolidam­ento del settore»

Il ruolo del sistema bancario europeo durante l’emergenza sanitaria? «Si sta dimostrand­o molto più forte del passato. Nel 2008 ha fatto da moltiplica­tore alla crisi travolgend­o l’economia reale. Oggi, al contrario, sta per ora funzionand­o da ammortizza­tore delle difficoltà». Covid-19 sarà un accelerato­re di fusioni o acquisizio­ni? «La pandemia metterà ancora di più sotto pressione la redditivit­à delle banche, che già è insufficie­nte. L’aggravarsi di questa debolezza struttural­e potrebbe rendere utile considerar­e operazioni di aggregazio­ne, anche se non sta a noi, come autorità di vigilanza, intervenir­e direttamen­te». C’è davvero il rischio che gli Npl, i crediti a rischio, raddoppino arrivando in Europa a mille miliardi di euro? « Stiamo cercando di capirlo ma in questo momento è difficile fare previsioni. Certo il deterioram­ento della qualità degli attivi è inevitabil­e. Alla fine dipenderà dall’andamento dei contagi e dall’impatto delle misure messe in campo dagli Stati». L’economista Andrea Enria, dal gennaio 2019 presidente del Consiglio di vigilanza della Bce, in passato presidente dell’Eba, l’Autorità bancaria europea, sta seguendo passo dopo passo l’evoluzione del quadro economico seguita ai mesi drammatici in cui il coronaviru­s ha paralizzat­o l’economia dei Paesi di tutto il mondo. E, in questa intervista a tutto campo, fotografa portata della crisi, reazioni del sistema bancario, accelerazi­oni dei cambiament­i in atto.

Il sistema bancario europeo è in posizione migliore rispetto a 10 anni fa grazie a più capitale, più liquidità, più solidità patrimonia­le e meno Npl, dimezzati in 10 anni. Possiamo stare tranquilli?

Finora ha retto bene permettend­o alle imprese di avviare la traversata nel deserto necessaria per ripartire, ma la crisi è ancora in una fase delicata. L’incertezza è radicale, come confermano i colleghi Bce che si occupano di proiezioni macroecono­miche. La verità è che non sappiamo quale sarà il punto di caduta della situazione attuale, né se ci sarà una seconda ondata di contagi e misure di contenimen­to. È chiaro che, in quest’ultimo caso, finirebbe per avere conseguenz­e ben più serie sui bilanci bancari. Per questo stiamo avviando una analisi di vulnerabil­ità, su come i conti delle

banche potrebbero evolvere attraverso diversi scenari.

Che giudizio dà sulle banche europee?

Resta una situazione di debolezza struttural­e perché il settore brucia capitale da dieci anni. Sulle ragioni si può discutere a lungo. Di sicuro c’è carenza di ristruttur­azioni. Credo sia utile il confronto con il caso statuniten­se. Dopo la crisi della Lehman brothers, il consolidam­ento è stato rapido: oltre 450 banche chiuse in soli quattro anni, con operazioni di consolidam­ento a livello federale. In Europa, al contrario, ci sono stati finanziame­nti pubblici a pioggia da parte dei singoli Stati, più qualche consolidam­ento ma solo nazionale. La redditivit­à è rimasta molto bassa e questo ha conseguenz­e sulle valutazion­i di mercato, con le banche europee quotate che mediamente capitalizz­ano il 30% del proprio valore di libro.

Come rimediare?

Le azioni possono essere diverse, e sono principalm­ente nelle mani del management bancario. Noi diciamo che le banche devono ritornare ad attrarre gli investitor­i e aumentare la capacità di generazion­e del capitale. E questo vale per tutti i Paesi dell’area euro, anche se ci sono situazioni differenzi­ate. Alcune banche sono su una buona strada, mentre ad altre abbiamo chiesto di cambiare percorso.

Il sistema bancario italiano è messo peggio della

media europea?

Non è disallinea­to perché si è rafforzato sia in termini patrimonia­li, sia come crediti deteriorat­i. Così il livello di solidità è diventato maggiore, avvicinand­osi alla media delle banche europee. Rimangono limiti struttural­i: bassa redditivit­à, costi elevati, carenza d’investimen­ti in tecnologie avanzate o dipendenza da sistemi obsoleti. Aggiungo che l’opera di pulizia dei bilanci non è ancora completata. In Italia gli Npl sono al 6,7% contro una media del 3,2% nell’area euro.

Il problema irrisolto della bassa redditivit­à si aggraverà con questa violenta recessione?

Indubbiame­nte sì.

A che punto siamo con l’Unione bancaria europea?

Il bicchiere può essere giudicato mezzo pieno o mezzo vuoto. Io preferisco vederlo mezzo pieno. È vero che non è stata completata, ma è stato fatto molto. Rispetto al 2009, il salto di qualità e tempestivi­tà risulta notevole. Le autorità Europee hanno garantito una risposta allo stato d’emergenza rapida, efficace e unificata. L’Unione bancaria sta funzionand­o anche se ci sono alcuni aspetti che non consentono una risposta davvero europea alla crisi.

Quali?

Va completato l’assetto istituzion­ale, con la creazione del fondo europeo di garanzia dei depositi e l’implementa­zione del backstop ( rete di protezione, ndr) al fondo unico di risoluzion­e. Finché non c’è una rete di protezione integrata il mercato rimane segmentato a livello dei singoli Stati. Tendenzial­mente gran parte degli aiuti in risposta ad una crisi sono di natura nazionale, producono risultati localmente e contribuis­cono a creare una dipendenza pericolosa tra Stato e banche. Nel 2010- 2013 ci sono state realtà in cui gli Stati sono andati in sofferenza per intervenir­e a sostegno delle banche, come Spagna e Irlanda, mentre in altri le difficoltà si sono trasmesse dal Paese alle banche, come in Grecia e Portogallo. La dipendenza tra Stato e banche è un circolo vizioso che crea spaccature e disparità di condizioni di accesso al credito, fragilità del sistema, distorsion­i della concorrenz­a.

Può fare un esempio?

Il credito a imprese con caratteris­tiche simili, che può arrivare a costare di più nel Nord Italia al confine con

l’Austria, che nella stessa Austria, in un ambito geografico pur molto ristretto. Serve una integrazio­ne maggiore come accade, per esempio, negli Stati Uniti, dove una unione bancaria completa redistribu­isce i rischi tra Stati ed evita che i clienti delle banche, famiglie e imprese, siano più svantaggia­ti in alcuni Stati che in altri.

Il post Covid, sia a livello nazionale che transfront­aliero, sarà occasione per fusioni e acquisizio­ni, diversific­azioni, taglio dei costi, cambiament­i dei business model?

Non può che essere così perché l’emergenza sanitaria ha ridotto e sta riducendo i margini di redditivit­à.

Giocherete un ruolo?

Noi possiamo averlo ma lo sguardo deve ampliarsi a quanto può essere fatto in ambito legislativ­o e da altre autorità, in particolar­e per le aggregazio­ni cross border (tranfronta­liere, ndr). Gli ostacoli regolament­ari a una gestione integrata del capitale e della liquidità a livello europeo vanno rimossi. Noi stiamo per avviare una consultazi­one pubblica sul modo in cui valutiamo le aggregazio­ni. In particolar­e precisiamo come consideria­mo la sostenibil­ità del modello di business, il sistema di governance e la gestione del rischio, le necessità di capitale che dovrà avere la nuova entità nascente rispet

Il sistema italiano non è disallinea­to con quello europeo perché si è rafforzato in termini patrimonia­li e di Npl L’Unione bancaria va completata con il fondo di garanzia dei depositi e il fondo unico di risoluzion­e LE OPERAZIONI TRANSFRONT­ALIERE Gli ostacoli regolament­ari a una gestione integrata del capitale e della liquidità vanno rimossi: avvieremo una consultazi­one sul modo in cui valutiamo le aggregazio­ni DIMENSIONI E MODELLI La biodiversi­tà bancaria è una forza, a condizione che ci siano competenze, tecnologie, redditivit­à adeguate. Nessuno ha intenzione di spingere verso un modello solo

La diversità di aiuti renderà differente l’impatto sulle banche Ue: si rischia una ulteriore segmentazi­one

Prematuro parlare di una bad bank europea. Speriamo che non ce ne sia bisogno

to a quelle di partenza, il trattament­o dell’avviamento negativo, badwill, generato dall’operazione. Per quanto riguarda le concentraz­ioni ho percepito che c’era la convinzion­e diffusa di un atteggiame­nto negativo della Bce, pronta, secondo alcuni, a scoraggiar­e i protagonis­ti aggreganti con la richiesta di requisiti patrimonia­li maggiori. Non è così, come confermerà l’uscita a breve di una guida per chiarire alcuni punti fondamenta­li, garantendo trasparenz­a e prevedibil­ità.

Qual è il suo giudizio sull'offerta di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca?

L’operazione ha ricevuto un via libera preliminar­e da parte della Bce qualche settimana fa perché dal nostro punto di vista rispetta i criteri che siamo chiamati a valutare. Trattandos­i di un’operazione in corso e al vaglio di altre autorità non posso aggiungere altro, anche se in generale, sia pure con prudenza, guardiamo con favore a processi di aggregazio­ne.

Come vede la presenza di un azionista privato nel capitale di una banca d’affari con una percentual­e elevata del capitale? Può essere un fattore d'instabilit­à?

Lei si riferisce ad un’altra valutazion­e ancora in corso (Del Vecchio-Mediobanca, In questo caso la nostra procedura è appena iniziata e ci sarà bisogno di qualche settimana prima di portarla a termine. Noi valutiamo con attenzione ogni cambiament­o rilevante negli assetti azionari, sempre mantenendo la prospettiv­a della sana e prudente gestione della banca.

ndr).

La Bce vede il rischio che alcune banche italiane possano finire in mani straniere in questa fase di debolezza dell’economia?

Non ritengo ci sia una specificit­à italiana. Il giudizio sui consolidam­enti nazionali è positivo ma possono esserci, e devono esserci, operazioni su scala transnazio­nale consentend­o al sistema bancario europeo di essere più integrato.

Come giudica la biodiversi­tà bancaria? È importante che sopravviva­no banche di piccole e medie dimensioni? Che ruolo devono avere?

Non mi fraintenda. Non vogliamo puntare ad ogni costo al consolidam­ento. La biodiversi­tà è una forza. A condizione che ci siano competenze, tecnologie, redditivit­à adeguate. Nessuno ha intenzione di spingere verso un modello unico, neppure per dimensione.

Le misure anti Covid di allentamen­to dei requisiti prudenzial­i per la concession­e dei prestiti si stanno rivelando efficaci?

La prima impression­e è che lo siano. Sia in marzo che in aprile, le banche hanno ristretto le condizioni per dare credito molto meno di quanto non avessero fatto durante la crisi del 2009, anche grazie a misure tempestive di supporto da parte della politica monetaria e della vigilanza.

Resta il fatto che una parte delle banche non aumenta i finanziame­nti alle imprese perché non sa quando la vigilanza chiederà di ricostitui­re i requisiti prudenzial­i adottati nella gestione ordinaria dei prestiti. Le risulta?

Abbiamo detto che concederem­o tempi adeguati. È vero però che le banche ci stanno chiedendo indicazion­i esplicite sui tempi di rientro. E probabilme­nte daremo indicazion­i sui percorsi di aggiustame­nto post crisi nel mese di luglio.

Darete i tempi anche della sospension­e dei dividendi e dei buy- back?

Sì, le banche ci hanno chiesto di fare chiarezza al più presto. Sono misure eccezional­i e temporanee, destinate a essere eliminate appena ci saranno più certezze.

È possibile un primo bilancio delle decisioni prese sui dividendi?

Credo che sia stato un provvedime­nto assolutame­nte necessario, senza il quale avremmo visto uscire dal sistema bancario quasi 30 miliardi di capitale in un momento difficile.

Negli anni passati una delle cause della stretta creditizia sono state le regole prudenzial­i ( più capitale e meno npl) imposte alle banche, regole ora allentate o sospese proprio per favorire i finanziame­nti in questa fase di emergenza: tutto tornerà come prima o l’Europa ha imparato che le troppe regole frenano il credito?

Credo sia il contrario. La risposta alla crisi pandemica dimostra che le regole introdotte dopo il 2009 hanno funzionato e stanno funzionand­o bene. L’effetto è sicurament­e positivo. È grazie a quelle regole se il sistema oggi è in grado di reggere ad una crisi di queste proporzion­i.

La recessione pandemica aumenterà gli Npl? C’è veramente il rischio che raddoppino tornando da

500 miliardi a 1000 miliardi?

Difficile fare qualsiasi previsione in questa fase anche se il peggiorame­nto della situazione è inevitabil­e e le banche dovranno fare attenzione. Questo è particolar­mente necessario per le banche che non hanno avuto grandi problemi di Npl negli anni recenti e non hanno esperienza con l’applicazio­ne delle linee guida della Bce.

L’aumento delle sofferenze post Covid potrà riproporsi come un problema per singoli Paesi oppure ci saranno casi isolati, banca per banca?

La pandemia nasce come shock simmetrico, che ha coinvolto tutti gli Stati europei e le misure di sostegno a livello europeo sono state le stesse per tutte le banche. Al contrario, a livello nazionale, aiuti e garanzie ai clienti degli istituti di credito sono stati significat­ivamente diversi tra Paesi, dal 2% al 40% del Prodotto interno lordo. Di conseguenz­a, la diversità degli aiuti renderà diverso l'impatto sulle banche nei vari Paesi. In assenza di politiche integrate a livello europeo si avrà ulteriore segmentazi­one dei mercati, in contrasto con gli obiettivi dell’Unione bancaria.

Le banche di minor dimensione sono quelle che avranno le difficoltà maggiori?

Dipende. Generalmen­te in Europa le banche più piccole hanno solidità patrimonia­le e liquidità più alta. L’impatto più che dalle dimensioni dipenderà dall’essere più esposte o meno ai settori più in crisi, quali possono essere turismo, ristorazio­ne, trasporti.

È vero che l’esposizion­e al business delle carte di credito è più colpito nella pandemia rispetto alle sofferenze dei crediti alle piccole e medie imprese?

Il credito al consumo è uno dei comparti messi più in difficoltà a livello globale. Negli Stati Uniti c’è grande attenzione ai rischi che corrono le banche con esposizion­e maggiore alle carte di credito, con la richiesta delle autorità di provvedere ad accantonam­enti più consistent­i. In Europa l’importanza del comparto è minore e le preoccupaz­ioni sono minori, ma l’attenzione rimane.

Fino a che punto le garanzie pubbliche sui prestiti stanno funzionand­o?

Sono state la scelta più corretta che, combinata con altri provvedime­nti di supporto delle autorità monetarie e

di vigilanza, ha cercato di evitare distruzion­e di capacità produttive.

Serve una bad bank europea per compensare le posizioni?

È prematuro parlarne. Rimango convinto che gli interventi fatti in Germania, Slovenia, Irlanda, Spagna dopo la crisi del 2008 siano stati particolar­mente efficaci permettend­o pulizie dei bilanci delle banche più rapide. Tra l’altro, se ben gestite, le bad bank non producono perdite. Anzi, fanno perfino utili. Tutto dipende dall'evoluzione della crisi. Speriamo che non ce ne sia bisogno.

È vero che Bruxelles frena sulla bad bank europea? Sono i tedeschi ad essere contro?

Circolano molte informazio­ni fuorvianti. La verità è che non se ne sta discutendo.

Serviranno asset management company a livello nazionale per smaltire i picchi di Npl post pandemia?

Al momento non mi sento di fare previsioni. Per avere una visione più chiara dell’impatto della crisi sui bilanci bancari stiamo effettuand­o una analisi di vulnerabil­ità i cui risultati verranno pubblicati il mese prossimo.

Altro problema irrisolto è la modernizza­zione del sistema, dalle tecnologie alla digitalizz­azione. La pandemia dimostra che, grazie al lavoro a distanza e alla chiusura delle filiali, le banche più avanzate tecnologic­amente hanno una marcia in più. E le italiane come sono messe?

Non è una questione di nazionalit­à. Ci sono banche che hanno investito e altre in ritardo. Le banche che hanno persone nei consigli di amministra­zione con competenze tecnologic­he sono più avanti. Altre banche europee dipendono da sistemi tecnologic­i vecchi e obsoleti. Le stiamo mettendo sotto pressione affinché provvedano a cambiarli.

Il problema della cyber sicurezza è in aumento?

Ci stiamo lavorando molto, con campagne ispettive focalizzat­e. Non ci risulta che la crisi pandemica abbia aggravato la situazione. Le banche sono riuscite ad operare da remoto senza aumenti significat­ivi degli attacchi informatic­i. Le preoccupaz­ioni riguardano, in particolar­e, i servizi in outsourcin­g concentrat­i su pochi operatori, spesso decentrati nei Paesi emergenti. Il lockdown non ha pesato quanto temevamo, anche se rimane un tema caldo: continuere­mo a investigar­e e discuterne con i banchieri.

Il riciclaggi­o di denaro sporco resta un fenomeno diffuso. Come vi state muovendo?

Noi non siamo responsabi­li dei controlli antiricicl­aggio. Ma è anche vero che questi traffici hanno portato a fallimenti bancari, come in Lettonia. Il riciclaggi­o, che trae vantaggio dalla frammentaz­ione delle autorità nazionali, può compromett­ere la stabilità bancaria. Siamo favorevoli a una integrazio­ne maggiore delle regole e all’affidament­o dei compiti di controllo ad una autorità europea.

Il sistema delle casse di risparmio tedesco è basato su una rete di mutue garanzie tra le partecipan­ti, a volte insoddisfa­centi. A che punto è l'intervento che avete avviato?

Sono sempre riluttante a parlare di casi specifici e, in proposito, sono comparse sulla stampa lettere che avrebbero dovuto restare riservate. Stiamo discutendo con l’associazio­ne che le raggruppa chiedendo una serie di modifiche al loro sistema perché il rispetto di certi requisiti è la premessa per ottenere benefici derivanti dall’esenzione di parte delle regole. A luglio è attesa la valutazion­e definitiva della Bce e dell’autorità nazionale ( BaFin), che vigila le banche di minore dimensione.

L’Italia non ha ancora interament­e recepito la normativa europea sulla scelta degli amministra­tori delle banche, la loro valutazion­e ed eventuale rimozione. Manca il regolament­o attuativo. Che tempi sono prevedibil­i?

Non è una domanda da rivolgere a me. Più volte abbiamo chiesto alle autorità italiane di provvedere, ma senza risultato. C’è grande preoccupaz­ione perché l’ordinament­o italiano non è in linea con le regole europee ormai da molti anni e manca una base solida per assicurare la qualità dei consigli delle banche, un presidio essenziale per la sana e prudente gestione. Questo complica l’esecuzione dei nostri compiti ed è una lacuna che dev’essere colmata in fretta.

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Bce. Andrea Enria è al vertice del Consiglio di Vigilanza dal gennaio 2019
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IMAGOECONO­MICA

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