Spazi a metà tra scrivanie e relazioni
Gli interni progettati con team multidisciplinari, dall’hr al marketing, seguono organizzazione e business, sempre più influenzati dallo smart working
Se negli ultimi anni lo skyline delle città è stato stravolto dalla comparsa di edifici che, in altezza, come le torri di Citylife e quelle di Porta Nuova a Milano, o in lunghezza come la Microsoft house, hanno cambiato il volto delle città, lo stesso può dirsi per gli interni. Con una differenza e cioè che non si vedono, a meno che non si lavori in uno dei nuovi edifici. Tanto in quelli di nuova costruzione, che in quelli che sono stati ristrutturati, gli spazi hanno preso una forma che segue il modo diverso di lavorare di questi ultimi anni, soprattutto nelle grandi imprese. Non più necessariamente in sede, ma sempre più in smart working, da remoto o dal cliente. Questo ha costretto a ripensare il ruolo delle postazioni, spesso non assegnate, e gli spazi: si allargano quelli comuni, dedicati allo svolgimento di attività in team e con i clienti. E l’emergenza sanitaria, dovuta al Covid-19, per quanto abbia svuotato forzatamente le sedi di lavoro porterà a ulteriori ripensamenti degli spazi.
Un team con 17 nazionalità
Mentre nella torre di PwC - il cui cantiere è stato interrotto a causa dell’emergenza sanitaria -, sono ancora allo studio gli allestimenti interni, sono già a regime e collaudati da tempo gli spazi di Microsoft, EY, Siemens, Prysmian, Alcatel Lucent. A realizzarli il Gruppo Lombardini22, nato nel 2007 grazie all’iniziativa di sei professionisti appartenenti a background differenti che hanno introdotto un approccio innovativo nel mondo della progettazione e dell’architettura italiana. Oggi nel maxistudio lavorano quasi 300 tra architetti, ingegneri, designer, specialisti della comunicazione, con un’età media che sfiora i 35 anni. Ben 17 sono le loro nazionalità diverse, così come diverse sono le loro specializzazioni, che sono spiegate con il metodo multidisciplinare e multiautoriale, basato su un’attività di analisi e consulenza strategica pre-progetto, sviluppata da professionisti altamente specializzati in tutte le discipline dell’architettura, dell’ingegneria, del marketing e della comunicazione. Il gruppo ha creato anche una apposita divisione, chiamata Degw che è leader nella progettazione integrata di ambienti per il lavoro. Alessandro Adamo, che la guida ed è uno dei 7 partner dello studio, si definisce un architetto di servizio che con il suo team accompagna i clienti. Vediamo cosa fa.
Prove di team building a distanza
Sono i clienti «i veri traghettatori verso le nuove modalità di lavoro. Ho iniziato a lavorare oltre 30 anni fa, ventenne, da giovane studente di architettura e mi sono sempre occupato dell’allestimento di luoghi di lavoro», racconta Adamo. Nella sua parabola trentennale ha vissuto la trasformazione della sua professione dove ai lucidi, ai supporti fisici e ai fax si sono via via sostituiti i pc, i programmi e i software che hanno cambiato anche i tempi delle realizzazioni. «I grandi progetti sono frutto di lavoro di team: se un tempo era necessario vedersi, lavorare fianco a fianco, oggi non lo è più, necessariamente - dice Adamo -. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha stressato molto questo concetto e ha fatto emergere l’importanza del supporto della tecnologia, anche nel team building. Così a fine giornata, ogni giorno, faccio un momento di briefing con i miei collaboratori in modo da non perdere lo spirito che caratterizza il nostro gruppo in questo momento in cui stiamo lavorando solo a distanza».
Dai corridoi agli open space
Per capire in che direzione ci porta la parabola degli spazi di lavoro, Adamo ci riporta indietro di trent’anni, quando le organizzazioni avevano 6 o 7 livelli standard di spazio e non esistevano spazi open o spazi comuni. A caratterizzarli erano lunghi corridoi centrali con uffici a destra e a sinistra e dimensioni legate alla gerarchia. Il 90% dello spazio era dedicato agli uffici, mentre il restante 10% alle sale riunioni. Negli anni ’90 arriva il brutale passaggio agli open space e a una razionalizzazione degli spazi. «Le aziende hanno iniziato a lavorare sul concetto di efficienza, sull’aumento del numero di persone al metro quadro, abbattendo le pareti, con un evidente effetto prateria. Per le scrivanie c’era comunque bisogno di una certa profondità perché non esisteva il lavoro da remoto e i Pc degli uffici erano comunque fissi e di importanti dimensioni».
Spazi , lavoro e business
Ogni progetto di interni ha uno sviluppo che oggi è molto più complicato e ritagliato proprio sulle specificità di business e di approccio al lavoro. «La consulenza ne ha uno completamente diverso dalle assicurazioni o dalle banche o dalla manifattura. Per questo prima di elaborare un progetto studiamo a fondo l’organizzazione – interpreta Adamo – e nel progetto lavoriamo in stretta collaborazione con più funzioni, dall’hr fino al marketing». Ci sono però delle tendenze che si stanno via via affermando e che sono il filo rosso di molti progetti. Partendo dagli ingressi, le reception non sono più e sempre caratterizzate dai tornelli, ma da welcome desk a cui ci si registra all’ingresso e che hanno aree conviviali. La distribuzione degli spazi via via sta diventando 50-50 ossia 50% di spazi dedicati agli uffici e 50% dedicati alle aree di supporto che sono un mix di tipologie. Così ci sono le aree che ospitano le scrivanie prenotabili, quelle con phone booth dove poter fare call, sale riunioni, silent room dove ci si può ritirare quando si ha bisogno di maggiore