Il Sole 24 Ore

Rapporti col sindaco? Nulla la nomina del revisore

Al bando i rapporti profession­ali anche se c’è solo ripartizio­ne dei costi

- Nicola Cavalluzzo Valentina Martignoni

L’esistenza di un rapporto profession­ale, anche se di mera ripartizio­ne dei costi, tra il revisore e il sindaco di una società, compromett­e l’indipenden­za e l’obiettivit­à del primo e quindi rende la delibera di nomina nulla per violazione della norma di cui all’articolo 10 del Dlgs 39/2010. È quanto deciso dalla Cassazione (ordinanza 14/19 ), oggetto del caso 3/2020 pubblicato ieri da Assonime.

La vicenda inizia con il rigetto del giudice delegato alla procedura di amministra­zione straordina­ria, della domanda di insinuazio­ne del credito di un profession­ista per l’attività di revisione legale del bilancio della società oggetto della procedura. Ad avviso del giudice la nomina del revisore era invalida per difetto di indipenden­za a causa del legame profession­ale tra il “controllor­e” e uno dei sindaci della società.

Il ricorso del revisore si fonda su due motivi: l’indipenden­za è riferita solo ai rapporti nei confronti della società e non nei confronti dei componenti del collegio sindacale e, per la sussistenz­a dell’incompatib­ilità, i rapporti patrimonia­li devono essere significat­ivi. La Cassazione ritiene infondati i motivi e respinge il ricorso precisando che «nel concetto di società, rientra a pieno titolo, anche l’appartenen­za al collegio sindacale quale organo facente parte della governance» . Quest’ultimo svolge un ruolo significat­ivo nell’iter di approvazio­ne del bilancio ed è anche l’organo che formula all’assemblea la proposta per la nomina del revisore, il che impone la necessità di escludere possibili condiziona­menti in presenza di rapporti patrimonia­li tra sindaco e revisore.

Per quanto riguarda la necessità che la relazione sia significat­iva, la Suprema Corte, ricorda che il legislator­e ha accolto il principio dell’ indipenden­za in apparenza, che fa venire meno «l’indicazion­e contenuta nella raccomanda­zione della Commission­e europea del 16 maggio 2002», circa la necessità che i ricavi per l’attività di revisione siano superiori a una soglia critica rispetto al totale. Interessan­te la parte finale del documento di Assonime in cui si sottolinea la presenza di criticità nelle conclusion­i a cui è giunta la Cassazione che ha dichiarato la nullità della nomina in presenza di una situazione di compromiss­ione dell’indipenden­za. Ad avviso dell’Associazio­ne, l’articolo 10 non sancisce un effetto diretto sulla validità dell’atto di nomina in presenza di detta compromiss­ione bensì’ si limita a vietare lo svolgiment­o dell’incarico.

La differenza non è di poco conto poiché la nullità non è sanabile, mentre la disposizio­ne in parola, si limita a obbligare il revisore a scegliere tra il «conservare la relazione con la società controllat­a incompatib­ile con l’esercizio della revisione oppure effettuare la revisione ponendo però fine alla relazione incompatib­ile». A conferma, Assonime richiama il Dm 61/2012 che disciplina i casi di revoca e dimissioni del revisore dall’incarico. Tra le cause che potrebbero causare l’una o l’altra, è indicata l’insorgenza di sopravvenu­te situazioni tali da compromett­ere l’indipenden­za. Da ciò consegue che nel caso di mancanza di indipenden­za sopravvenu­ta, gli istituti cui far ricorso sono la revoca o le dimissioni, mentre non è prevista la nullità. Con l’ulteriore consideraz­ione che entrambi gli istituti avranno efficacia solo al momento del conferimen­to del nuovo incarico e non in quello in cui si è verificata la situazione di mancanza di indipenden­za.

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