Gedi, nel piano di De Benedetti lo scorporo di Repubblica
L’obiettivo è garantire il futuro del quotidiano fondato da Scalfari Il titolo in Borsa ritraccia ma rimane sopra il prezzo proposto da Romed
È un piano che riecheggia quanto avvenuto al Guardian quello che Carlo De Benedetti ha in mente per Repubblica: prima lo scorporo, poi la fondazione
Carlo De Benedetti considera plausibile l’ipotesi di un’offerta per la testata Repubblica per trasferirla sotto una fondazione “modello Guardian”, un modello in cui con le donazioni si sostiene la libera informazione in un momento in cui è strutturalmente difficile far quadrare i conti, svincolandola dalle costrizioni economiche. Gli indizi li ha forniti lo stesso ingegnere che, in un’intervista al «Corriere della Sera», ha parlato di un’operazione in due tempi. Fase uno: «raddrizzare la gestione dell’azienda» e «riprendere a investire pesantemente in un settore in cui Repubblica per anni ha eccelso, il digitale». Fase due: «portare le azioni a una fondazione, cui parteciperanno rappresentanti dei giornalisti, dirigenti del gruppo, personalità della cultura», con «l’obiettivo di assicurare un futuro di indipendenza a un pezzo di storia italiana».
La fase uno, però, è legata all’offerta irrevocabile recapitata a Cir, titolare del 43,78% di Gedi, per una quota del 29,99% a un prezzo di 25 centesimi per azione. Offerta che è da considerare superata nella forma e nella sostanza. Nella sostanza, perché il prezzo è già scappato. Dopo l’exploit di lunedì il titolo in Borsa ha ritracciato, ma è rimasto abbondantemente sopra il prezzo offerto da Romed, chiudendo in calo dell’1,88% a 0,2875 euro. Nella forma, perché Cir l’ha dichiarata «irricevibile» già domenica e, a quanto risulta, i consiglieri della holding - che sono stati informati - sono allineati sulla stessa posizione.
Così, è da considerare scontato che mercoledì 30, due giorni dopo la riunione del cda Cir già in calendario per la trimestrale, l’offerta non sarà più valida. Carlo De Bendetti potrebbe accontentarsi di avere sollevato quello che a suo giudizio è un problema, anche se a costo di una lacerazione in piazza della famiglia. Oppure dirottare la cifra messa sul piatto per il 29,99% di Gedi - una quarantina di milioni - verso un’offerta per la testata che evidentemente gli sta più a cuore.
Utopia? Può darsi. Qualche ostacolo pratico ci sarebbe. Mentre non trova riscontri, nè dall’azienda nè dall’azionariato, la volontà di riseparare La Stampa con le testate locali del gruppo dall’area RepubblicaL’Espresso, dal punto di vista della rappresentazione contabile esiste già una divisione “stampa nazionale” che comprende «l'attività di produzione, realizzazione e commercializzazione dei prodotti editoriali e digitali relativi alla testata La Repubblica (quotidiano nazionale, 9 edizioni locali e i supplementi settimanali Affari&Finanza, Il Venerdì e D) e alle testate periodiche L'Espresso, National Geographic, Limes, Micromega e le Guide de L'Espresso», come spiega il bilancio.
I ricavi della divisione stampa nazionale nel 2018 sono stati pari a 253,8 milioni, in calo dell’8,2% rispetto ai 276,4 milioni dell’esercizio precedente, con un’incidenza dei ricavi digitali salita però dal 12,4% al 14% (oltre il 15% per quanto riguarda la testata La Repubblica). Sul risultato operativo, passato da -3,4 a -43,6 milioni, hanno pesato una serie di poste straordinarie, in particolare oneri per ristrutturazioni per 19,1 milioni (erano 2,4 milioni nel 2017), di cui 17,6 milioni relativi agli accordi sindacali di riorganizzazione delle redazioni del quotidiano e dell’Espresso, con l’effetto di ridurre il costo del lavoro giornalistico già quest’anno. Sono state contabilizzate poi svalutazioni di impianti stampa per 1,3 milioni e svalutazioni del valore dell’avviamento delle testate per 10,2 milioni in seguito all’impairment test. Rettificato dalle poste straordinarie, il risultato operativo è negativo per 13 milioni (-1,1 milioni l’anno prima). In sostanza, la divisione a se stante, avrebbe ancora bisogno di essere sostenuta (40 milioni non sarebbro sufficienti) prima di raggiungere l’equilibrio economico. Da considerare ci sarebbe anche la questione degli avviamenti, visto che la sola Repubblica al 31 dicembre 2018 era ancora contabilizzata nel bilancio Gedi per 219,78 milioni.