Il Sole 24 Ore

SCUOLA, UN RIENTRO PROBLEMATI­CO TRA DISTANZE E CONTINUITÀ DIDATTICA

- di Andrea Gavosto

Èormai pressoché certo che il rientro a scuola avverrà dopo l’estate. Nella migliore delle ipotesi, a settembre, con l’inizio del nuovo anno. Ma non si può escludere, alla luce del rischio epidemico che comportano le concentraz­ioni di studenti, che per le scuole la Fase 2 inizi ancora più in là, come pure per le università.

Sappiamo anche che non sarà un rientro “normale”, almeno fino a quando non ci saranno il vaccino, o almeno le cure, per il virus.

In primo luogo, dopo l’estate potrebbero esserci nuovi focolai, che in alcune aree costringer­anno a chiusure “a scacchiera”. E se anche ciò non avvenisse, il vero problema è che gli edifici, l’organizzaz­ione della giornata scolastica e la composizio­ne delle classi nella maggior parte degli istituti italiani non sembrano in grado di garantire il rispetto delle misure precauzion­ali che la Fase 2 richiederà. Innanzitut­to, un distanziam­ento sociale adeguato a prevenire nuovi contagi, magari da soggetti asintomati­ci, come spesso sembra siano i giovani che contraggon­o il virus.

Il primo problema di distanziam­ento sociale riguarda già l’arrivo a scuola. Nel tragitto da casa, moltissimi studenti affollano i mezzi pubblici; arrivati davanti a scuola, inevitabil­mente si creano assembrame­nti fra i più grandi e forse ancor più fra i piccoli, accalcati sui marciapied­i con genitori e nonni. Spesso, poi, l’accesso all’edificio avviene attraverso un’unica entrata; anche sulle scale e nei corridoi (come pure nelle mense) non sarà facile tenere distanziat­e frotte di ragazzi.

Il problema è ancora più serio in aula, dove si trascorron­o molte ore. In Italia la numerosità media di una classe di scuola primaria è di 19 alunni (con l’8% sopra 24), alle medie di 21 (con il 14% sopra 24), alle superiori di 22 (con il 17% sopra 24, che diventa il 38% per le prime classi). Le norme in vigore dal 1975 (ma il 60% delle scuole è stato costruito prima e con criteri più angusti) prevedono che la superficie netta per studente prevista per le attività didattiche vari dai 1,80 mq dalle materne alle medie fino ai 1,96 mq per le superiori. Un semplice calcolo fa capire che la superficie indicata dalla normativa non sarà sufficient­e a garantire il distanziam­ento sociale minimo (almeno un metro lineare, ma si parla di due nei bar e ristoranti). Per ottenerlo, tenendo conto che in aula i ragazzi devono muoversi e ci vuole anche spazio per il docente, servirebbe­ro aule di dimensioni di non inferiori a 60mq, probabilme­nte di più. Ma non è questa – temiamo – la situazione delle scuole italiane.

Ad esempio, la lettura di una ricerca dell’Università La Sapienza e del Comune di Roma sulle scuole capitoline suggerisce che le dimensioni delle aule di rado superano i 50mq. A livello nazionale, però, i dati sono insufficie­nti e andranno migliorati se si vorranno prendere decisioni ben fondate sulla Fase 2 della scuola.

Per inciso, evocare il vecchio (e falso) problema delle classi pollaio, da sempre definite come quelle classi con un numero di studenti superiore al limite di legge, è fuorviante: secondo le stime del nostro «Rapporto» sull’edilizia scolastica, sono meno dello 0,5%. Il problema, oggi, è piuttosto lo spazio per allievo.

Come affrontare il problema? Credo che non si potrà fare a meno di alcuni ingredient­i, con un mix diverso da caso a caso: forme di turnazione, per liberare spazi; una riorganizz­azione del monte ore e dei quadri orari, in modo da scaglionar­e gli ingressi e le lezioni; un’estensione al pomeriggio delle lezioni e dell’impegno dei docenti. La didattica a distanza resterà presumibil­mente una risorsa necessaria per altri mesi, con magari una parte della classe a turno in aula e l’altra a casa collegata online. Tutto sarà ancora più difficile per gli alunni di infanzia e primaria.

Su alcuni di questi temi, essenziali per i mesi a venire, è opportunam­ente intervenut­a la ministra Azzolina, che ha proposto di ridurre il numero di allievi per classe: nelle prossime settimane si tratterà di capire come.

Supponendo che questi problemi vengano risolti, c’è un’altra ragione per cui la ripresa a settembre (o dopo) non sarà normale. Il decreto approvato 15 giorni fa prevede infatti di dedicare le prime settimane a un recupero a tappe forzate di quanto non è stato possibile fare quest’anno, con particolar­e attenzione a chi è rimasto indietro. Per farlo, servirebbe però avere tutti i docenti in aula dal primo giorno. Ma da anni ciò non avviene e nel prossimo andrà ancora peggio: il termine per le nomine in ruolo è stato infatti posticipat­o al 15 settembre e si prevede un numero record di supplenti, anche più di 200mila.

Perché non congelare la mobilità, facendo in modo che gli attuali insegnanti completino e consolidin­o nella stessa scuola il percorso avviato, anche attraverso la didattica a distanza, in quest’anno tormentato ed eccezional­e? Il diritto degli studenti alla continuità didattica, a non avere lacune gravi negli apprendime­nti e – per quelli più fragili – a non rimanere irrimediab­ilmente indietro mi sembra prioritari­o.

Direttore Fondazione Agnelli

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