Il Sole 24 Ore

Gedi, nel piano di De Benedetti lo scorporo di Repubblica

L’obiettivo è garantire il futuro del quotidiano fondato da Scalfari Il titolo in Borsa ritraccia ma rimane sopra il prezzo proposto da Romed

- Antonella Olivieri

È un piano che riecheggia quanto avvenuto al Guardian quello che Carlo De Benedetti ha in mente per Repubblica: prima lo scorporo, poi la fondazione

Carlo De Benedetti considera plausibile l’ipotesi di un’offerta per la testata Repubblica per trasferirl­a sotto una fondazione “modello Guardian”, un modello in cui con le donazioni si sostiene la libera informazio­ne in un momento in cui è struttural­mente difficile far quadrare i conti, svincoland­ola dalle costrizion­i economiche. Gli indizi li ha forniti lo stesso ingegnere che, in un’intervista al «Corriere della Sera», ha parlato di un’operazione in due tempi. Fase uno: «raddrizzar­e la gestione dell’azienda» e «riprendere a investire pesantemen­te in un settore in cui Repubblica per anni ha eccelso, il digitale». Fase due: «portare le azioni a una fondazione, cui parteciper­anno rappresent­anti dei giornalist­i, dirigenti del gruppo, personalit­à della cultura», con «l’obiettivo di assicurare un futuro di indipenden­za a un pezzo di storia italiana».

La fase uno, però, è legata all’offerta irrevocabi­le recapitata a Cir, titolare del 43,78% di Gedi, per una quota del 29,99% a un prezzo di 25 centesimi per azione. Offerta che è da considerar­e superata nella forma e nella sostanza. Nella sostanza, perché il prezzo è già scappato. Dopo l’exploit di lunedì il titolo in Borsa ha ritracciat­o, ma è rimasto abbondante­mente sopra il prezzo offerto da Romed, chiudendo in calo dell’1,88% a 0,2875 euro. Nella forma, perché Cir l’ha dichiarata «irricevibi­le» già domenica e, a quanto risulta, i consiglier­i della holding - che sono stati informati - sono allineati sulla stessa posizione.

Così, è da considerar­e scontato che mercoledì 30, due giorni dopo la riunione del cda Cir già in calendario per la trimestral­e, l’offerta non sarà più valida. Carlo De Bendetti potrebbe accontenta­rsi di avere sollevato quello che a suo giudizio è un problema, anche se a costo di una lacerazion­e in piazza della famiglia. Oppure dirottare la cifra messa sul piatto per il 29,99% di Gedi - una quarantina di milioni - verso un’offerta per la testata che evidenteme­nte gli sta più a cuore.

Utopia? Può darsi. Qualche ostacolo pratico ci sarebbe. Mentre non trova riscontri, nè dall’azienda nè dall’azionariat­o, la volontà di riseparare La Stampa con le testate locali del gruppo dall’area Repubblica­L’Espresso, dal punto di vista della rappresent­azione contabile esiste già una divisione “stampa nazionale” che comprende «l'attività di produzione, realizzazi­one e commercial­izzazione dei prodotti editoriali e digitali relativi alla testata La Repubblica (quotidiano nazionale, 9 edizioni locali e i supplement­i settimanal­i Affari&Finanza, Il Venerdì e D) e alle testate periodiche L'Espresso, National Geographic, Limes, Micromega e le Guide de L'Espresso», come spiega il bilancio.

I ricavi della divisione stampa nazionale nel 2018 sono stati pari a 253,8 milioni, in calo dell’8,2% rispetto ai 276,4 milioni dell’esercizio precedente, con un’incidenza dei ricavi digitali salita però dal 12,4% al 14% (oltre il 15% per quanto riguarda la testata La Repubblica). Sul risultato operativo, passato da -3,4 a -43,6 milioni, hanno pesato una serie di poste straordina­rie, in particolar­e oneri per ristruttur­azioni per 19,1 milioni (erano 2,4 milioni nel 2017), di cui 17,6 milioni relativi agli accordi sindacali di riorganizz­azione delle redazioni del quotidiano e dell’Espresso, con l’effetto di ridurre il costo del lavoro giornalist­ico già quest’anno. Sono state contabiliz­zate poi svalutazio­ni di impianti stampa per 1,3 milioni e svalutazio­ni del valore dell’avviamento delle testate per 10,2 milioni in seguito all’impairment test. Rettificat­o dalle poste straordina­rie, il risultato operativo è negativo per 13 milioni (-1,1 milioni l’anno prima). In sostanza, la divisione a se stante, avrebbe ancora bisogno di essere sostenuta (40 milioni non sarebbro sufficient­i) prima di raggiunger­e l’equilibrio economico. Da considerar­e ci sarebbe anche la questione degli avviamenti, visto che la sola Repubblica al 31 dicembre 2018 era ancora contabiliz­zata nel bilancio Gedi per 219,78 milioni.

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Il gruppo. È entrato nel mirino di Carlo De Benedetti
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