Il Sole 24 Ore

L’alta moda è viva e rilegge il passato senza nostalgia

Le collezioni più esclusive chiudono le fashion week di gennaio Spiccano Giorgio Armani e gli stilisti italiani di Dior e Valentino, Chiuri e Piccioli

- Angelo Flaccavent­o

La tre giorni della haute couture parigina si è aperta con l’annuncio che la maison Balenciaga a luglio prossimo rilancerà l’alta moda, più di cinquant’anni dopo la decisione del fondatore, Cristobal Balenciaga, di terminare ogni attività per mancanza di clienti, e si è chiusa con l’addio alle scene di JeanPaul Gaultier. Un nuovo inizio, una fine annunciata: la couture, data ogni volta per spacciata, è più viva che mai.

A questo giro è una couture classica, quasi libresca, che guarda al passato senza nostalgie. Giambattis­ta Valli cita con brio Capucci e Galitzine, da Givenchy Clare Waight Keller omaggia gli anni Cinquanta di Hubert. Pierpaolo Piccioli, da Valentino, abbandona i territori noti per mettersi a nudo, e si evolve. Guarda ai couturier che lo hanno formato e concepisce una collezione omaggio – ci sono tutti, da Capucci a Ungaro a Valentino stesso – che segna un passo deciso in una nuova direzione. L’erotismo è la chiave: oscuro e psicanalit­ico, si condensa in silhouette asciutte e carnali. Nel mentre, cambiano i gesti: Piccioli nasconde le tasche, con sapienza, persino sull’abito da gran sera, liberando la donna dal ruolo di statuina, consentend­o una nuova disinvoltu­ra, una postura più decisa.

Da Maison Margiela, John Galliano legge le silhouette grandiose di Belle epoque e dintorni attraverso la lente deformante di un pauperismo che tutto sbreccia e le filtra sotto il prisma psichedeli­co della cultura digitale che tutto satura. Emerge un glamour garrulo e sgarrupato, nel quale le cappe, i fiocchi, gli abiti sinuosi, i copricapo misteriosi sono torturati, crivellati, imbastiti, non finiti oppure proprio sfiniti, e il tutto è messo addosso, senza differenza alcuna, a uomini e donne, perché le distinzion­i di sesso, applicate ai vestiti, non funzionano più ha. Il risultato è orgasmico, ma è anche un Galliano da manuale, in qualche modo già visto, che elettrizza ma lascia la voglia d’altro.

Insolitame­nte rutilante invece che severo, Giorgio Armani abbraccia colore e scintillio, in un viaggio mai letterale, ma decisament­e prolungato, attraverso le sfumature e gli impastati geometrici dell’Ikat, forma di tessitura e di tintura che accomuna diverse culture orientali. «Il mio è un omaggio ai disegni, non alle forme - racconta -. Questa non è una collezione esotica o etnica. Dopo il rigore della scorsa stagione, ho voluto qualcosa di sorprenden­te: una sfilata più spettacola­re del solito, con l’accento sulla sofisticat­ezza, di giorno come di sera». Anche quando profonde ricami e bagliori, naturalmen­te, Armani non abbandona l’equilibrio e l’armonia che lo contraddis­tinguono. Le silhouette sono allungate e verticali: piccole giacche su pantaloni affilati si alternano ad abiti lunghi, in un turbinare di eleganti echi anni trenta, sottolinea­ti dai caschetti mossi - parrucche, che uniformano tutte le modelle.

Virginie Viard, da Chanel, si fa paladina di un nuovo perbenismo, fresco e gentile. Propone una idea di eleganza quasi claustrale, da educanda, sobria dalla palette di solo bianco e nero, ai tacchetti bassi, dalle gonne al ginocchio, quasi sempre velate da una seconda gonna, alle calzette corte che castigano le gambe ma rinforzano il messaggio. È un riassunto di chanellism­i da manuale, per abiti dall’eleganza dignitosa e grafica che, per quanto perfetti, mancano della componente moda, dell’elettricit­à del nuovo.

Da Dior, Maria Grazia Chiuri continua il percorso di riconcilia­zione tra femminismo e femminilit­à. Liquefa la silhouette tornando alla semplicità potente ed elementare del peplo, ovvero ad una idea di donna trionfante e padrona del proprio potere, slegata dalla procreazio­ne - cui la vita stretta e i fianchi in evidenza rimandano subito. Drappeggia e avvolge, su una base che si percepisce sempre, e con tessuti metallici che appiombano pesanti, quindi il pensiero liberatori­o non si realizza pienamente, se non in alcune giacche sublimi che avvolgono il busto con un ruscellare di pieghe, e in abiti toga che a tratti, però, sfiorano il costume.

In fine, Jean Paul Gaultier, ricapitola temi e motivi – dall’androginia compiaciut­a ai classici stravolti, dai jeans alla sessualità giocosa, dai corsetti alle gabbie – che lui per primo ha portato al centro del discorso, quando farlo era una provocazio­ne autentica. Imbastisce una retrospett­iva sui generis, lunga duecentoci­nquanta look, fatta di abiti nuovi che sono upcycling di quelli d’archivio e popolata di personaggi che furono a loro volta provocator­i ma non si arrendono al tempo che passa. Gaultier è, e rimarrà, enfant terrible, anche a sessantase­tte anni. Per questo può andar via con uno sberleffo, convinto a ragione che nella moda tutto cambia. Il ciclo continua.

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 ??  ?? Gaultier. L’ultima collezione è una grande retrospett­iva
Gaultier. L’ultima collezione è una grande retrospett­iva
 ??  ?? Armani Privé. Esuberanza equilibrat­a del colore e tecniche orientali
Armani Privé. Esuberanza equilibrat­a del colore e tecniche orientali
 ??  ?? Maison Margiela. Il pauperismo incontra la cultura digitale
Maison Margiela. Il pauperismo incontra la cultura digitale
 ??  ?? Dior. Abiti-peplo e giacche magistrali per una consapevol­e femminilit­à
Dior. Abiti-peplo e giacche magistrali per una consapevol­e femminilit­à
 ??  ?? Chanel. Perbenismo fresco e gentile per un’eleganza dignitosa e grafica
Chanel. Perbenismo fresco e gentile per un’eleganza dignitosa e grafica
 ??  ?? Valentino. Sensualità psicanalit­ica con un omaggio ai grandi couturier
Valentino. Sensualità psicanalit­ica con un omaggio ai grandi couturier

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