Renzi-Salvini, duello in tv su migranti e quota 100
A Porta a Porta lo scontro tra i due «Matteo» va in scena senza colpi bassi Confronto su sbarchi e sicurezza, fino ai 49 milioni Grande assente il governo
Da una parte il Matteo del Papeete beach che ha interesse a tornare in campo e a tornare sotto i riflettori, dopo il fallito tentativo estivo di ottenere le urne anticipate. Forte del consenso di oltre il 33% di cui ancora gode secondo i sondaggi, il Matteo numero uno incassa senza scomporsi i colpi dell’avversario e ritorna spesso - soprattutto quando è in difficoltà - sui suoi cavalli di battaglia: il calo degli sbarchi, la lotta all’immigrazione clandestina, la sicurezza. Dall’altra il Matteo della Leopolda, che proprio in questo week end terrà a battesimo la sua nuova creatura Italia Viva, che ha tutto l’interesse a presentarsi come l’anti-Salvini, come l’europeista moderato contro il sovranista dalle venature autoritarie. Grande assente dal match televisivo nel salotto bianco di Bruno Vespa l’attuale governo e il suo presidente del Consiglio. Giuseppe Conte, non a caso ieri molto attivo e ciarliero da Tirana dove era in visita prima di riunire il Cdm in tarda serata per il varo del Documento programmatico di bilancio, non è stato praticamente mai nominato né da Salvini né da Renzi ed è stato tirato in ballo solo verso la fine sul caso dei servizi segreti per le domande dei giornalisti in studio (il direttore della Stampa Maurizio Molinari e quello del Quotidiano nazionale Michele Brambilla). Su tutto un fair play inaspettato: affondi sì, ma nessun colpo basso. D’altra parte gli elettorati dei due Matteo non si toccano e quasi non si parlano: per entrambi il nemico è altrove, M5s e appunto l’attuale premier. Un ostacolo, Conte in versione moderata ed europeista, soprattutto per Renzi.
«È da 27 anni che lei fa politica e non ha portato a casa nulla - incalza più di una volta Renzi usando un poco credibile “lei” -. Salvini è solo uno spot. La sua è una politica degli spot». Serafico l’altro Matteo: «Renzi è un genio incompreso: ha fatto tutto bene quando era al governo ma gli italiani non se ne sono accorti. Io sono al 33%, lui sta al 4. O gli italiani sono tutti scemi o c’è qualcosa che non va». Qualche affondo da parte di Renzi solo sui fondi russi («perché Salvini non querela Savoini?») e sugli ormai celebri 49 milioni della Lega, per il resto solo molte punzecchiature in uno scontro un po’ surreale, da clima preelettorale malgrado le urne non siano affatto all’orizzonte. D’accordo nel denunciare l’inerzia dell’Europa sull’attacco della Turchia contro i curdi e nel ribadire il no all’abbassamento del limite dell’uso del contante previsto in manovra (i due Matteo parlano entrambi al mondo dei commercianti e delle partite Iva), Salvini e Renzi finiscono per scontrarsi soprattutto sulla questione dei migranti (con l’ex premier che rivendica la politica dell’accoglienza e l’ex titolare del Viminale la sua politica dei porti chiusi) e su quota 100. Una misura difesa con orgoglio da Salvini: «Quando uno non ce la fa, quando un infermiere non ce la fa a portare in giro un paziente e un camionista a guidare, merita di riposare e di dedicare il suo tempo alla famiglia e ai nipotini. C’è tanta gente che non ce la fa, quota 100 è una misura epocale». E Renzi di contro cita la storia di suo zio, vigile fiorentino, in attesa di andare in pensione con le nuove norme: «Credo che lui possa andarci un anno dopo. Quota 100 è un furto ai danni dei nostri giovani. Per mandare a casa un anno, un anno e mezzo prima 120mila persone spendiamo 20 miliardi in tre anni che potrebbero andare nelle buste paga dei lavoratori, alle famiglie, alle scuole. È troppo facile andare in tv ad attaccare la legge Fornero. La verità è che la legge Fornero ha salvato i nostri conti pubblici».
Renzi ha avuto il suo palco in vista della Leopolda. E Salvini il suo, di palco, in vista della manifestazione unitaria del centrodestra di sabato a Roma. All’ex premier, a cui i suoi dicono sicuri “hai stravinto”, tanto basta: «Attenti che io sono stato bravo sui singoli dossier, ma Salvini è stato bravo a parlare al suo elettorato, non parlerei di stravittoria». Fair play fino alla fine, nella consapevolezza che i voti si prendono altrove.