PROVE (DIFFICILI) DI DIALOGO CON L’APPOGGIO DEL QUIRINALE
Una scelta doverosa oppure un gesto politico. Può avere due letture diverse la decisione di Conte di convocare a Palazzo Chigi l’opposizione per un confronto sulle misure contro l’emergenza sanitaria ed economica ma al momento prevale la prima. Perfino nella maggioranza non si sbilanciano nel dare peso al primo incontro bipartisan di ieri sera ma piuttosto ritengono sia una mossa necessaria spinta dall’urgenza e promossa dal Quirinale. Il fatto è che tra Pd e 5 Stelle c’è il timore di veder aleggiare le larghe intese o i governi istituzionali perché la situazione resta complicata e quindi si preferisce derubricare tutto a normale gesto istituzionale. Dalla parte opposta, Salvini si sta ancora scrollando di dosso le voci di un tentativo di fare patti con Renzi o creare maggioranze allargate e dunque fa di tutto per indebolire il vertice. Insomma, ci sono talmente tante resistenze speculari e reciproche che l’appuntamento di ieri viene svuotato di ogni valenza politica. «Un gesto di cortesia», definisce l’incontro Giancarlo Giorgetti, lui che per primo ha insistito sull’unità nazionale vede invece la coalizione di governo ancora troppo chiusa in se stessa e poco consapevole del crollo economico che vive il Nord e vivrà tutto il Paese.
Di un dialogo - però - non si può fare a meno visto che ci sono provvedimenti che devono necessariamente essere condivisi. Il fatto per esempio di dover sospendere tutte le riunioni affollate – convegni o congressi – o di dover spiegare le buone pratiche per evitare i contagi non ha colore e richiede un messaggio unificato e coerente tra maggioranza e opposizione. Così come richiederebbe un voto compatto l’adozione di misure economiche come auspicherebbero al Quirinale dove “promuovono” ciò che va nella direzione dell’unità. Un obiettivo su cui il capo dello Stato si è confrontato con il premier con il quale il contatto è costante.
Invece è proprio sulle cifre e sui provvedimenti finanziari che si sentono le maggiori distanze tra centro-destra e giallo-rossi così come più esposto alle critiche sarà il premier quando farà (come si diceva ieri) un discorso agli italiani per dare una testimonianza trasparente di quanto è stato fatto dal Governo.
Ieri però Salvini se da un lato faceva fatica a staccarsi dall’unico ruolo che conosce, quello dell’attacco, dall’altro è stato risucchiato dal dovere di collaborazione. E ha mandato i suoi capigruppo al faccia a faccia con il suo avversario preferito: il premier. Del resto non poteva fare altrimenti per una serie di ragioni. La prima è che non può essere assente in un incontro che nasce sotto la spinta dell’emergenza sanitaria e dell’eccezionalità economica. La seconda ragione ha a che fare con i territori coinvolti e che già dialogano con il Governo, come accade con Zaia e Fontana. Pure Salvini ha bisogno di una trattativa nazionale per dare voce al Nord dove la Lega ha la sua base elettorale più forte e la sua classe dirigente. Infine, può mancare il sostegno leghista alla mozione per sforare il deficit? Si tratta però di piccoli passi. Tutti restano in attesa di capire dove porta questa navigazione a vista.